Marachelle alla chetichella … papi e dinosauri … all’ombra di Re Mattone …

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dopo la Pasta coll’arzilla, la Trippa, la Cicoria, la Coratella còi carciofi, le Puntarelle … un nuovo piatto della cucina romana:
Marachelle alla Chetichella …

La Stazione Termini ha cambiato nome …
Su questo imprevisto e imprevedibile evento, argomento che coinvolge insieme alla toponomastica il senso più profondo del valore della memoria collettiva e dei luoghi urbani, abbiamo ricevuto un commento di Pasquale Cerullo che volentieri, qui di seguito, vi proponiamo …

“All’indomani della morte di papa Wojtyla, sull’onda emotiva generata delle migliaia di fedeli accorsi da tutta Italia, l’amministrazione capitolina lanciò una proposta: la stazione principale di Roma sarebbe stata intitolata a Giovanni Paolo II. Vi sono diversi modi per interpretare questa azione del Sindaco e dei suoi consiglieri, anche dandogli buonafede, con grande fantasia, ma nessuna giustifica serve a far passare un’idea così “bislacca”. La Stazione Termini ha un nome che affonda le sue radici nella storia profonda di Roma, nessuno lo ha imposto, solo il popolo nel corso dei secoli, secondo una caratteristica marcante che connota quel luogo, zona di terme, le immense terme di Diocleziano. Nessuno si era sognato di dare un nome alla stazione, neanche quando nel 1950 fu inaugurato il nuovo edificio di testa, neanche quando, per costruire la prima stazione, tra il 1860 e il 1876, fu distrutta la Botte di Termini, il primo vero e proprio edificio, una cisterna a più navate, lunga circa 90 metri, che serviva ad alimentare le terme con una deviazione dell’Acqua Marcia.
La Consulta laica, istituita dal Comune stesso, di cui fanno parte numerose associazioni laiche, protestò fermamente. Dopo quel gran battere di tamburi, l’idea sembrò rientrare nei ranghi da cui era nata: la suggestione del facile consenso. Invece, ci sono cose che un comune cittadino non sa ‘vedere’, non sa calcolare. C’erano ancora le elezioni al di là da venire, non si poteva scontentare nessuno, un colpo al cerchio e un colpo alla botte. Così passate anche queste, in una tranquilla giornata festiva di fine anno, con lo sciopero dei giornalisti, ecco che alla chetichella, il simpatico Sindaco della città di Roma va a scoprire una targa, alla presenza di un alto prelato e pochi intimi, che titola il nuovo nome allo scalo ferroviario internazionale: Stazione “Giovanni Paolo II”.
Non si può fare a modo proprio della storia, secondo le convenienze, nessuno è così stupido da credere che Veltroni sia stato fulminato sulla strada di Damasco, è un politico, calcolatore e a questo punto anche cinico. La scelta del nome prima di tutto, non Karol Wojtyla, ma quello del papa, il capo di una Chiesa, di una religione, di uno Stato, utilizzando un bene pubblico, che non appartiene neanche al Comune, ma ad un Ente Statale. Poteva essere una piazza, una via, un edificio, una villa ma non un ‘porto’, luogo di incontro di tutte le culture, le religioni, i popoli.
Sbagliato il nome, sbagliato il luogo, sbagliati i tempi; a chi giova? Al popolo romano? Agli utenti della Stazione? All’amministrazione ferroviaria, che non spenderà denaro per cambiare le tabelle, le titolazioni, gli orari? All’incontro multietnico e la comprensione tra popoli? Gioverà ad una sola persona e questa persona si chiama Walter Veltroni, uno dei tanti sindaci di Roma, che avrà la benevolenza e l’appoggio perpetuo del Vaticano, che in fondo piglia quello che gli danno.
C’è una sottoscrizione al sito di Italialaica.it, chiunque può lasciare la sua firma, perché è una questione nazionale, non comunale come ha pensato il primo cittadino di Roma.
Non che ci sia da aspettare che il sindaco retroceda, ormai l’ha fatta grossa e andrà avanti con il suo ‘madornale’ errore coperto dietro le sottane dei cardinali. Ma almeno sappia che non si cambia impunemente la storia di una città, che ci sono cose ben più sacre come la memoria la cui manomissione ha conseguenze molto gravi, che portano alla miseria umana.
È bene che le sappia queste cose, il caro sindaco, che tanto fa per la sua città e per quella che lui ritiene una sua succursale.”
P. C. 14.1.07

Che Roma fosse, da sempre, la Città del Papa … c’erano pochi dubbi …
ma l’astuta inopportunità del recente evento riapre interrogativi piuttosto inquietanti sul ruolo, i modelli e gli strumenti della politica e dei “nuovi” politici in questo contesto …

P.S.
se l’edificio, già di Termini, e già FF.SS., oggi Grandi Stazioni (Benetton, Caltagirone, Pirelli …), il “dinosauro” … è stato ribattezzato nel segno del Papa, evidentemente in una prospettiva politicamente più ampia, …”allargata” … che oltre al probo Walter “dietro” non ci sia magari anche il bel Pierferdinando …
e quindi tutti insieme a maggior gloria Azzurra? …
a Roma, comunque, …
non si è mai costruito tanto come di questi tempi …
e Re Mattone … regna sovrano …

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3 risposte a Marachelle alla chetichella … papi e dinosauri … all’ombra di Re Mattone …

  1. Mirella Sartori ha detto:

    Piacevole “scoperta” quella del sito Archiwatch! Il merito è di un amico napoletano che me lo ha segnalato soprattutto a proposito del cambiamento del nome della stazione Termini di Roma.
    Invito coloro che sono, come noi, indignati per il comportamento del sindaco di Roma a far sentire la loro protesta e a sostenere le azioni che stiamo intraprendendo. Le notizie possono essere trovate su http://www.italialaica.it .
    Grazie comunque e auguri al blog di Giorgio Muratore.
    Mirella Sartori di italialaica.it

  2. isabella guarini ha detto:

    Condivido la protesta per il cambio di denominazione della Stazione Termini, perché ritengo fondamentale salvaguardare le denominazioni storiche delle città. In fondo, Giovanni Paolo II non ha alcun bisogno di essere ricordato dalla toponomastica, mentre il cambiamento di nome della Stazione Termini resta un atto di piaggeria laica nei confronti delle istituzioni religiose e di rivelazione dell’ obiettivo protorivoluzionario della sinistra di cambiare i connotati storico-culturali delle masse, anche quando non è necessario.

  3. Cristiano Cossu ha detto:

    >

    Mirella, sono d’accordo solo sulla “demagogia” del buon Warter… Non mi pare che in questo caso abbia senso fare una battaglia di laicità e sul cosiddetto “confessionalismo istituzionale”. Significherebbe caricare la decisione di una profondità storico-politica che assolutamente non ha. E’ pura demagogia. Tanto che mi vien da dire “povero GPII°…”, pure questo gli doveva capitare…

    Dopotutto, poi, il “secondo nome” dopo un pò non lo usa più nessuno… :-) e Termini rimarrà.
    saluti

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