Una domanda sempre attuale …

Salvatore D’Agostino: …

Una domanda sempre attuale

“A proposito delle recenti vicende giudiziarie che da Firenze, passano da Roma attraversano la Maddalena e arrivano temporaneamente all’Aquila;

a proposito del DDL 1865;

mi piacerebbe proporre ai lettori ‘muratorini’ questa mio ‘commento-domanda’ che le ho posto quest’estate alla quale lei non ha dato risposta:

Giorgio (Muratore),
una piccola nota le do del tu perché è convezione dei blogger usare un tono confidenziale con gli avventori dei blog.
Vorrei farti alcune domande, ma che sia chiaro non m’interessano le contrapposizioni ideologiche estenuanti che trascurano i problemi concreti.
Tu hai assistito e partecipato (da critico) all’evoluzione architettonica degl’ultimi cinquant’anni.
Una piccola nota statistica «dal 1956 al 2001 la superficie urbanizzata del nostro Paese è aumentata del 500%» (Dato tratto dal ‘Dossier sul consumo del suolo del WWF Italia’)
È possibile che quest’ondata di cemento senza tregua (ad eccezione di una fase che va dagli anni 70-80) sia stata trascurata dalla critica? È possibile che si sia fatto finta di niente?
Io credo che gli architetti e i critici più autorevoli siano da denunciare in toto per omissione di soccorso nei confronti del paesaggio italiano.
Con la tua risposta si conclude questa inchiesta non so perché ma mi è venuto in mente un capitolo dell’ultimo libro di Franco Purini, La misura italiana dell’architettura (Laterza, 2008) dal titolo ‘Le dialettiche generazionali’. Per chiarezza ti cito i punti salienti (scusa la lunghezza):

«Primo progetto culturale.
Il primo progetto culturale riguarda gli architetti dai settanta agli ottant’anni e oltre. Si tratta di un gruppo di progettisti – a cui appartenevano anche Roberto Gabetti, Aldo Rossi e Gianugo Polesello –
tra i quali Vittorio Gregotti, Gae Aulenti, Guido Canella, Glauco Gresleri, Enzo Zacchiroli, Aimaro Isola, Valeriano Pastor, Alberto Gatti, Pietro Barucci, Paolo Portoghesi, Renzo Piano, Luciano Semerani, Alessandro Anselmi, Salvatore Bisogni, Umberto Riva, Aurelio Cortesi, Guido Canali. Si tratta di achitetti le cui opere si pongono tutte sotto il segno di un rapporto autonomo e consapevole nei confronti dell’architettura moderna. […]

Il secondo progetto culturale è stato proposto e sviluppato dagli architetti la cui età va dai sessanta ai settantenni, la generazione di chi scrive, di Adolfo Natalini, Pierluigi Nicolin, Giangiacomo D’Ardia, Gianni Accasto, Daniele Vitale, Marco Peticca, Emilio Battisti, Sergio Grotti, Lucio Altarelli, Rosario Pavia, Giancarlo Carnevale, Dario Passi, Francesco Cellini, Paolo Melis, Francesco Venezia, Antonio Monestiroli, Ariella Zattera, Meri Angelini, Claudio D’Amato, Luigi Calcagnile, Pietro Derossi, Massimiliano Fuksas, Franco Zagari, Lucio Barbera, Umberto Cao, Laura Thermes, Paolo Martellotti, Massimo Carmassi, Culotta-Leone, Giovanni Rebecchini, Augusto Romano Burelli, Massimo Scolari, Danilo Guerri. In continuità con la generazione precedente, insieme alla quale hanno dato vita a un confronto costante, a volte polemico, gli architetti citati si sono misurati sostanzialmente con il problemi linguaggio, all’interno di quella nuova condizione che determinò la loro formazione, ovvero la scuola di massa. Una scuola che richiese parole d’ordine pensate come slogan a comprensione istantanea e a vocazione omologante. […]
Terzo progetto culturale.
Il terzo progetto culturale è quello formulato dagli architetti che hanno oltrepassato da poco i cinquant’anni. È la generazione di Pippo Ciorra, Carmen Andriani, Aldo Aymonino, Nicola di Battista, Pino Scaglione, Mirko Zardini, Italo Rota, Mosè Ricci, Cino Zucchi, Pietro Carlo Pellegrini, Carlo Terpolilli, Paolo Desideri, Michele Beccu, Mario Cucinella, Gianfranco Neri, Francesco Taormina, tanto per citare solo alcuni dei protagonisti di questa fascia d’età. Si deve a questa generazione, o almeno a una sezione molto consistente di essa, una scelta inconsueta e, per più di un verso, discutibile: la brusca e improvvisa rottura della continuità con quella precedente, e più in generale con le tematiche italiane. Seconda parte:
[…]
Quarto progetto culturale.
Rifiutando l’identità italiana, prima ancora che la stessa idea d’architettura italiana, gli architetti tra i quaranta e i cinquant’anni, tra i quali Francesco Garofalo, Stefano Boeri, Efisio Pitzalis, Renato Partenope, Livio Sacchi, Gianna Parisse, Antonello Stella, Cherubino Gambardella, Nicola Marzot, Marco Casamonti, Paolo Zermani, Fabrizio Rossi Prodi, Luca Molinari, hanno fatto proprio, con lievi correzioni e pochissime, ma significative, eccezioni orientate a un’innovativa reinterpretazione dell’identità dell’architettura italiana, il progetto culturale dei loro immediati predecessori. La loro è stata la prima generazione che si è confrontata con la rivoluzione digitale, vivendola, però, più come l’ambito di un rinnovamento strumentale della disciplina che come l’occasione di una sperimentazione avanzata, relativa a nuove prospettive teoriche per la cultura di progetto. […]
Quinto progetto culturale.
Il progetto culturale dell’ultima generazione oggi attiva, quella che annovera architetti dai trenta ai quarant’anni, come Luca Galofaro, Maria Claudia Clemente, Gabriele Mastrigli, Vincenzo Corvino, Giovanni Multari e quelli dello studio Metrogramma, la cosiddetta generazione dell’Erasmus, si pone m competizione, si pone in competizione, ma sullo stesso terreno, con quello descritto nel precedente paragrafo. Ancora una volta il problema di ricucire lo strappo effettuato dalla seconda generazione non viene sentito e si continua a ritenere che nel migliore dei casi l’architettura italiana sia una buona anamorfosi locale di problematiche estranee e lontane. […]
Finale.
Solo ricostruendo una vera e operante continuità tra i cinque progetti culturali l’architettura italiana o, se si preferisce, l’architettura che si costruisce in Italia, potrà infatti ritrovare, ancora intatta, la sua capacità creativa».

Ho preso Purini come paradigma di un modo di fare critica che sembra avulsa dalla storia reale e materica del nostro paesaggio, mi riferisco alla critica italiana in generale.
Una scuola critica che non può fare a meno di utilizzare la tassonomica semplificazione dei portatori sani d’idee architettoniche.
Una scuola che non vede e non vuol vedere la vera architettura italiana (quella costruita) in questi ultimi cinquant’anni.
Tu fai bene a non pronunciare il nome dell’architetto non noto perché temi le ripercussioni degli amici esclusi ma ti confesso che non esiste un architetto non noto ma esistono una moltitudine di gente che non essendo nelle corde del critico ‘IN’ lavorano ostinatamente per creare qualche isola architettonica (o meno) felice.
Capisco che, per il critico da divano del centro storico (e non mi riferisco a te parlo sempre in generale), sia difficile camminare in luoghi ameni.
Come capisco che per te in questi anni è stato difficilissimo poter osservare quello che molti chiamano ‘sacco di Roma’ (con giunte di sinistra) poiché avevi un annoso problema con quella nefandezza che deturpa Roma: l’Ara Pacis (per chiarezza questa frase è ironica). Non è un’accusa, per carità, è una semplice e spero errata osservazione.
Poiché qualcosa è andato storto credo che occorra rivedere i sistemi di valutazione e liberarsi dalla tassonomia come strumento critico.
Sarà difficile poiché si cade e scade nella solita tragedia dello scontro generazionale, vedi citazione precedente.
Mi devi credere, non voglio fare polemica, io mi pongo una sola domanda come ricostruire quest’Italia distrutta dagli ignavi Ego accademici/architetti manifesti? Un caro saluto”
Salvatore D’Agostino

Link: http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2009/10/0071-oltre-il-senso- del-luogo.html

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9 Responses to Una domanda sempre attuale …

  1. Marco Sedda ha detto:

    LO SCISMA
    Architettura vs Non Architettura

    Allora anche tra utenti diamoci del Tu!
    Ciao Salvatore,

    Cosa stiamo criticando in fondo:

    La differenza tra quello che comunemente è chiamato costruito (architettura) e la speculazione (anche detta edilizia).

    Penso che i piani regolatori vengano disegnati negli studi professionali e per questo non possiamo definirli democratici ma privatistici, nell’interesse del privato.

    Penso che negli stessi studi si disegni l’edilizia privata, si cerchi l’accordo di programma, il cavillo, il comparto, la mazzetta, la speculazione.

    Penso che gli stessi studi facciano capo a un centinaio di imprese, una cinquantina di emeriti imprenditori, che muovono l’intero settore ed hanno determinano il sacco d’Italia negli ultimi 60 anni.

    Penso infine che alcuni professori/architetti/professionisti operosamente elencati dal Prof. Purini abbiano collaborato con questi imprenditori, queste imprese, queste amministrazioni e in generale a questo sistema.

    Ecco il compromesso, ecco la risposta.

    Non c’è nessuno scisma, nessuna distinzione, tra Architettura e non Architettura nel nostro paese.
    Siamo decisamente in attesa di uno strappo, di un cambio di passo, di una presa di coscienza.
    Di qualcuno che si alzi dall’elenco Puriniano e dica:
    “Si, è vero! Noi legittimiamo ed abbiamo legittimato la violenza che il territorio e i cittadini Italiani subiscono”.

    Come? Semplicemente, a diversi livelli, collaborando.

    La speculazione edilizia è insieme alle attività mafiose il motore economico del paese, non a caso ‘ndrangheta e camorra sono leader del cemento e del movimento terra.

    L’architetto è quello stupito colluso che, mettendo la sua firma, prostituisce la sua mente.

    Spero di essere presto smentito

    La primavera intanto, tarda ad arrivare…
    Ed io (prima del consiglio) torno a studiare!

    Marco Sedda

    • Marco Sedda ha detto:

      Dimenticavo di allegare un video esaustivo:

      I DINOSAURI E L’ITALIA DA DISTRUGGERE

      http://www.youtube.com/watch?v=TxGJ6DFocyY

      ecco…
      l’ambizione è quella di non partire
      non collaborare
      cambiare le cose.

      • efisio pitzalis ha detto:

        Solo per la precisione: anche quando si generalizza è bene informarsi in modo circostanziato, questo sia per non fare “canzoni da organetto” sia per eccellere nell’arte del saper distinguere le persone oneste dai lestofanti

      • Marco Sedda ha detto:

        CORREZIONE IMMEDIATA

        Penso che alcuni [tra i] professori/architetti/professionisti operosamente elencati…

        e non penso che

        tutti i professori/architetti/professionisti operosamente elencati….

        Chiedo scusa, le parole, sono importanti.

        Ed è stupendo che qualcuno come l’Arch. Efiso Pitzalis possa chiamarsi fuori.

        Sarebbe fantastico se tanti onesti ci aiutassero a comprendere, non chi sono ma cosa sono, i lestofanti oggi.

        Sarebbe avvincente se lo spiegassero nelle conferenze, nelle presentazioni dei progetti, nelle lezioni, nelle aule… ..cos’è oggi l’etica nella professione dell’architetto?!…

      • Marco,
        grazie non conoscevo questo video non amo le ricostruzioni storiche ‘di parte’ soprattutto cinematografiche ma questo pezzo è significativo.
        Il professore del film assomiglia fisicamente al prof di archiwatch.
        Non ci sono dubbi che Giorgio Muratore sia un dinosauro.
        Mi chiedo chi siano gli artefici di questa diaspora architettonica che Franco Purini (forse coniata da Luigi Prestinenza Puglisi) chiama in modo edulcorato la generazione ‘Erasmus’ (ovvio è una domanda retorica).
        Marco, anche se non condivido alcune tue idee, resta in Italia c’è da abbattere i dinosauri.
        Saluti,
        Salvatore D’Agostino

  2. efisio pitzalis ha detto:

    dire “alcuni” invece di “tutti” senza fare nomi corrisponde sempre a sparare nel mucchio. E questo non fa onore al tuo diritto di critica.

    • Marco Sedda ha detto:

      Credo a questo punto che sarebbe logico estendere l’elenco a tutti gli architetti italiani.

      Ovvero fare il fascio con tutta l’erba.

      E invece io intravedo gocce di gelatina nell’elenco, l’elenco dei migliori!
      E’ necessario partire dai migliori.

      COS’E’ “QUESTO SISTEMA GELATINOSO”? IO SO

      Io so
      Io so i nomi dei responsabili
      Io so i nomi del gruppo di potenti
      Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (speculazione edilizia e distruzione del territorio italiano) di cui si sono resi colpevoli.
      Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno gli indizi.

      http://www.corriere.it/speciali/pasolini/ioso.html

      Pasolini sta al potere golpista
      come
      Uno studente o un neolaureato stanno al mondo dell’architettura

      Uno studente può solamente

      “cercare di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.”

      Denunciare? Fare i nomi? Spetta a chi sta dentro il sistema di potere, a chi possiede le prove.

      Noi possiamo solamente leggere, la verità, la realtà dei fatti ai quali siamo estranei e ricomporla dall’esterno.

      E questo prima che diritto è mio dovere come studente e cittadino.

      Detto questo l’elenco non l’ho scritto io, l’ho solo preso come spunto per parlare ai “grandi”.
      Il mio messaggio è questo: nel mondo dei “grandi” dell’architettura italiana c’è qualcosa che non va – lo dicono i fatti degli ultimi 60 anni.

      Qualcuno di questi vuole aiutarci a cambiare le cose o vogliamo che l’Italia e la nostra professione continuino ad essere “bellezze da distruggere”?

  3. Efisio Pitzalis,
    credo di essere stato chiaro la mia domanda al professore Giorgio Muratore era molto semplice: perché la critica italiana si è dimenticata di raccontare parte rilevante del costruito italiano?
    Questa domanda indicava una possibile via d’uscita: come ricostruire quest’Italia che non è stata osservata?
    Nell’inchiesta OLTRE IL SENSO DEL UOGO Sergio Polano mi ha inviato un suo scritto del 1992 (pre tangentopoli) le riporto un passo: «Una specie di opacità percettiva ma fors’anche un malinteso pouvoir di discriminazione elettiva, unito a questioni di clan e alla scarsità di tempo o voglia, paiono impedire a molti redattori, commentatori, opinionisti di azzardarsi al di fuori di recinti sicuri e di prevedibili scelte, per rischiare di conoscere e far conoscere (e di sbagliare, pure, come s’attaglia a ogni ricerca) non solo temi scabrosi ma anche soltanto nuove opere e progettisti diversi da quelli di repertorio, che sappiamo bravi anzi bravissimi.

    Problematico allora capire da tali fonti se la generazione vorace e forse un po’ cinica di grandi professionisti-accademici che domina la scena da decenni, indeformabile come i nostri politici, ha saputo allevare almeno qualcuno delle generazioni successive a fare architettura (buona, magari, cioè civile), se esistono dei “giovani” che non siano cinquantenni, se chi si affaccia alla professione deve attendersi solo delusioni, frustrazioni, corruzione e papocchi o non vi siano ancora ragioni per impegnarsi in un lavoro complesso e affascinante come pochi, se gli ordini professionali non possono svolgere un ruolo diverso da quello corporativo-passivo».
    Link: http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2009/07/0003-oltre-il-senso-del-luogo.html

    Ciò che mi lascia perplesso dello scritto di Franco Purini è l’elenco come dispositivo critico e non viceversa.
    La storia dell’architettura italiana, in senso ampio, non può essere letta attraverso le monografie degli architetti editi in questi ultimi anni dalle case editrici specializzate.
    La storia edile italiana ancora deve essere raccontata.
    In questa storia non ‘VIP’ devono essere inclusi i veri eroi dell’architettura italiana come dicevo a G. M: “Tu fai bene a non pronunciare il nome dell’architetto non noto perché temi le ripercussioni degli amici esclusi ma ti confesso che non esiste un architetto non noto ma esistono una moltitudine di gente che non essendo nelle corde del critico ‘IN’ lavorano ostinatamente per creare qualche isola architettonica (o meno) felice”.
    Marco Sedda nella sua irruenza giovanile (ben venga) pone alcune domande che condivido (poiché mi occupo da qualche anno dei temi marginali dell’architettura):
    È evidente che c’è qualcosa che non va, abbiamo gli strumenti critici per capire come non reiterare questi errori?
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

  4. enrico puccini ha detto:

    Al di là delle polemiche un dato inquietante…
    in Italia vengono consumati più di 600 ettari di suolo al giorno!
    (fonte elaborazione Italia Nostra da dati Istat)
    Mentre in tutto il nord Europa da anni si è aperto un fronte critico ( vedi pig city degli invisi Mdvrdv e affini) e si sta tentando di dare delle risposte amministrative e legislative ( vedi legge Merkel del 98 che ha imposto un graduale consumo in Germania da 120 a 30 ettari al giorno) da noi tutto tace….
    Come mai? come diceva qualcuno a pensà male…..
    Da un lato la ormai esacerbata critica allo star sistem dell’architettura che non fa null’altro auto alimentare
    proprio questo fagocitante meccanismo mediale…come diceva qualcuno basta che se ne parli…e dall’atro valanghe di Accordi di programma che piovono in Regione…
    Credo che il problema non sia fra buoni e cattivi architetti, critici e paesaggisti ma esiste da un lato lo scarso interesse innanzi tutto alla comunicazione di questi problemi ( fatti salvo Italia Nostra, Edoardo Solzano -eddyburg- e altri pochi facinorosi) e dall’altro una volontà di insabbiare la questione…
    Del resto L’industria delle Costruzioni e del Cemento è per indotto la prima in Italia e non è che si può mica bloccare di botto…cosa che del resto nessuno vuole! ma magari una sua lenta ricorversione dal costruito ex nuovo a per esempio, che ne so, alla manutenzione..abbiamo o no problemi drammatici persino nell’adeguamento ” a norma” degli edifici pubblici?
    certo bisogna incominciare a rinunciare a guadagni del 400% sul capitale investito…ma c’è la crisi e tutti dobbiamo fare un piccolo sforzo.
    Magari come sottolinea D’agostino dare vita a una nuova stagione della “Lettura dell’edilizia di base”potrebbe rivelarci cose nuove, magari impensate…non credo ci sia da adirarsi, a parte questo riferimento esplicito a Purini che si difende benissimo da solo , tuttavia se in questo paese si continuerà a costruire così dovremmo necessariamente rivedere
    i nomi dei Corsi di Laurea …Restauro e riuso delle macerie ..Architettura U.E. della superfetazione ..e Arredamento di interni +20%

    Un caro saluto

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