Manifesto fu turista del Madeleinismo … “seconda parte” …

Riceviamo da Eduardo Alamaro l’attesa “seconda parte” del “Manifesto fu turista del Madeleinismo” …

“Cari amici Muratorini,
vedo e leggo che qui che nel retrobottega dell’Archiwatch c’è odore di formaggio…. e di formaggiere d’autore rubacchiate. Nonché di incarichiricchi-cchi profeggionali pezzottati … siamo tutti costruttori d’Italia!
Un memento allora: è il mio momento per inviarVi, a gentile V/s richiesta, la seconda parte del mio, anzi nostro, “Manifesto del Madeleinismo” del fu – turista del G/38. (La prima parte è stata pubblicata il 23 marzo scorso, nda).
Muratorini miei, azzuppare bisogna, all’arrembaggio dell’isola del Tesoro nostrano!! ‘O ffurmaggio ce sta …. e nun c’ò vonno dà … pigliammece ‘o furmaggio d’Italia, costruiamoci formaggiere d’autore, a misura nostra!!! Saluti, Eldorado

“Manifesto fu turista del Madeleinismo” (seconda parte)

4. contabile & cantabile
AAA… a distinguere la fase dell’architettura di carta da quella dell’architettura di pietra, mattone, cemento armato, acciaio, etc, oggi è solo la contabilità. Da un certo punto in poi le idee smettono di essere pagate a forfait e cominciano a costare parametricamente: un tanto moltiplicato per un numero illuminato. (OSRAM: Ommo Senza Renari Anima Morta è). Per quel che mi riguarda, i conti del G/38 a Le Madeleine – sempre limitatamente ai progetti che abbiamo seguito – hanno avuto due occasioni di scontabilità.
Nella prima, a conclusione della nostra consulenza al preliminare, abbiamo registrato costi casti che sono serviti per la gara di appalto integrato & integrale per le imprese inserite nella lista della Proiezione Civile.
Nella seconda, in occasione del compiuto dimetrico architettonico (a cui dovevamo dare solo un supporto supportabile di disegni e dati (chi ha avuto ha avuto, chi ha dati ha dati), abbiamo registrato una somma sensibilmente più altra.
Ma considerando gli imprevisti di cantiere e le inevitabili approssimazioni di un computo computerizzato basato su un preliminare di projetto, erano cifre ragionevoli. A far sballare i conti ci avevano (già) pensato le “maggiorazioni” previste nell’appolto di gare d’assaltoa ma assolto: ben il 777% di aumento dei compensi alle imprese ardite dovute alle loro difficoltà a lavorare su tre turni, a lavorare su “un’isola di un’isola”, a rispettare il cromo programma. Che artisti, che pittori, che eventi!
Io gridai sdegnato à la recherche du temps perdu: “comme s’avvita ‘a lampedina dell’architettura oggi!!!”
-II fiuto, il rifiuto solo, pasta alle belve!- E noi, come giovani leoni, inseguivamo conigli dal pelame nero maculato di pallide teste & croci, che correva via pel vasto prato del cielo violaceo, vivo e palpitante, tante tante. Eppure non avevamo un’ Amante ideale che ergesse fino alle nuvole fumanti la sua sublime figura di cacciatore. Né una Regina d’architettura crudele alla quale soffrire le nostre salme ben rosolate, contorte a guisa di anelli bizantini! Nulla, se non il desiderio di liberarci finalmente da quel fardello appaltato troppo pesante, per nulla pensante!
La maggiorazione è il contrario del ribasso, indietro tutta; se il ribasso è un potenziale competitivo a disposizione del concorrente alla gara, la maggiorazione ha la potenza inappellabile di una pre-condizione. Garantisce in partenza una compensazione d’azione per grandi imprese di prestazione che si trovano in una condizione di emergenza.
Ma l’emergenza, in questo caso era inoppinabile, se non chiaramente ridicolabile. La maggiorazione era piuttosto un premio di maggioranza preventivo e preventivato per la disponibilità a operare con urgenza l’assistenza.
L’urgenza però era selettiva: a La Madeleine c’erano compensi “maggiorati” per le imprese senza prese, a fili scoperti, ma non per i progettisti; stipendi “maggiorati”, assolutamente eccessivi, per i tecnici dell’Unità di Mission e i direttori dei lavori prelavorati, ma non per gli operai edili. L’urgenza maggiorata … beh, non era cosa per tutti… Comme s’avvitano le lampadine??? W la classe operata, WW il godere operaio!!!
E noi illuminati da Eldorado correvamo schiacciando su le soglie delle case i cani da guardia dei proci che si arrotolavano e salivavano; sotto i nostri pneumatici scattanti, come stuoini sotto il ferro da stiro da sturare. La Morte, addomesticata, aggarbata, appagata, ademonata, ci sorpassava ad ogni svolta, per porgerci la zampa con grazia e a quando a quando si stendeva a terra con un rumore di mascelle stridenti, mandandoci, da ogni pozzanghera del cantiere, sguardi vellutati e carezzevoli. Boja chi molla!!
Vaffanculo, le gridaiii, vade retro!! Usciamo dalla saggezza come da un orribile sguscio, e gettiamoci, bambenielli miei dell’architettura sognata & non annemonata, come frutti pigmentati d’orgoglio entro la bocca immensa e torta del vento, pizza sarda d’Oriente!
Diamoci in pasto all’Ignoto, non già per disperazione, ma soltanto per colmare i profondi pozzi pazzi nell’Assurdo del meccanismo perverso dell’appalato che a tutte le scale e i gradini divora la dimensione attrattiva del Costruire il bello, il buono, il saggio, che palle! 5. regista regiStato
Mi piace lavorare in gruppo ‘ngruppato, stando alla regia règia. Credo di saper scegliere molto bene chi lavora con me a Intermezzo, valorizzare i talenti con gli euro sonante di chi scelgo. Credo, mio Dio dell’architettura sempre sia lodato, di essere spesso & avvoltole approssimativo e ricreativo. Ma non ho dubbio alcuno che il gruppo di architetti che ha lavorato con me sul G/38 costituisca oggi una risorsa per l’architettura italiana di domani. E dopodomani.
Sono giovani arditi (media 50 anni circa), bravi, colti e immotivati, adrenalinici quanto basta e avanza, quanto riserve e riflessivi quando serve. Amano a mano a mano (come me) la politica non meno dell’architettura; e come me si illudono che si possano governare i fatti della politica controllando i fatti nostri dell’architettura. Che bambenielli presepi(senza)ali siamo!!! “Ingenua illusione d’Eldorado, e nei casi peggiori, sordida stoltezza!”, chiosa implacabile l’opinionista colto.
Avevo appena pronunziate queste parole à la recherche du temps perdu, quando girai bruscamente su me stesso il gruppo di collaborattori sopra detto e disdetto, con la stessa ebrietà folle dei cani che vogliono mordersi la coda, ed ecco ad un tratto venirmi incontro due turbonani, che mi diedero torto e ritorto, che strazio, che strozzi!, titubando e triturando davanti a me come due ragionamenti, entrambi persuasivi e nondimeno contraddittori. II loro stupido dilemma discuteva sul mio terreno…. Che noia ! Uffa !… Tagliai corto a torto le carte del progetto immateriale, e pel disgusto mi scaraventai colle ruote all’aria in un fossato d’architettura.
Abbiamo così vissuto insieme un periodo meteorologicamente straordinario, su un’isola di un’isola, con venti & eventi che portavano giornate grigie e burrasche politiche che portavano sole e luce economiche (comme s’avvita a lampedina???); a contatto e contratto con le raffiche, i temporali, le illusorie schiarite e tutte le imprevedibili e spesso ridicole sfaccettature, che sfaccimmatura!!!, della politica italiana.
Sempre a contatto con le aspettative e le delusioni e deduzioni dei cittadini e contadini avanzanti de la Madeleine: che azzuppata immaginata! E ci siamo tutti drogati (che sballo!!) del vertiginoso intercedere di eventi che ci avvolgeva e ci ha lasciato sfiniti e senza più l’ossigeno dell’ansia, della sorpresa, delle scadenze impossibili, dei colpi di scena, che scema. Non ci siamo ancora ripresi.
Sappiamo, dovremmo sapere, che la morte di un’architettura inizia ben prima della presenza di architetti, ben prima della fase dell’ideazione e idealizzazione; inizia quando l’architettura viene decisa, finanziata, programmata da chi l’ha voluta e richiesta. Che bambenielli d’Eldorado!!!
Ma neppure questa consapevolezza ci aiuta ad accettare il fatto & rifatto, difatto e difotto che – dopo quel periodo intenso e intonso, e i fin dei conti limitato nel tempo, che è il progetto – ad un certo punto dobbiamo necessariamente distaccarci da una nostra architettura. Mollarla, tagliare il cordone, accettare che viva senza più alcun legame con noi. Addio, va con le gambe tue, figlia mia! Vedi di azzuppare bene!
Distacco terribile dal cordone! La verità è che, quando ci appassionano e arrivano ad essere costruite, queste case di vetro, ferro, cemento & affari riescono a catalizzare un’affettività incontrollabile, che goduria; qualcosa che rende difficile anche solo l’idea di abbandonarle a sé stesse. Che bambenielli che siamo!!! Nun me piace cchiù ‘o presepio d’Eldorado!!!
(nota: il manifesto dovrebbe continuare, ma non ho più voglia di scriverlo. M’è passato ‘o ggenio!! Si avverte che ogni riferimento a fatti, persone e cose d’architettura realmente accadute o scritte a carico e discarico è puramente scasuale).”

E. A.

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3 Responses to Manifesto fu turista del Madeleinismo … “seconda parte” …

  1. isabella guarini ha detto:

    Quando fra qualche secolo qualcuno leggerà il Manifesto Futurista del Madeleinismo di Eldorado penserà a un codice e ci vorrà la pietra di Rosetta, ovvero mangiare una madeleine alla ricerca della ricetta perduta, per scoprirne il significato. Allora tutto sarà chiarito e verranno da lontano per conoscere il mistero del Madeleinismo. Le future archistar progetteranno un Museo a forma di Madeleine,di conchiglia saporosa, prendendo per la gola i re e i sudditi del futuro.

  2. emanuele arteniesi ha detto:

    Non ci può essere mai nessuna seconda parte per il Madelenismo. ‘o ggenio passa mica è un salottiero qualsiasi. Corre via come i bambini. Lascia a tavola le briciole tra le mani attente dell’artista da giovane distratto. Azzuppati definitivamente impastiamo la pagnotta

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