ARREDARE SOPRA PENSIERO n.01: «Perché» …

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 E’ da tanto tempo che ci ripromettiamo di mettere per scritto le  cose che reputiamo fondamentali per capire e riprogettare un interno. Abbiamo sempre rimandato perché quando si affrontano i problemi compositivi dell’arredamento non c’è chi non creda di avere abbastanza titoli per risolverli, e se non di arrivare alla lode, è sicuro di meritarsi il massimo dei voti. Se parlassimo di tecnologia dovremmo confrontarci solo con qualche specialista,  in fatto di arredamento invece potremmo  estenuarci all’infinito nel confronto con le più disparate e in-discutibili opinioni dell’universo mondo.

Non c’è chi si sente di sbagliare perché è da una vita che ognuno di noi abita in una casa. Con gli anni siamo diventati via via espertissimi di culle, lettini, letti a una piazza e lettoni matrimoniali; di cuscini, seggioloni, sedie e divani; di ceste per giocattoli, cassettoni, armadi e cabine armadio. E’ per questo che con un colpo d’occhio giudichiamo un mobile non solo se, senza saper bene perché, ci piace, ma anche se è funzionale e pratico per i nostri usi.

Ci muoviamo tra la cucina, il soggiorno e le camere di casa  assegnate gerarchicamente ai membri della nostra famiglia su percorsi talmente collaudati che il parquet o i tappeti sono consumati dai passi come sentieri nell’erba.

Viene da chiedersi: come essere utili tra tanti… tra i Tutti esperti? C’è qualcosa che possiamo imparare riguardando con più attenzione l’arredare e cosa c’è da dire ancora sull’argomento? Quale punto di vista inusitato può chiarire maggiormente come l’uomo organizza lo spazio necessario per la propria residenza o è sufficiente il suo istinto e ogni volta è un caso a sé da risolvere di pancia?

Certo che se il compito dell’architetto si riduce a consulente di “stile”, per lui ci sarà forse tanto lavoro ma la sua fatica sarà tutta nel convincere i clienti di saperne più di loro, un po’ come faceva Adolf Loos che, pur restando uno dei nostri autori preferiti, è buffo quando dapprima si spaccia quale grande saggio predicando la libertà di ognuno nell’esercitare il proprio cattivo gusto in casa propria e poi immediatamente, nello stesso giro di frase, si rende disponibile a dispensare pareri sul come coniugare a Vienna l’arredamento all’inglese.

                   «Osservazioni elementari sull’arredare», «La costruzione logica dell’architettura degli interni»… sarebbero stati bei titoletti per la rubrica se «elementarità» e «logica» in architettura non si fossero lise a forza di nascondere superficialità e carenze disciplinari.

                  Il metodo sarà albertianamente sempre lo stesso: come si costruisce una città così si costruisce anche una casa. Se Giancarlo Cataldi, Alessandro Giannini, Paolo Maretto, Renato e Sergio Bollati si sono occupati di territori, città e architetture dal centomila fino al cento, aprendo spesso parentesi su scale più grandi e più piccole, noi proveremo a partire dall’1 a 50 per zoomare i ragionamenti, se servirà, alzando gli occhi sul panorama o mettendo a fuoco il microscopio.

                  Riprendiamo qui una frase dedicata qualche anno fa a Gianfranco Caniggia a incipit di uno dei libri in alto e messi lì non per pubblicità, sono fuori catalogo, ma per mostrare quale discorso, lasciato aperto, c’è da portare a compimento nella scuola romana:  «senza il suo pensiero non sarebbe stata tracciata quella strada che ora noi cerchiamo di ripercorrere consci delle molte difficoltà che avremo lungo il cammino».

 

Adelaide Regazzoni Caniggia & Gian Carlo :Galassi

Disclaimer: fatevi pure sotto con consigli, osservazioni e tifo sfegatato ma gli insulti, per cortesia, mandatemeli via mail [duepuntig@gmail.com]: giurin giuretta che, dopo averli un filtrati, li discuterò con la professoressa. :G

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Grazie ad Adelaide per la collaborazione …

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9 risposte a ARREDARE SOPRA PENSIERO n.01: «Perché» …

  1. aldofree ha detto:

    Richiesta d’aiuto ai forumisti
    cortesemente, dove è possibile trovare in rete dei disegni quotati di un’opera di Luigi Moretti o Aldo Rossi? Sapevo di un archivio on line delle opere di Moretti, ma disegni nisba.
    Grazie

  2. aldofree ha detto:

    Gregor, intanto grazie (la casa del girasole andrebbe benissimo), servirebbero alla figlia di un collega arch. per l’esame di geometria descrittiva, se riesci a farmi avere qualcosa, il mio ind. mail è il seguente:
    aldofree.fabri@gmail.com
    grazie

  3. Andrea Di Martino ha detto:

    Non conosco nè il contenuto di questi libri, nè l’opera progettuale dei loro autori, ma il contenuto dell’articolo mi riporta alla mente il ruolo (non sempre chiarificatore) che hanno avuto gli architetti in un ambito (quello dell’architettura di interni), che, a torto o a ragione, non ha mai dato vita a “scuole” e/o “tendenze”. Piuttosto, in particolari circostanze, si direbbe che il ruolo stesso dell’architetto abbia finito col generare un’incentivo al “fai da te”. Valga un esempio per tutti:
    “(…) finalmente mi sono adeguato a quanto afferma Bertrand Russel nel suo famoso aforisma che dice appunto che, da quando è stata inventata la stampa, le università sono diventate inutili. (…)
    Da noi per esempio la cattedra di Arredamento era tenuta da una versione ante litteram di una “star” di oggi (cioè un tipo tutto estro e autocompiacimento), l’architetto Gio Ponti, il quale ogni volta che entrava in aula, gesso alla mano, ci faceva vedere come un grande architetto “compone” ad esempio una parete: un vaso su una mensola in basso a sinistra, un buco nel muro per metterci i libri in alto a destra, in mezzo ma non proprio al centro un comò con una piccola statua, e così via (non potrò mai dimenticare quelle lezioni, né mai superare l’avversione che mi è venuta di lì per la progettazione degli interni come mestiere)”. Giorgio Grassi: “Una vita da architetto”
    Non vorrei apparire prolisso, ma ora mi viene in mente che anche la citazione “una casa con tre divani (zona conversazione e zona TV, n.d.r.), più che una casa, mi fa pensare ad un negozio di divani” (citazione di cui non oso riportare la fonte), è indicativa di un approccio che, prescindendo da tutta una serie di dati quantitativi (quelli inerenti la superficie utile da arredare), ben difficilmente potrà configurarsi come un approccio di natura scientifica, quantunque, per dovere di cronaca, bisogna anche riconoscere che l’architettura (e quindi l’arredamento, qualora lo si ritenga complementare), potrebbe anche non appartenere alla categoria delle scienze esatte (qui mi viene in mente il mio ex docente di composizione 1 (ho detto di composizione 1), che amava ripetere proprio tale concetto: “l’architettura non è una scienza esatta”; per inciso, oggi come allora, mi domando se, l’essermi formato alla facoltà di ingegneria (piuttosto che a Valle Giulia), costituisca davvero un vantaggio come alcuni hanno voluto farmi credere: certo è che se fosse meno peggio, io già m’accontenterei). Questo per dire che anche in quell’ambito di competenze trattato dal post, l’acquisizione di certezze è un processo tuttaltro che lineare (nel senso che non è sempre vero che, più si cresce, più si acquistano certezze). Insomma, il problema esiste, al di là di certe mie vicende personali, ma anche (e soprattutto) al di là dei vari “casa romantica”, “bagno felice” e qualsiasi altra forma di sconfinamento nel grottesco. Qualora fosse possibile una “teoria dell’arredo”, sarebbe interessante capire quali siano le sue relazioni con una possibile “teoria dell’architettura”. Del resto, arrivare per vie diverse ad uno stesso risultato, ci confermerebbe l’oggettività del risultato stesso (il che non è poco). Mi fermo qui, in attesa di ulteriori sviluppi, quale quelli che possono scaturire da successivi articoli incentrati sul contenuto dei 4 libri che vedo qui sopra (il che sarebbe pure auspicabile, visto che si tratta di libri fuori catalogo, quindi immagino che siano davvero poche le persone in grado di fornirmi qualche delucidazione sul contenuto degli stessi)…

    • sergio 43 ha detto:

      Dell’esame di “Arredamento e architettura d’interni” 1 e 2 che cosa ricordo? Mi sembra che il docente fosse Chiarini che ritenevo un po’ sprecato. L’avrei preferito come Professore di Composizione. Dall’esterno che cosa mi attraeva? Molto Joe Colombo e, vado a lume di naso, le tavole disegnate di Moebius con arredamenti spaziali determinati dal massimo sfruttamento dello spazio. Che cosa ricordo di qualche lavoro di allora? Un intervento in zona giorno-pranzo-cucina integrato come una navicella spaziale, la passione per arrotondare gli spigoli a quarto di cerchio, come erano i mobili dei miei genitori secondo lo stile “modernariato”, che offriva anch’esso, nostro personale “Deco’”, la possibilita’ di spazi unitari. L’esperienza piu’ straniera fu il progetto della camera studio di un amico, studente di ingegneria, che voleva una cosa artistica. Avevo letto della tomba di Tutankhamon e di come la Stanza del Sarcofago fosse costituita da diverse casse una dentro l’altra. Usando solo lastre di polistirolo, costruimmo dentro la stanza un iceberg scavato al cui centro c’era la brandina mentre da li’ partiva un percorso labirintico in cui, scavando con l’attrezzo incandescente, ricavammo, secondo il metodo Gio’ Ponti, ben spiegato da Di Martino, nicchie e ripiani. Quando il papa’, austero dirigente statale proprietario di quel dignitoso appartamento in Prati, venne a vedere il lavoro finito non disse letteralmente una parola ma, posto di fronte alla soddisfazione di due ragazzini, comprese che il mondo intorno stava letteralmente cambiando. Poi mi sposai, arredai casa con mobili puri e bianchi, piu’ utili che belli. Lo sfizio ce lo toglievamo con una poltrona di Saarinen, la lampada “Arco” di Castiglioni. Le Corbusier o Marcel Breuer non ce li potemmo permettere. Poi siamo cresciuti, il tempo ci ha cambiati, abbiamo ereditato qualche buon mobile di vari stili, le forme si sono ammorbidite e mia figlia mi rimprovera disgustata che ho perso il coraggio che lei dimostra nei suoi interventi e in cui, non glielo dico, ma riconosco il ragazzo che ero. Solo che, come dice la Marguerite, il Tempo e’ un grande scultore e anche lei, beata gioventu’, se ne accorgera’.

    • arredaresoprapensiero ha detto:

      Caro Di Martino,
      quella bibliografia, pure se il metodo che praticheremo sarà lo stesso che in quei luoghi è stato altrimenti sviluppato, non affronta direttamente il tema che discuteremo qui su AW, altrimenti per noi sarebbe tutto alquanto noioso.

      Quei testi sono un saper pensare l’architettura applicato 1) alla storia dei sedili, 2) a quella degli armadi e 3) alla storia degli interni specialistici, cioè le residenze nobiliari. Il quarto libro chiude il cerchio riprendendo, con sintetiche intenzioni divulgative, i temi degli altri rinnovando l’apparato illustrativo.
      Quello che da quei libri è restato fuori è l’arredo della casa in linea, della residenza contemporaneo dove la maggioranza di noi abita.
      Sull’interesse e quindi sulla possibilità di stabilire un metodo, che del resto ha dato risultati interessanti in urbanistica, in composizione architettonica e nel restauro, anche nel caso dell’arredamento dell’appartamento, giudicherai con il tempo via via che ordineremo gli argomenti. Anzi, giudicheremo insieme volta per volta anche delle nostre capacità di essere chiari tra i tantissimi “discutibili” ostacoli.

      Ci sarà pure un motivo se abbiamo sempre rimandato un simile spinoso impegno! Figurati affrontarlo oggi in pubblico su un blog!

      Però abbiamo la speranza che se una teoria è stata già rintracciata per i singoli arredi d’epoca e per l’architettura degli interni dei palazzi storici, dovrà essere applicabile anche alle nostre case.

      Questo è il tema. Un inferno.
      Chissà se, preso per il verso giusto, riusciremo ad attraversarlo. Lo abbiamo già fatto in tanti anni di insegnamento e nella partica professionale.

      Grassi, oggettivamente, forse aveva torto a scansare a priori l’arredamento: sicuramente ricercare una logica per arredare non era nelle corde di Ponti. Ma se intelligenza può esserci in architettura perché non verificarne la possibilità negli interni?
      Non è possibile essere logici fino a una certa scala per poi arrendersi al famigerato “buon gusto” perché forse l’impegno economico è minore e si può fare come ci pare. Qualcosa ci dovrà essere di ragionevole per fare bene anche dentro casa.

      Di sicuro, e te lo anticipo, della statuina sul comò ci interesserà poco. Ci fermeremo al “dove” mettere un mobile da appoggio se di un mobile del genere, per un tale uso, ce n’è ancora bisogno.

      Grazie e a presto,
      ARC e :G

  4. Pietro Pagliardini ha detto:

    Nessun consiglio, nessuna osservazione, nessun insulto, ma attesa, visto che è stata manifestata la chiara intenzione di zoomare
    Saluti
    PP

  5. Marco ha detto:

    Ecco qualcosa che non viene mai detto: bisogna studiare e tenersi informati! Noi piccoli artigiani produciamo prodotti di qualità ma non basta, ci vogliono idee innovative unite a conoscenza della tradizione!

    • memmo54 ha detto:

      Cominciamo dalla conoscenza della tradizione !
      Per le idee innovative non c’è fretta…ne sono state proposte talmente tante che solo per contarle e metterle in fila ci vorrà tanto tempo.
      Saluto

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