Amiche e amici carissimi,
sembra che il coronavirus si sia portato via anche Vittorio Gregotti nei cui confronti ho un grande debito di riconoscenza perchè quando, nel 1958, decisi di iscrivermi alla Facoltà di Architettura fu proprio lui, che all’epoca aveva lo studio a Novara insieme a Lodovico Meneghetti e Giotto Stoppino, ad accogliermi per fare la mia prima esperienza di training. Ricordo ancora che per mettermi alla prova, prima di darmi qualcosa da fare, mi chiese di studiare un bel numero di disegni esecutivi del progetto della villa di Stradella, che era da poco stata ultimata e erano in attesa di essere archiviati. In aggiunta mi consegnò un manuale di Storia dell’architettura da leggere. Quando dopo una settimana gli dissi che avevo studiato i disegni mi fece un rapido esame per verificare se avevo capito in che rapporto ciascuno stava con gli altri e mi affidò all’unico geometra delle studio dicendomi che dovevo aiutarlo a eseguire i disegni del concorso per il nuovo teatro di Alessandria che doveva essere consegnato qualche giorno prima di Natale. Come potete immaginare sono stato profondamente segnato da quella prima esperienza di concorso che mi costrinse per un paio di mesi a lavorare molto intensamente di giorno e di notte. Come compenso ricevetti il bel libro di Philip Johnson, Mies Van Der Rohe pubblicato dal MOMA accompagnato dagli auguri eseguiti con colorati pennarelli da Meneghetti. Dopo quella prima esperienza rimasi in contatto quasi permanente con Vittorio avendo la possibilità di fare importanti esperienze di progettazione come i concorsi delle università di Firenze e della Calabria e di collaborare ai numeri monografici di Edilizia Moderna.
Lo scorso anno in occasione del ciclo di incontri che ho organizzato per discutere delle nuove architetture di Milano, la maggior parte dei colleghi, nel presentare le loro opere, hanno citato la propria esperienza nello studio di Vittorio come grande mente formativa. Per informarlo di questa plurima importante testimonianza gli ho scritto la lettera che gli ha fatto molto piacere. Il ritratto in alto l’ho fatto dopo la sua ultima lezione e allo IUAV alla quale molti dei colleghi che avevano collaborato con lui nei decenni si presentarono a sua insaputa per fargli un omaggio che lo commosse molto.
Vi saluto,
Emilio Battisti