IMPOESIA DELL’ARCHITETTURA ROMANA
Tanto tempo fa Franco Purini mi aveva sollecitato ad abbandonare la barcaccia di Archiwatch per provare ad affondare in un blog tutto mio. «Lì dentro ci si regola di pancia e non di testa»! Disse, più o meno, così. Come dargli torto? Però per AW vale il proverbio del saggio internauta: «Blog de panza, blog de sostanza». E soprattutto: vuoi mettere lo spasso di trovare qualcuno che, come me, ha voglia, nell’età del rimbambimento senile, di metterci lo stesso sugo a fare un giornalino neanche si fosse ancora alle medie inferiori. E’ raro che capiti di divertirsi così due volte nella stessa vita. E invece eccoci qui e non perdiamoci questa occasione.
Allora: il blogghetto autarchico, da obbediente puriniano, lo faccio davvero, però, da eretico puriniano (ovvero da puriniano purinianissimo), lo faccio proprio nel blog di Muratore: «Olè! Doppio inciucio accademico! Tanto l’epoca è questa»! Il programma sarà: “parlare di quello che mi piace e come mi piace” evitando toni alla «mo’ parto de capoccia!»che proverò a lasciar fuori da questa stanza (sarà, forse, la parte più faticosa).
Iniziamo con un Ildo Avetta, non più “organico” zeviano come all’Istituto Mendel di Piazza Galeno del 1953, che potete trovate disperso anche su AW
https://archiwatch.it/2010/11/23/ilcapolavorodiildo/“ , ma un torinese Ildo Avetta “organico” romano Scuola Valle Giulia. Lo stesso Avetta che un mesetto fa abbiamo visto tra questi pixel costruire in legno la Madonna delle Vette di Alba di Canazei
https://archiwatch.it/2013/03/22/dare/“, lo vediamo alzare a Roma la chiesa di S. Giuseppe in calcestruzzo e tufo.
Una chiesa ad aula coperta con una volta ribassata di 18 metri di luce intersecata da volte a botte di metri 6 in modo che unghie di crociere concentrino i carichi sui nodi dei pilastri e, a cascata, si definisca “necessariamente” un’ «ossatura murale» lasciata a vista. Un edificio apparentemente “gotico” ma profondamente “romano” nella riduzione dell’Architettura alla Descrizione della sua costruzione.
Questa lettura Tecnica è un tipico aspetto da “Spirito da Principianti” dell’architettura romana, ciò che costituisce il suo destino di impoesia e che, forse, è la sua più vera e profonda anima: l’organicità come tema (con un paio di svolgimenti diversi) e l’impoesia come spirito comune.
Un dato di “scuola” così duro da digerire da essere rifiutato psicologicamente dagli architetti romani contemporanei. Alcuni si rifugiano nella pittura per non ammettere a se stessi che non c’è strada a Roma per un’idea “lirica” di architettura, a volte illudendosi, per una vita intera, di poterla un giorno costruire. In pochi hanno il coraggio di assumersi la responsabilità di tanta impoesia edilizia, di farsi carico di tale potente aridità (pesante eredità). I più ipocriti la camuffano con orpelli critico letterari.
Spero non sia stato il caso di questa blogcritic, applicata a una didascalica, e per questo buona come il pane, chiesa di Ildo Avetta. Forse stavolta vi (ci) è andata bene.
Cari amici, un abbraccio,
Giancarlo Galassi :G
Ps.: un grazie a Vittorio Corvi per la sua foto dell’interno di S.Giuseppe, spalle all’altare, pubblicata anche in S. Mavilio, Guida all’architettura sacra – Roma 1945-2005, Electa, Milano 2006, p. 230
E bravo Giancarlo!
baci
c
Che bella prosa. Contenuti veri ! Quando scrive Galassi mi sento meglio.
Ché l’argentino -di origini emiliano-piemontesi- osservando certe nuove esagerazioni compositive, forse avrebbe citato quel siciliano “Ci vole ‘u vento in chiesa, ma no astutàri i cannila”!
Bravo Giancarlo.
(no Gianca’, le foto non sono le mie, sono di un certo Quintavalle, se non ricordo male… le mie erano migliori…)
Bella chiesa comunque…. “rustica”
ciao caro
Grazie! Abito a Roma da 2008. Da 2009 frequento questa stupenda chiesa che sia veramente buona come pane! Sono molto contenta di scoprire la sua storia e la storia del suo architetto!