Ceramica Solimene a Vietri sul Mare
sergio 43 on: SOLERI … UN MITO ZEVIANO …
“Mi sposai un tardo dicembre. decidemmo quindi di andare verso il sole. Prima tappa in una meravigliosa Positano semideserta, Seconda tappa direzione Taormina. Partimmo per Salerno per imboccare la Salerno-Reggio Calabria appena inaugurata e che potei quindi fare tutta, ancora senza ombra di cantieri e deviazioni. Attraversando Salerno con la dovuta attenzione ai segnali stradali, mi trovai a passare davanti a questo strano edificio. Chi aveva mai sentito parlare di questo Soleri, non capii neanche quale funzione avesse, colpito però dalla sua forma inusitata e dai colori verdeoro da Torcida brasiliana. Per godermelo meglio rallentai troppo bruscamente per gli usi locali, perchè il guidatore che avevo alle spalle mi superò gridandomi una frase che non conoscevo e che ricordo vagamente: “madechi…menicammuò,…tocammuò….(boh! chissa che cosa voleva dire, dovrò chiedere a Eldorado, certo non “buon viaggio!”). Tralasciando altri ricordi, quel viaggio è punteggiato dalle immagini del Chiostro del Paradiso, del Teatro Greco e di queste mura incantate. Buon viagglio a te, Paolo Soleri!”





La fabbrica solimene è, forse, l’unica architettura importante e significativa che soleri abbia realizzato; ma il vero incanto era l’uomo: un sognatore, un ingenuo poeta che tanti anni fa’ girava il mondo per convincere giovani studenti di architettura alla vita nel deserto di arcosanti! Ahi quanto fui tentato!
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“…una frase che non conoscevo e che ricordo vagamente: “madechi…menicammuò,…tocammuò….(boh! chissa che cosa voleva dire…”
beh, era l’equivalente campano de “li mor…tua”, ma si dice e si scrive tutto in un altro modo da questa poeticissima traslitterazione: che mi piace molto molto di più, e quindi lascio l’originale avvolto nel mistero!
Caro Sergio 43, leggo in ritardo il tuo sos, l’Oriundo già ben rispose, …
non ho capito il percorso che -fresco sposo, provenendo da Positano – facesti per imboccare la Napoli-Salerno-Reggio Calabria, casello Vietri sul Mare. Forse eri un po’ ubriacato dalla bellezza muliebre e della sirena posi-posa-tana (tana di Bacco e Venere, s’intende). Hai per fortuna sbagliato strada e sei passato così davanti al Solerimeion delle ceramiche ‘900 vietresi paesane doc.
Ma veniamo al punto dell’imprecazione sul quale chiedi lumi e traduzioni locali. Rallentando e frenando d’improvviso credo che tu ti sia beccato il classico: “all’anema de muorte ‘e chi te mmuorte!”. Se invece la tua frenata è stata veramente brusca e senza preavviso, modello “tamponamento sicuro”, c’è stato quasi sicuramente l’aggravante dello “stramuorti”, e cioè ti sei beccato un: “all’anema de muorte e stramuorti e chi te mmuorte!”
Se, ancora, quello che stava ti dietro è stato quasi miracolato “per evitato impatto” ed ha portato un cero al sant’Antuono Abate, patrono dei ceramisti del loco, allora può essere che costui sia ricorso alla “maledizione del carabiniere”, e cioè che ti abbia verosimilmente rivolto la verace: “all’anima de muorte e stramuorti e chi te mmuorte, a salire e a scendere fino alla settima generazione!” Ma senz’altro (e per fortuna tua e i tuoi discendenti che nessuna colpa hanno) la maledizione è andata ormai in prescrizione.
Non così Soleri che, salute a nuje, è morto di fresco ultranovantenne, a qualche anno di (rispettosa) distanza dal suo coetaneo don Vicienzo Solimene, che, giovanissimo intraprenditore venuto dal Nulla, nel 1950 ebbe il coraggio di stracciare il progetto (ovvio) di fabbrica che già aveva, optando per il rischio Soleri, un torinese (ma forse don Vincienzo lo scambiò per un “tedesco”) che era venuto lì un’estate, con la tendina in riva al mare, per manipolare un po’ di ceramica sol-ar sol-imene, e scoppio la scintilla creativa d’arte-industria vietrese di ampio consumo.
Attenti a quei due, quindi: a quella tipica simpatica coppia di un’Italia coraggiosa e fortunata post/bellica Nord-Sud, intraprendente e avventurosa, non imbrigliata del tutto; perché, con le regole del “come te movi te fulmino” d’oggi, e tutte le associazione ambientaliste odierne di guardia, quell’edificio (alla lettera) invasato, per la cui realizzazione fu sbancata mezza collina della vietrese Madonna degli Angeli e angioletti a contorno, non sarebbe mai nato e mai noto.
Anzi, nemmeno mai pensato e ricordato oggi su questo blog. E quindi Sergio 43 quel di non avrebbe frenato di botto e di brutto e detto: “Ohibò, ‘o Sol eri mio sta ‘nfronte a mme!!”
Saluti, Eldorado
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