“ … volevo andare negli USA … ma non potevo non vedere prima l’Italia … … sono quindi venuto in Italia da turista, in motocicletta (sull’Aurelia incrociai Coppi e il Giro d’Italia); arrivato a Roma, mi sono innamorato della città: Pensavo di vedere quasi esclusivamente edifici antichi ed invece c’era anche tanta architettura moderna … ho trovato un clima culturale frizzante, il cinema, la pittura, l’architettura in pieno slancio ed un grande interesse … continui dibattiti sull’architettura razionalista e l’architettura organica, discussioni tra pittura astratta e pittura figurativa … pensavo sempre che, prima o poi, sarei partito per gli Stati Uniti, ma ad un certo punto avendo quasi finito i soldi … ho cercato un lavoro … ho visitato vari studi, da Quaroni a Ridolfi a Moretti e finalmente lo studio Monaco-Luccichenti, che era sicuramente quello con più lavoro e dove fui ben accetto. Il lavoro mi sembrava molto interessante, i “patrons” dello studio simpatici e bravi. Lo studio era frequentato da personaggi incredibili: scrittori, poeti, “cinematografari”, pittori, scultori; conobbi Severini, Capogrossi, Turcato, Corpora, Cascella, Consagra e tanti altri. Dopo il lavoro ci si ritrovava tutti da Rosati …”
sarà aperta nei prossimi giorni a Roma presso l’Istituto Cervantes di piazza Navona (http://roma.cervantes.es/) la mostra dedicata ai cinquant’anni di professione di Julio Lafuente … per l’occasione un breve testo di presentazione … “
… Pur rimanendo l’opera di Lafuente troppo spesso appartata e al di fuori dei più consueti circuiti dell’informazione, hanno scritto di lui alcuni dei personaggi più attenti e sensibili, architetti e critici che hanno segnato i decenni appena trascorsi; in particolare ci piace qui ricordare l’attenzione con la quale la sua opera è stata, via via considerata; da Ludovico Quaroni, che forse vedeva nel suo lavoro il sogno realizzato di una “qualità diffusa” nell’urbano cui personalmente aveva sempre anelato senza esito; di Nello Ponente, capace di considerarne con attenzione i rapporti particolarissimi con le tendenze d’avanguardia della cultura figurativa contemporanea; di Helio Pinon, capace, meglio di altri, di comprenderne le complesse e sofisticate implicazioni teoriche ed ideali all’interno di una tensione disciplinare sicuramente esemplare; di Rafael Moneo che, prima come critico e poi come progettista, ha sempre dimostrato un’attenzione affatto particolare alle “invenzioni” architettoniche di Lafuente, facendosene spesso, a sua volta, interprete, rielaborandone e metabolizzandone etimi e poetiche e prolungando così, anche nella sua opera magistrale, la “lezione” di quello che ormai e a buon diritto possiamo chiamare un “maestro” romano …” (continua in Antologia)
Appassionato di trenini elettrici allora ,(e non ancora di architettura,forse),e con un nonno come si dice a roma “tassinaro”da sempre; lui appassionato più del nipote a inventare e costruire tracciati e plastici in scala HO:un giorno, di fronte,il problema “pensilina”,io sei forse sette anni,mio nonno sessantaquattro:lui mi guarda e mi fa:vedi un pò,tornavo dall’aereoporto…Era una copertura in plexiglas e una che io oggi chiamerei struttura portante fatta di tre (o cinque) pilastri forse, aperti a ventaglio.Io collegai.Del resto mia madre, con mio padre all’aeroporto l’accompagnavamo spesso.E’ ancora lì,la pensilina,e anche l’edificio Esso,lungo l’autostrada dell’aeroporto;purtroppo non c’è piu il protagonista dell’aneddoto..con il quale mi scuso per i toni un po malinconici.
Io sono stato allievo, ammiratore, collaboratore ed amico di Julio. Ci siamo conosciuti nel 1957 nello studio di Luccichenti e Monaco .
Quello che ho letto sulla Reppubblica su quello che stanno faccendo al progetto della Esso mi fa rabbia. Come si puo toccare un opera d’arte e di intelligenza strutturale come questa. Sarebbe come cambiare lo stadio di Nervi o il Pirellone di Gio PONTI.
Che cosa fanno gli architetti italiani per impedire tale scempio.
Scusate il mio italiano ma con Julio parlo francese.
Forza Julio . Un saluto
Raymond issa