Alcuni illuminanti passi dell’articolo di Gianluigi Colin dedicato a Barbara Rose apparso sul “Corriere” di giovedì scorso: …
«La crisi economica? È fantastica. Rimarranno solo i veri artisti. Perché i veri artisti hanno la maledizione dell’arte e non hanno altra scelta». Barbara Rose parla con il sorriso sulle labbra, ma dice cose durissime. Soprattutto sugli artisti che non ama: «Koons, Hirst, Cattelan? Tutti sopravvalutati. Vogliono fare impressione, ma lo choc non dura nel tempo. I nipotini di Duchamp hanno rovinato l’arte. Basquiat? Vale davvero poco e il mercato è pieno di falsi. Per fortuna la storia e il tempo correggeranno tutto» …
La Rose è stata «dentro» la storia dell’arte con una passione e una libertà che non ha uguali e i suoi scritti hanno offerto una lettura fondamentale per comprendere e costruire una storia dell’arte che è storia del presente. Tra tutti vale ricordare il testo che ha scritto a soli 25 anni, “L’arte americana del Novecento”, che ha aperto la critica a un mondo fino ad allora pressoché sconosciuto: «Ho scoperto da poco una cosa incredibile: i soldi che quel libro ha fatto guadagnare all’editore sono andati alla Cia. Era tempo di guerra fredda e il volume, che aveva un finanziamento governativo, doveva servire a manifestare la grande potenza creativa degli Usa in confronto all’aridità della Russia».
Da poco ha pubblicato per Scheiwiller “Paradiso Americano”, una raccolta di saggi «sull’arte e anti-arte» dal 1963 a oggi …
Senza tanti giri di parole Barbara Rose accusa un sistema dell’arte senza più regole etiche che pensa soltanto al profitto: «Siamo in mano al marketing, nient’altro. Viviamo il tempo dei valori falsi confezionati per gente incolta e ignorante. Il problema è la distruzione totale del mercato dell’arte che non ha niente da fare con la qualità di un’opera. Oggi esiste solo la manipolazione del mercato controllata dalle case d’asta, ma ancor di più dalla pubblicità, dai libri e dai critici pagati, dalle feste mondane e dai musei. Sì, i musei sono il vero problema: certificano la qualità quando non c’e nient’altro che moda, scandalo e spettacolarizzazione. È il fast food dell’arte con il gusto di una pizza fredda» …
Per Barbara Rose anche in Europa non va tanto bene: «La crisi viene del fatto che i ricchi non hanno cultura e i colti non hanno soldi. Viviamo un mondo che non permette lo sviluppo del gusto. Oggi l’intelligenza, l’etica, l’estetica contano poco». Ne ha anche per i critici italiani: «Achille Bonito Oliva? Il suo problema è che si considera un artista. Per lui la più grande opera è solo se stesso. Francesco Bonami è molto legato alle logiche del marketing e capisce solo le regole del gioco. Germano Celant è il gioco». E salva soltanto Gillo Dorfles: «È stato il mio eroe. I suoi scritti sono ancora fondamentali per capire la decadenza del presente » …
Grazie … Barbara …
Parole “vere” e inconfutabili.
Confortante la riflessione sulla crisi economica, se così è… avanti tutta!
Grazie davvero per avere dato voce e visibilità a un pensiero sano sull’arte, la quale, a causa di molta ignoranza e altrettanta voglia di speculare, ha acquistato il senso di fenomeno e di “novità” quale che sia.
Uno per tutti Damien Hirsch, insopportabile, che ultimamente, quando la crisi economica non era stata ancora molto ben compresa, ha messo all’asta da Christies’ tutte le sue opere (escludendo dall’operazione critici e galleristi). Con la clamorosa vendita ha compiuto due operazioni: 1)- si è fatto straricco- 2) Le sue “opere” si spera siano state acquistate da collezionisti gelosi della privacy, così che le3 stesse opere siano ormai fuori dalla circolazione…
In effetti la crisi economica può avere il benefico effetto di demistificare le troppe “palle” che si fanno sull’arte, e può anche darsi che gli stessi artisti (già autodefinirsi artisti è una brutta cosa) ripensino al loro modo di operare, e in un sussulto di sana follìa, riprendano la famosa carta matita pennelli colori e tavolozza, e cuore, per lavorare con altro spirito e, magari, maggiore cultura.
Arte, architettura, movimenti espressivi in genere rispecchiano la società che rappresentano, cercare di stupire l’utente per poter far parlare di sé lo ritroviamo in tutte le attività…..maledetto Warhol e i suoi 15 minuti di celebrità!
” Il fast food dell’arte”: spendida definizione per il MAdre di Napoli. Giudicate dal video della Baccante in azione:
http://it.youtube.com/watch?v=0zDczldnAgo&feature=related