“Raccontacene n’altra” …

Schermata 2013-01-22 a 09.50.22

memmo54 su: TRA LE ANGUSTE MAGLIE DELLA “BLOGCRITIC” …

“Che il disastro dello Zen come del Corviale o delle Vele vada addebitato al fatto che sia “male abitato” sembra, sinceramente, troppo ! E’ più probabile e veritiero forse, pensare che questi quartieri, questi edifici, siano “mal pensati”.
Oltrechè per la mesta architettura che riunisce, ostensibilmente, la tristezza ed il grigiore del viadotto autostradale la numerata divisibilità del magazzino e l’aspetto generale di casa circondariale, anche, e soprattutto, per l’improbabile vita da pollaio immaginata in essi; appena mitigata dai cosiddetti servizi ed attrezzature (..l’ora d’aria…)e sotto la regia di uno scolastico mantra “culturale” diffuso tramite mostre ed iniziative: gli abitanti avrebbero dibattuto della “recherche” fumando la pipa nei centri sociali per poi recarsi in fabbrica riflettendo sullo gnosticismo delle origini . Mah !
Non so dove l’abbiano letto o quale perfido intellettuale o politico ( …il compagno etiope…forse…) abbia suggerito ciò, pur tuttavia non era difficile intuire che si trattava di sciocchezze … inadatte ed inopportune perfino a falansteri di 50 piani costruiti per borghesi istruiti e ben catechizzati.
Ma è abitudine inveterata degli architetti moderni pensare poco e facile, possibilmente in grande (.. troppo grande…) e poi coprire alla buona le inevitabili magagne giustificando le perplessità con argomenti vani ed ovviamente inattendibili.
Vanno considerare tutte le possibilità che si prospettano: che altri modifichino o semplifichino; che una parte non sia eseguita, che si usino materiali differenti… che si possa utilizzare in altro modo, in altre epoche. Alla fine di tutte le sottrazioni il progetto deve avere comunque un significato evidente.
Probabilmente i lager mostrati sarebbero accolti diversamente (… anche senza i servizi…) da operai e pensionati ternani già piegati all’obbedienza da 100 anni di lavoro in fonderia ma la sana anarchia dei sottoproletari romani, napoletani o siculi ha reagito e reagisce ancora con disprezzo alla vis concentrazionaria latente nelle classi dominanti .
Il dramma è che non si aveva ( …ed a quanto leggo non si ha ancora…) la minima ragionevole idea di quale sia il significato dell’architettura; quale mistero di vita debba comunicare, cosa sia in grado di rappresentare e perché .
Dopo aver rinunciato, programmaticamente, ad ogni strumento condiviso potranno le stecche razionalmente ordinate ed il torroni ben accostati ai panettoni, i cubi o le superfici “stupefacenti” sostituire il paesaggio urbano condensato da secoli ?
Si rimpiangono, in queste circostanze, la fragranti estemporaneità dei cori assembleari anni settanta che, a ritmo dell’organino, rampognavano le sciocchezze degli oratori:
…raccontacene n’altra che questa n’ce piace !
gira la manovella delle ……

Saluto

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4 Responses to “Raccontacene n’altra” …

  1. matteotusa ha detto:

    Ho scritto molti anni fa, appunto quando Gregotti completò lo Zen, che andava incriminato per strage, perchè se un chirurgo nel corso di un intervento, sbagliando può uccidere una persona per volta, lui ne uccide migliaia, anche se non fisicamente. Vivere in quel “lager” procura disturbi pschici: provare per credere!

  2. ettore maria mazzola ha detto:

    parole sante Memmo 54!!
    Sta dunque ai teorici di quelle balle ideologiche raccogliere il tuo splendido messaggio, perché solo loro possono correggere il tiro. Solo loro, che hanno inculcato ai loro discepoli certe fandonie possono far sì che essi la smettano, per rispetto (immotivato) o per lecchinismo (motivato), di continuare imperterriti ad ossequiarli infarcendo di queste pippe mentali le loro lezioni universitarie, lobotomizzando così i propri studenti!
    Care “menti illuminate” ancora in vita che avete concepito simili brutture, cospargetevi il capo di cenere, ed ammettete di aver fallito per eccesso di egocentrismo e di ideologia, ammettete di aver ingiustamente testato su delle ignare cavie umane le idiozie che vi frullavano per la mente a causa di un clima “culturale” assurdo, sarebbe una splendida lezione di onestà intellettuale che potrebbe aiutarci a venir fuori dall’empasse urbanistico/architettonica che dura ormai da quasi 70 anni.
    Sarei il primo a giustificarvi come posso giustificare la follia di Sant’Elia a causa del clima in cui concepì il Manifesto del ’14

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