Venezia … un Calatrava … clandestino …

clandestino

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37 Responses to Venezia … un Calatrava … clandestino …

  1. luca ha detto:

    La questione del ponte veneziano di Calatrava, che oramai da anni ci perseguita, è lo specchio di una realtà tutta italiana fatta di burocrazia esasperata, di norme e leggi interpretabili e da interpretare e assessori che si susseguono trasformando quello che dovrebbe essere un normale iter procedurale in una telenovela.
    Calatrava, persona discreta e intelligente quale è (vale la pena di ricordare che nel frattempo Calatrava ha progettato e completato torri, città olimpiche e diversi altri ponti), ha preso giustamente le distanze da tutto quello che è successo dicendo semplicemente che aveva perso il controllo della situazione procedurale e non capiva più cosa voleva e cosa stesse facendo l’amministrazione, in particolare si è soffermato sulla questione delle barriere architettoniche puntualizzando che fin dall’inizio i disegni da lui presentati non prevedevano la realizzazione di una attrezzatura annessa al ponte per il superamento delle barriere anche perchè nessuno l’aveva richiesta ne prima ne dopo la presentazione dei disegni, mettendo giustamente in discussione una convinzione tutta italiana sull’obbligatorietà del rispetto di una normativa che nel resto del mondo, anche per opere pubbliche, si base sul principio dell’adattabilità.
    Rimane comunque il ponte che oggi esiste ed è una grande opera architettonica, Calatrava non ha deluso e ha dimostrato grande sensibilità nel realizzare un’opera discreta e allo stesso tempo spettacolare, Venezia non poteva avere di meglio.

  2. Salvatore Digennaro ha detto:

    Le cose che gli riescono meglio sono proprio i ponti, molto più di città olimpiche e torri ma, detto ciò, non sono convinto che sia stata la migliore scelta per Venezia.
    Per quanto riguarda le barriere architettoniche, credo che sia una buona convinzione tutta italiana ed il progettista, compreso i vips, deve fare i conti con questa normativa.

  3. memmo54 ha detto:

    Viste le foto dell’inaugurazione in notturna: l’illuminazione da tergo lo rende assai simile agli allestimenti per le manifestazioni canore degli anni 60-80.
    Gli scenografi di Canzonissima e di Sanremo saranno sicuramente soddifatti; così pure le soubrettes. di ora e di allora.
    Ebbene, questo è quanto è riuscito a produrre il sig. Calatrava; reputato anche in questi commenti “discreto ed intelligente” .
    Questo è quanto 15 secoli di storia hanno ispirato !
    Speriamo di non vederlo più dalle nostre parti .

    Saluto

    P.S. : io avvierei , senza indugio, le pratiche per chiedere i danni a lui ed ai suoi protettori.

  4. dade ha detto:

    @Salvatore

    in effetti non posso contraddirti, anzi è una norma estremamente democratica e di grande civiltà, che crede che uno spazio non possa prescindere dall’essere equamente fruito equamente da tutti! e sinceramente la frase con la quale l’architetto prende le distanze dal progetto è un pò infantile…
    ma allo stesso modo non posso che provare vergogna x la difficoltà che un ottimo architetto, come Calatrava, debba trovare nel mio paese per realizzare un progetto che altrove viene validato ed eseguito in tempi estremamente più brevi e risultati esecutivi e pubblicitari e di consenso pubblico sicuramente superiori!

  5. Pietro Pagliardini ha detto:

    Ha ragione dade: l’Italia da un pessimo spettacolo di sé al mondo perché negli altri paesi il progetto viene “validato ed eseguito in tempi estremamente brevi”.

    Per fare bella figura, infatti, sarebbe bastato non validarlo e non approvarlo e avremmo evitato la brutta figura dei tempi, dei costi e della mancanza di rispetto per la storia.
    Bilbao può avere bisogno di Gehry ma Venezia non ha bisogno d Calatrava. Come Firenze non necessita di Isozaki, come Roma non aveva bisogno di Meier.

    Ci hanno pensato altri per nostra fortuna a farle belle, e pare anche che al mondo intero piacciano così, queste città, se scoppiano di turisti provenienti da tutte le parti del mondo da ben prima che ci fossero il ponte o la teca. I turisti continueranno a venire per farsi fotografare sul Ponte di Rialto o in Piazza San Marco non sul ponte di Calatrava. Ve li immaginate voi i giapponesi in viaggio di nozze che tornano a casa e mostrano orgogliosi le foto di loro due abbracciati sulla passerella di vetro! Cosa penserebbero gli amici, che sono stati nella periferia di Tokio?

    Siamo smaniosi di firme? Chiamiamole per inceneritori, fabbriche, depositi, ponti sull’autostrada, forse qualche stadio fuori città se proprio necessario, ma teniamole alla larga dai gioielli di famiglia.

    Non è da buon padre di famiglia dissipare la ricchezza immensa, culturale ed economica, che abbiamo e i sindaci avrebbero il dovere di darsi da fare a conservarla con manutenzione, restauro e ristrutturazione (quella vera) senza preoccuparsi di incrementarla: i sindaci non sono generalmente bravi imprenditori e questa mi sembra la strada per far fallire l’azienda e per disperdere l’unico, vero patrimonio economico che abbiamo, oltre a quello umano.

    Tentare di lasciare “segni della contemporaneità” nei nostri centri storici, a prescindere dalle qualità dei singoli architetti, è, oltre che peccato di superbia, come dice Camillo Langone, cecità per non vedere che il nostro patrimonio storico, artistico e architettonico è, economicamente, il nostro petrolio.

    Sindaci, non date fuoco ai pozzi, solo Saddam l’ha fatto.
    Saluti
    Pietro

  6. isabella guarini ha detto:

    La costruzione della grandi opere hanno sempre prodotto discussioni, tempi lunghi, proteste e ripensamenti, nonché ritardi per la spesa che comportano, da prelevare dalle tasche dei cittadini. Alcune opere hanno persino prodotto rivolte di popolo e la morte di chi le aveva autorizzate, come fu per Benno de’ Gozzadini che, eletto podestà a Milano, avviò nel1257 la costruzione del Naviglio grande, ma per finirlo tassava sempre di più i milanesi che stanchi lo seppellirono anzi tempo nel Naviglio stesso. E che dire della costruzione della Cupola di San Pietro che produsse addirittura uno scisma nella Chiesa Cattolica da cui non si è più ripresa? E della Sagrada Familia di Gaudi che non finisce mai proprio in quella Barcellona, oggi in voga per la sua celerità nel costruire. Dunque, non c’è da meravigliarsi se un’opera così delicata per il contesto, come un ponte di vetro sul Canal Grande in Venezia, per costi quadruplicati rispetto al preventivo iniziale, abbia incontrato difficoltà nonostante l’etichetta del progettista. Per dare un giudizio sull’opera dobbiamo attendere e vedere come invecchia.

  7. Cristiano Cossu ha detto:

    L’insegnamento di Barcellona, tanto per dirne una, non è quello auspicato da Pietro: cioè tenere fuori dal tessuto storico le architetture del nostro tempo. E non certo da oggi, ma dai tempi del modernismo (catalano).
    L’idea della grande loggia proposta da Isozaki è stupenda e perfettamente adatta a Firenze. Il problema è semmai che Isozaki non la sa “suonare”, ha trovato il tema ma non sa comporre, non sa variare, non sa o non vuole sviluppare il tema figurativo che ha trovato. E ne vien fuori un aggeggio sgraziato. Per correttezza, comunque, dobbiamo sempre ricordare che ci stiamo da anni riferendo ad alcune immagini del progetto originale, sempre le stesse; suppongo che Isozaki abbia prodotto qualcos’altro e, magari, sia riuscito a capire meglio il bel tema che gli è venuto in mente…
    Ponte di Calatrava. Come disegno è elegante e raffinato, non sfigura affatto nella città di Venezia. Se, come dice Isabella, invecchierà bene, credo che i nostri nipotini lo fotograferanno come facciamo noi oggi con Rialto.
    Su Meier si è detto troppo.
    In sintesi, dunque, spero che nei nostri centri storici quando è necessario si costruiscano architetture: che saranno per forza di cose compositive e costruttive “contemporanee”, ma così come sono contemporaneo io quando mi alzo la mattina e mi metto un pantalone e una camicia diversi da quelli di Leonardo o di Leopardi. Niente di più, niente di meno, con una certa nobile “sprezzatura” e indifferenza per coloro che si affannano con la questione. La storia ce lo insegna, basta saper ascoltare e vedere.
    saluti
    cristiano

  8. memmo54 ha detto:

    L’opera è già nata vecchia !
    Così come immancabilmente è successo a tutto quanto visto fin qui ,dalla metà degli anni 30 in poi anche se fatto da “maestri ” ben più saldamente sostenuti ed incensati.
    Susciterà, in breve, imbarazzo e fastidio come i vestiti fuori moda ( a qualcuno già d’ora, a qualcun’altro gia da un pezzo.. ) e , una volta dileguati i prezzolati, gli opportunisti , resteranno a difenderlo “i giapponesi della giungla” : rari architetti “portaborse intellettuali”; ascari a vario titolo del mondo della critica; schegge impazzite dei polverosi uffici delle soprintendenze che proveranno anche a “vincolarlo” ( ..cominciando delle fondamenta ? ).
    Fisicamente invecchierà come invecchiano tutte le cose : i cristalli si sbeccheranno, le lampade si fulmineranno, i parapetti ed il piancito saranno continuamente sporchi di gelato, polvere ecc ecc finendo per assomigliare ai tanti cavalcavia e passerelle dei centri commerciali delle nostre periferie.
    Tralasciamo pure quello che succederà d’inverno con il ghiaccio e con i quintali di sale che serviranno per impedire cause milionarie di risarcimento .
    Lo stesso sale che si depositerà sull’acciaio e ne farà strame.
    E non ci sarà manutenzione che tenga: bisognerebbe farla tutti i giorni !
    In somma che il ponte sia una sicura e consistente fonte di “grane” è chiaro anche ai suoi sostenitori.
    E tutto ciò perchè ? Per cacciare a forza una “cosa” ( ..chi dice ponte chi passerella.. ) assai discutibile di per se in un contesto indubbiamente sbagliato ?
    Un suicidio del buonsenso con gravi ripercussioni sul precario quadro politico.
    Qualcosa mi dice che il prestito della filosofia alla politica sta per scadere e che non sarà facile rinnovarlo !

    Saluto

  9. isabella guarini ha detto:

    Un bel post quello di Cristiano Cossu con cui espone pensieri familiari. Forse non è la definizione adatta alla critica architettonica, ma penso che con l’esempio del vestirsi, in quanto rappresentazione del presente, abbia centrato un concetto che cercherò di esprimere alla meglio. L’intervento nella città storica deve essere familiare nel senso che l’innovazione non deve rendere estraneo l contesto storico, ma almeno imparentarsi. Qui si possono stabilire vari livelli di parentela, come per gli abiti e i gioielli. Personalmente ho l’abitudine di portare sempre qualcosa di antico, o meglio che si appartenuto alla mia famiglia, quando mi vesto, qualcosa di prezioso o di poco conto, il bottone fine ottocento della nonna , l’orologio cronometro anni trenta di mio padre amante della motoguzzi, il laccio portaventaglio della bisnonna. Insomma sono tanti piccoli particolari che rendono familiare e riconoscibile un insieme. Un edificio antico scarnificato dai restauri emana estraneità, non tanto con il contesto fisico, quanto con il sentire dei fruitori. Certo, come dice Cristiano, il trema della loggia a Firenze è antico e accattivante, per cui realizzare una nuova loggia a diretto confronto con le altre famose è una sfida, un tema d’architettura degno di ricerca e tesi di laurea. Ma la globalizzazione preme e per rassicurare i turisti bisogna che ogni città d’arte italiana offra qualcosa ai principi dei paesi a cui l’offerta turistica è rivolta. Un mercato appunto globale!

  10. Pietro Pagliardini ha detto:

    Cristiano, su come sta invecchiando il ponte di Calatrava, leggi la Preghiera di Langone sul Foglio di ieri, probabilmente la trovi anche nel sito.
    Sul fatto che isozaki abbia trovato il tema ma non sappia suonare è come dre che non sa fare i progetti. Ha trovato il tema Loggia ma ha fatto un enorme gazebo di acciaio.
    Mica male! E’ come se io fischiettassi un’arietta a caso che magari è nuova e mi viene bene, ma non conosco la musica, non so scriverla, non conosco gli strumenti e pretendessi di essere un grande musicista!

    Quanto a Barcellona avrai certamente notato che non è Firenze. Si parla di Firenze, Roma, Venezia, cioè Rinascimento, Impero romano, Barocco, Papi, Serenissima. Questi nomi sono la storia dell’occidente e oltre e, per fortuna, hanno lasciato tracce corpose e sono la realtà in cui noi ci muoviamo.

    Perchè non vogliamo capire dove viviamo, la fortuna che abbiamo, direi più prosaicamente, il culo che ci ritroviamo a vivere in una terra al centro del Mediterraneo, con una natura splendida, un clima fantastico (se non ci fosse la TV a farci credere che ogni giorno c’è un disastro climatico) città meravigliose grazie al lavoro e all’ingegno dei nostri padri!
    Dopo, molto dopo c’è Barcellona, con tutto il rispetto.
    Tutto il mondo l’ha capito e noi no.
    Evidentemente non ci meritiamo tutto questo!

    Saluti
    Pietro

  11. Pietro Pagliardini ha detto:

    Scusa Cristiano, ma nella foga di contraddire le tue osservazioni ho dimenticato una cosa essenziale: non è neanche detto che Isozaki abbia intuito il tema perché quel vuoto andrebbe riempito, è una chiarissima anomalia non so da cosa determinata. Nella stessa relazione al progetto si accenna alla pre-esistenza di una strada che venne interrotta dal Vasari con gli Uffizi. Il che significa che se lì c’era una strada, lì c’era del costruito (giustamente).
    Io capisco che adesso ci sono affacci laterali che non possono probabilmente essere richiusi, ma quella casina a destra, lasciata sola è appunto una casupola soperchiata dal quel gigante di gazebo (voglio chiamarlo così, d’ora in poi), inserita in un fronte continuo riacquisterebbe la sua dignità. Come può essere giusto un progetto che letteralmente incombe sulla quella povera casa!
    Inoltre di logge ce n’è già una sul fronte opposto (le foto non rendono mai il vero) in angolo e due, l’una quasi davanti all’altra mi sembrano un po troppe anche per Isozaki.
    Per cui, non solo non ha saputo sviluppare il tema, ma non l’ha neanche trovato, a meno che per tema non si intenda il gesto; in questo caso si tratta di un brutto gesto, tipo la mano sinistra che si muove simultaneamente all’inizio dell’avambraccio, il braccio destro rivolto a Firenze.
    Saluti
    Pietro

  12. gabrielemari ha detto:

    Pietro, quello che scrivi è bello (davvero), peccato che le cose non stiano così…

    “Tutto il mondo l’ha capito e noi no”
    L’Italia ogni anno affonda (proprio come Venezia, che coincidenza…) nella classifica dei paesi più visitati dai turisti. Chi sale invece è proprio la Spagna che ci ha ormai superato da tempo, cosa impensabile fino a 20 anni fa. E naturalmente il sorpasso è dovuto soprattutto all’immagine parecchio più giovane e moderna che la Spagna ha saputo costruirsi, rispetto a noi che siamo semplicemente vecchi (in tutti i sensi).
    A me sembra che quello che il mondo ha “capito” (ma io non credo che il mondo abbia capito nulla, è solo che le cose vanno così) è il contrario di quello che scrivi.
    E sinceramente, io tutto ‘sto culo di vivere in una intoccabile città-museo mica lo vedo…

    Per il resto non voglio ripetere cose già dette, mi ritrovo in quanto scritto da Cristiano Cossu.

  13. Pietro Pagliardini ha detto:

    gabrielemari, tu leggi troppe riviste e magazine.
    Ci supereranno tutti, anche l’Albania, ma per i prezzi. In Spagna e ovunque si spende meno e i flussi turistici li decidono i tour operator sulla base dei costi.

    Certo che i giovani vanno in Costa Brava. Come vanno nella riviera romagnola. Come vanno a Valencia, sede di Erasmus e già di Coppa America.
    Come vanno a Berlino perchè ci sono “eventi” ed è economicissima, così come la mia generazione andava ad Amsterdam. Come si va in Croazia. Che cavolo c’entra tutto questo?

    La Spagna è più dinamica di noi? E chi lo nega, ci vuole così poco ad esserlo! Ma che da noi ci si indigni per il degrado del paesaggio causa cementificazione e poi si prenda ad esempio la Spagna, dove hanno, ormai da anni, distrutto, ricoperto le coste di palazzoni ignobili e continui, come Punta Perotti, è assolutamente singolare e direi grottesco.

    Prova ad andare a Granada, dove non ci sono particolari architetture contemporanee di grido, e prova a visitare l’Alhambra senza prenotazione. Dico l’Alhambra perchè è un capolavoro assoluto e senza quella chi ci andrebbe a Granada!

    Se poi tu fossi tra quelli che considerano il popolo bue, se credi che la gente qualsiasi vada in questi luoghi e non capisca niente perché non è colta e non è architetto allora il discorso è chiuso. La gente vuol vedere cose belle, possibilmente spendendo poco.

    Io vivo vicino a Cortona: un libro modesto di un’americana ha fatto innamorare gli americani di questa meravigliosa città, dove non c’è, fortunatamente, nessuna architettura contemporanea di rilievo. Fatti un giro a San Gimignano o in Val d’Orcia, vai a Pienza. Cosa diavolo vorresti aggiungere in questi luoghi!

    Certo se dormire in Spagna costa 50 euro e a Firenze 120 c’è tutto un mondo che non se lo può permettere e allora c’è spazio per tutti, perché tutti vogliono viaggiare, vivaddio.

    Forse non sai che il marchio più conosciuto al mondo, dopo la mia amatissima Coca Cola, è il marchio TOSCANA e non certo per il Palazzo di Giustizia di Ricci o per la pensilina di Isozaki (per ora solo progettata).

    saluti
    Pietro

  14. Davide Cavinato ha detto:

    Siamo alle solite…Comunque condivido tutto il post di Cristiano Cossu ad eccezione di ciò che riguarda il progetto di Isozaki a Firenze, che veramente mi sembra un’ “archistarata” del tutto gratuita e fine a sè stessa. Detto che a me il ponte di Calatrava piace e non mi sembra deturpi chissaché, e spero che con questo memmo54 non debba per forza considerarmi un ascaro prezzolato o che altro (e se lo fa, penso che la notte dormirò lo stesso), credo che qui la questione sia impossibile da dirimere. Non ci può essere dialogo tra chi sostiene la cristallizzazione e chi invece tenta di superarla. E potrei sprecare pagine e pagine, ma non mi sembra il caso. Quello che posso dire è che sono d’accordissimo con Pietro quando dice che non serve aggiungere altro a perle come Pienza e le altre località della Val d’Orcia (Bagno Vignoni…magica), ma al contempo mi chiedo: nel momento in cui per un motivo qualsiasi si palesasse, all’interno di un tessuto consolidato, la NECESSITA’ di una nuova costruzione, magari in un vuoto urbano, sedime magari di un edificio industriale vecchio e dismesso, come ci dovremmo comportare? Dovremmo usare linguaggi vernacolari, mimetici o dovremmo piuttosto semplicemente cercare di essere noi stessi? Non è che poi arriva un Frank Lloyd Wright qualsiasi, ci progetta il Masieri Memorial e lo rispediamo di nuovo al mittente? Io, personalmente, non considero Frank Gehry un architetto né tantomeno gli chiederei di progettare alcunché che non fosse una giostra di Gardaland, ma allo stesso modo non credo che Krier e il New Urbanism, per citare due alternative (Pietro, non si senta preso in causa), oppure il popolo al potere (qui invece sì Pietro), siano le sole risposte corrette possibili.

  15. Biz ha detto:

    In effetti, sarebbe ora di finirla, specie per gli architetti, ragionare per modelli: (il “modello Spagna”, “il modello Bibao” il “modello pizza ca pummarola ‘n goppa”, “ormai è tutto uno Junk Space, Rem dixit”) e pensare alle cose per quello che sono, e come realizzare le cose più razionali e belle in quel luogo, se è davvero opportuno realizzare qualcosa.
    I burocrati e i commercianti, lo so, sarà quasi impossibile che non ragionino per clichè “spendibili come immagine”, ma almeno noi, cazzo …
    E’ evidente che gran parte della gente va (o non va) a Firenze o Venezia non per masturbarsi davanti all’ultima opera di Arata o Santiago, ma per altri motivi.

    Quindi il primo punto è: va fatto? E’ davvero opportuno realizzare un altro ponte?
    Non si ragioni però “a Madrid li fanno allora li voglio fare anch’io!”. Ma neanche è giusto pensare che la città sia un museo e basta. Se gli antichi lo avessero pensato, non avrebbero fatto nulla di buono! Una città museo è una città morta!
    Comunque: il comune ha deciso che era utile ed andava fatto. A questo punto, o le critiche sulla sua fattura sono ben precise e circostanziate, oppure sono polemiche partitiche strumentali, oppure invidie fra primedonne isteriche o aspiranti tali, che spero lascino il tempo che trovino.
    Comprese quelle sulla non accessibilità ai disabili (se sarà stata colpa della amministrazione, o dell’architetto, si può sapere in modo chiaro … e d’altronde, rendere accessibile tutto in una città storica non è possibile)

  16. Cristiano Cossu ha detto:

    Faccio un esempio che potrebbe risultare interessante. A Firenze in Via del Proconsolo tanti anni fa il Banco di Sardegna comprò un piccolo edificio all’angolo con il monastero della Badia Fiorentina. Luogo eccelso, edificio ordinario; senza particolari qualità, ma ottimo “corista” insomma, accanto a solisti di elevato valore presenti in tutta la via.
    Diverse vicende portarono alla demolizione, alla vendita a privati e oggi da poco tempo alla realizzazione di un nuovo edificio. Che a me pare la copia geometresca (con rispetto per i geometri veri) del semplicissimo e corrente edificio storico sostituito.
    Conosco il tema perchè ci ho fatto il progetto di tesi di laurea. Provai a inserirmi nel luogo giocando con i temi dell’architettura storica: basamento, portale, tetto, loggia, intonaco, aperture e così via.
    Il progetto realizzato non fa parte nè della corrente sperimentalista, nè di quella cosiddetta tradizionalista, ma soltanto, mi pare, di un professionismo un pò tristanzuolo e tirato via. Un professionismo accomodante con la bassa qualità delle costruzioni di oggi.
    Così, tanto per dire che ogni tanto anche nel “centro storico” le occasioni per l’architettura capitano, pure in Italia. A Vienna o a Barcellona o a Zurigo io credo che il comune avrebbe richiesto un intervento della maggior qualità possibile.
    saluti
    cristiano

  17. Davide Cavinato ha detto:

    Quoto Biz totalmente, e anche Cristiano Cossu, nuovamente.

  18. Pietro Pagliardini ha detto:

    Bravo Biz. Io sul gazebo di Isozaki ho detto ANCHE perché, secondo me è sbagliato. Cristiano è di Firenze e mi potrebbe dire se ho detto sciocchezze che tanto non me la prendo. Inoltre, anche senza andare sul posto, si vede dalle piante che a quella bocca manca un dente: si tratta di rimetterlo e, qualsiasi dentista, non te lo metterebbe d’oro ma di smalto uguale agli altri.

    Sul ponte di Venezia, visto che ce ne sono pochissimi, non credo ne servisse uno che collega la stazione al parcheggio: se uno arriva in treno non arriva in macchina e viceversa. E non è che i pendolari veneziani arrivino in treno e poi possano prendere la macchina per andare a casa. Quindi sulla sua utilità c’è chi nutre qualche ragionevole dubbio. Che poi sia meglio avere un ponte che non averlo è la scoperta dell’acqua calda. Che poi sia meno peggio il ponte di Venezia che il gazebo di Firenze è altrettanto ovvio.

    Quello che è assolutamente inaccettabile è la vera e propria smania di presunta “modernità” degli amministratori, cui gli architetti danno man forte, per illudere i cittadini di aver fatto qualcosa.
    Mi spiace ma io penso che la modernità sia altro che fare “bellurie” architettoniche. In una società avanzata e matura modernità è software e non hardware. Poi è chiaro, se una cosa serve va fatta, nel rispetto di ciò che esiste. Da noi non si fa niente ma, guarda caso, si vogliono fare questi gesti e, Biz, senza distinzione di colore politico: a Milano come a Firenze.

    Serve il gazebo di Isozaki? No, serve un’uscita per gli Uffizi. Ma, avendo invitato tutti architetti di quel genere, o quasi, si voleva una cosa di quel genere, è una scelta culturale (chiamiamola così) precisa e io credo da politico ignorante che vuole sembrare “moderno”. Hanno visto Bilbao e lo vogliono anche loro, sono stati a New York e vogliono Manhattan, a Dubai fanno follie, lo voglio anch’io. Questa è la versione buona, quella cattiva è un’altra ed è che, nel caso di opere private, l’architetto cool è la buccia di fico che confonde altre operazioni.

    O no?

    Saluti
    Pietro

  19. sergio1943 ha detto:

    Il discorso si riduce a quali debbano essere i giusti rapporti tra le autorità cittadine, che debbono proporre le giuste vie di sviluppo dei loro paesi e delle loro città, e gli esecutori che a quelle domande debbono dare le opportune risposte tramite l’oggetto architettonico. Ci vogliono onestà e sicurezza d’intenti, ambizioni, coraggio di mettere e mettersi in discussione e forse qualche altra cosa (amo il Palladio (approfitto del suo anniversario per fare questo esempio) ma a me sembra che le autorità veneziane di allora abbiano fatto la migliore scelta con il progetto di Antonio da Ponte piuttosto che per l’allora più moderno ponte dell’architetto patavino). Non altrettanto lucide e coraggiose sono state più recenti amministazioni veneziane quando rifiutarono le opere di Wright, di Louis Kahn e di Le Corbusier). Il successo che ha arriso al Guggenheim di Bilbao dipende dalla fortunata combinazione di tutte queste cose. Analogamente é successo, che so?, a Sidney con l’Opera House, a Parigi con il Beaubourg e altri esempi. Forse, e non vorrei essere il solito anti-italiano, i nostri amministratori non sono più forniti della cultura, della ampiezza di vedute (forse, oramai, anche di ampiezza di mezzi?) atti a condurre in porto operazioni che siano utili, attraenti e necessarie a rimuovere pigrizie e assuefazioni. A qualcuno sembrerà un eresia ma per l’Italia era forse l’ora di mettersi in discussione nel confronto con il mondo progettando una cosa nuova come il Ponte sullo Stretto piuttosto che mettersi a cincischiare con operazioni malpensate come l’Ara Pacis, il Pincio e il ponticello di Calatrava. Abbiamo volto una occhiata di lieta sorpresa quando la vecchia Turchia si é dimostrata capace di saper gettare un nuovo ponte sul Bosforo, quando la Spagna post-franchista si é dimostrata capace di pensare in grande a Bilbao, a Barcellona. Adesso siamo solo capaci di chiuderci nei nostri piccoli egoismi e nelle nostre piccole beghe corporative.

  20. gabrielemari ha detto:

    Pietro secondo me parliamo di 2 mondi diversi.
    Tu parli di Cortona, io ho in mente Roma. E se non faccio fatica a pensare come te che paesi come quelli che hai citato è meglio non toccarli, lo stesso non si può dire di una metropoli, per quanto carica di storia sia…

    E poi, scusa ma devo dirtelo, io leggerò anche troppe riviste (più che altro su internet, leggo una discreta quantità di spazzatura, sì…), ma tu ne leggi troppo poche: la gente non va in Spagna solo perché costa poco, scusa ma in queste parole io ci trovo un certo snobismo italiota (ma diciamo anche toscano…) che pur parzialmente giustificato dal nostro passato, mi sembra alquanto fuori luogo visto che da tempo immemore l’Italia ha smesso di fare da apripista nelle arti tutte.

  21. salvatore risoli ha detto:

    Condivido in tutto l’analisi di Cristiano e a proposito del vestito, non sono l’acciaio e il vetro che fanno un’architettura ma è “organizzare” l’ineguale che rende il fare contemporaneo; compito espressamente compositivo.
    saluti
    salvatore

  22. filippo de dominicis ha detto:

    voi che ne pensate del ponte di cellini sopra via degli annibaldi, a roma?

    http://www.insulainrete.it/progetti/annibaldi/annibaldi.htm

    e del ponte dell’accademia? fatto dall’ “ingengere” invece che dagli architetti “professori” vincitori del concorso?

    p.s. che palle sto blog.

  23. memmo54 ha detto:

    Francamente non riesco a capacitarmi della difficoltà di vedere la città storica come un organismo, al pari degli edifici che la compongono.
    Quando si interviene su un edificio storico di Venezia, in genere, si ricostruisce il solaio in legno col terrazzo sopra, parimenti gli infissi si rifanno in legno (..senza il vetrocamera…). e via discorrendo.
    Nessuno si sognerebbe di istallarci infissi in alluminio, solai in ferro ecc. ecc.: neppure un neolaureato, o un dottore di ricerca, si farebbe venire in mente qualcosa del genere !
    Quando invece si interviene sulla città no !
    Tutto su riazzera ; il tempo si ferma, i luoghi si confondono diventano un labirinto in cui le suggestioni nippo-tirolesi si mescolano alle tecnologie NASA ed agli impulsi consistenti del mercato dell’acciaio e del vetro assai ben pubblicizzato.
    Mistero !
    Questo “ponte” e la “pensilina” potrebbero benissimo stare in qualunque altra parte del mondo !
    Non c’è bisogno di Venezia per metterci quel ponte e neppure di Firenze per quella pensilina.
    Il problema non è sistemare, a forza, qualcosa da qualche parte ma “cosa” fare “dove” e “perché”.
    E’ mai possibile che si debba chiamare Calatrava per avere qualche curvetta ben raccordata e due speroncini che sembrano rubati dalla ASL di Cesano Boscone; o Isozaki per essere edotti sull’espressività della lamiera grecata ?
    Svegliatevi ! Masturbatevi di meno e fate funzionare di più, e meglio, il cervello. Uscite dal “mi piace ” o “non mi piace” , “sta bene” e “casca bene sulla sinistra” o “rappresenta in pieno l’angoscia del moderno”…. Siete molto intelligenti: non buttate via tempo ed entusiasmo!

    Saluto

    P.S.:

    Provate a sottoporre al vostro portiere qualche domanda tipo :

    Domanda : Com’è costruita Venezia ?
    Risposta : Venezia è costruita con mattoni pietra e malta.
    Domanda : Com’ è fatto un ponte ?
    Risposta : Ad arco
    Domanda : Perche ?
    Risposta : Perché così ci si passa sotto.

    E via discorrendo.

    Alla fine le risposte potrebbero essere sorprendenti !

  24. pi ha detto:

    Il ponte è fatto ad arco perché così ci si passa sotto?

  25. Davide Cavinato ha detto:

    Sì! costruiamo case nuove con le codussiane! Facciamo un quartiere di casette con le trifore! Facciamo il Palazzo del Cinema al Lido coi paramenti murari di Palazzo Ducale! Questo è architettura! Altro che mi piace e non mi piace!
    Ma allora…perché non buttiamo giù l’Ala Napoleonica? L’Inail di Samonà? La casa per appartamenti di Gardella? La Querini di Carlo Scarpa? L’ingresso dello Iuav? Lo Iuav stesso, parlo del Cotonificio, rifatto da Gino Valle? Oppure le case della Giudecca, lo Junghans di Cino Zucchi, il foyer della Fenice…
    …devo continuare? O dobbiamo continuare a masturbarci, come signorilmente ci viene segnalato?
    Parliamo d’altro va…

  26. Cristiano Cossu ha detto:

    —-Domanda : Com’ è fatto un ponte ?
    Risposta : Ad arco
    Domanda : Perche ?
    Risposta : Perché così ci si passa sotto.—-

    Esistono ponti a trave rettilinea dal secolo XIX. E ci si passa anche sotto.
    Sulla riconoscibilità legata al luogo, poi, certamente si può discutere, ricordando sempre però che quando a Venezia apparvero le architetture di Palladio sembrò che fossero atterrati gli ufo. Al confronto il povero Calatrava è un mimetico storicista goticheggiante.
    saluti
    cristiano

  27. filippo de dominicis ha detto:

    il ponte è fatto ad arco perchè “…se si chiede ad un mattone cosa vuole essere, lui ti risponderà: io voglio essere un arco…”!

  28. Pietro Pagliardini ha detto:

    Il Ponte di Calatrava è stupendo e invecchierà bene e i nostri nipotini ci si faranno fotografare.

    Invece no, tanto per restare ai fatti e non alle opinioni, sul Ponte si scivola, si va per terra, ci si fa male. L’aveva già detto Camillo Langone ma, visto che lui è partigiano e non tutti ci credono, ecco la conferma dal Corriere della Sera.

    http://www.corriere.it/cronache/08_settembre_28/calatrava_allarme_ponte_f4f236d8-8d29-11dd-90cc-00144f02aabc.shtml

    Saluti
    Pietro

  29. memmo54 ha detto:

    Non si vede il motivo necessario per imporre a qualcuno un cambiamento non richiesto.Perchè mai bisogna cambiare qualcosa che già funziona bene così.
    E’ forse più economico ? L’impasto delle argille s’è rivelato cancerogeno ?
    O forse invece si intende testimoniare l’ appartenenza ad un’area culturale (….quella del pianeta Mongo o degli asteroidi di Cairn ? ).
    O si dimostra che “Calatrava” ed il “Sansovino” sono talmente affini da essere pressoché indistinguibili, e che si può benignamente accogliere questo “parto della fantasia”, oppure uno dei due è di troppo: bisogna mettersi l’anima in pace e rifare, senza indugio, le trifore sul Canal Grande. ( …o smantellare la città vecchia ….dipende dai punti di vista )
    Ovvero, una volta eliminato ciò che è logicamente impossibile, quello che rimane è la verità.
    Potrà essere strana, non coincidere con le nostre aspettative, ma è inutile insistere, mescolando ancora le carte, in attesa che un improbabile dono del Caso risolva situazioni e temi sfuggite ai ”venerabili maestri” in ottant’anni di “coraggiosa” sperimentazione !
    Da adesso, da subito, e senza aspettare un altro secolo.
    Se invece si pensa che la soluzione migliore sia smantellare la città antica , allora è sufficiente continuare così : ci stiamo arrivando a grandi passi; aiutati , oggi, anche da chi è stato preposto alla conservazione e tutela di questo inutile, cristallizzato, patetico, cincischiato, malinconico, Paesaggio Italiano.

  30. Davide Cavinato ha detto:

    Ho capito. L’architettura è morta. Evviva i geometri.

    …MA VI RENDETE CONTO?

  31. franco di monaco ha detto:

    Concordo, per quanto può valere la mia “labile” opinione, con il pensiero dell’Arch. Cossu circa il progetto di Isozaki, cioè a dire che – posta la necessità reale di realizzare una nuova “uscita” sul fianco del “corridoio” Vasariano (è davvero necessaria? Nutro forti dubbi in proposito….) – sia interessante e completamente fiorentina la tematica spaziale della Loggia.
    Purtroppo, e qui risiede davvero la responsabilità di chi non ha saputo valutarne i limiti di quel progetto, quest’ultimo non ha “declinato” quell’idea, quella tematica in un progetto compositivamente capace di tradurre quella “figura” (la tematica della Loggia è nella storia del “luogo”, si pensi alla “Loggia del Porcellino”, alla loggia attribuita al Vasari “spostata” in Pizza Ciompi, sempre a Firenze) in uno spazio progettato, “variandone” la figura stessa, affrontando il tema delle proporzioni etc.
    Ancora più “goffa” pare essere l’ispirazione che avrebbe “illuminato” il grande architetto: la Loggia dei Lanzi. Su alcuni testi si riporta, addirittura, che la “pensilina” sarebbe progettata anche (ma anche direbbe Walter) secondo la tematica della prospettiva, visto il lotto trapezoidale che va restringendosi. Pura follia, sarebbe come costruire una chiesa a Firenze dove la pianta va restringendosi verso il transetto e poi sostenere che si è preso “spunto” dalla prospettiva del Brunelleschi di S. Lorenzo o S. Spirito……
    Quel progetto andava respinto, così come si sarebbe fatto con uno studente di compoizione 1, che non è stato capace di svolgere il tema spaziale della Loggia.
    Saluti
    fdm

  32. mo.tre ha detto:

    Mi chiedo quanto chi argomenta contro il ponte di Calatrava lo faccia perchè è ormai lo sport nazionale parlare male di tutto e di tutti, non si salva niente e nessuno, mi chiedo perchè si abbia fede assoluta su quello che scrivono i giornali soprattutto quando ha una valenza negativa.
    Io abito a Venezia, nel sestiere di Cannaregio, il più popoloso della città e a cui più giova il ponte, ma evidentemente non solo chi vive a Cannaregio è interessato a percorrerlo visto che ormai il flusso della gente che arriva da Piazzale Roma si è ormai spostato sulla riva dove c’è la stazione, utilizzando quindi il ponte.
    Se è così inutile perchè tutti ci passano?
    Forse perchè è brutto? e perchè moltissimi lo fotografano?
    Secondo voi la popolazione anziana, con problemi a far andare una gamba dopo l’altra prefirisce questo comodo ponte o il sesto grado degli Scalzi?
    Io sinceramente sono contenta di questa opera, Calatrava è un grande, mettiamoci in testa che non tutti siamo grandi architetti, riconosciamo che c’è qualcuno che nasce con una marcia in più (brutta cosa l’invidia) ed è giusto che opere importanti vengano affidate a chi è in grado di riportare l’architettura al suo ruolo superiore nelle arti.
    Sono contenta perchè il ponte è mio, come di tutti i veneziani e di tutti coloro che vengono a Venezia, e soprattutto è perchè è UTILE!
    Questo è la mia personale soggettiva opinine, spero non urti nessuno.

  33. PEJA ha detto:

    filippo de dominicis ha scritto:

    il ponte è fatto ad arco perchè “…se si chiede ad un mattone cosa vuole essere, lui ti risponderà: io voglio essere un arco…”!

    OVVIO!

  34. filippo de dominicis ha detto:

    dai facciamo outing,… la frase citata è di louis i. kahn, non fate finta di non saperlo…

  35. Peja ha detto:

    Scusa Filippo, non volevo essere aggressivo. Anche a me piace usare proprio quella citazione, ed è per questo che ho voluto riaffermarla… però ora che la rileggo sembra sia calcata in modo dispregiativo, e me ne scuso!

  36. filippo de dominicis ha detto:

    peja,
    volevo solo dare un’alternativa alla risposta fornita dall’ipotetico portiere di palazzo che citava memmo54…risposta tanto idiota da farmi pensare a quel libro capolavoro di idiozia quale è “l’eleganza del riccio”, con la sua portiera colta-non colta.
    fortunatamente non ho idoli da difendere, quindi non v’era bisogno di scusa alcuna :-)

  37. Master ha detto:

    Se c’è una cosa che ho imparato è che la storia ci insegna più di ogni altra cosa a capire il perchè delle cose che avvengono.
    E allora guardiamo la storia, se Venezia si fosse “accontentata” di come era nel 1200 non sarebbe mai diventata la città di oggi, così come Parigi, Londra, Madrid, Barcellona e chi più ne ha più ne metta. Le città si trasformano adattandosi alla società che cambia, gli architetti hanno sempre sperimentato “cose nuove” e quelle che ci sono rimaste sono oggi un “patrimonio” per l’umanità. Non capisco francamente il terrore, perchè è questo il sentimento che traspare dalle parole di alcuni in questo blog, del nuovo e del progresso nell’architettura, come in tutte le altre discipline (non capisco perchè l’architettura deve essere diversa dal resto). Il barone Haussman a Parigi, Il Cerdà a Barcellona sono solo alcuni degli urbanisti che hanno “sventrato” città storiche medioevali per farne delle bellissime città ottocentesche che oggi vengono visitate da milioni di persone che fotografano archi di trionfo e meravigliosi viali alberati dove prima c’erano casette e lotti medioevali.
    Ma qui non si stà parlando di sventrare, si sta discutendo di un ponte di pochi metri e di una teca che contiene un’opera romana …
    Victor Hugo si batte strenuamente per impedire e poi per criticare la costruzione della Torre Eiffel, che a suo parere avrebbe deturpato la sua bella Parigi … oggi la bella Parigi ha come simbolo la Torre Eiffel …

    La storia ci insegna molto … tra qualche secolo forse i miei pronipoti criticheranno le nuove tendenze architettoniche difendendo probabilmente un bellissimo ponte di Venezia degli inizi del XXI secolo o una stupenda teca a Roma che verrà forse più fotografata dell’opera che contiene.

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