“Sembra quasi una provocazione, soprattutto se scritta in un blog come questo, intitolato Dov’è l’architettura italiana, ma è la verità; uno degli edifici contemporanei più belli di Roma, e con contemporaneo si intende realizzato negli ultimi 50-70 anni, è di un architetto danese.
Non si tratta di un edificio qualsiasi, ma dell’Accademia di Danimarca, dono dalla Fondazione Carlsberg, costruita su progetto dell’architetto Kay Fisker tra il 1962 e il 1967 nella zona di Valle Giulia nei pressi del laghetto di Villa Borghese, della Galleria Nazionale di Arte Moderna e della storica Facoltà di Architettura.
http://dovelarchitetturaitaliana.blogspot.it/2014/06/accademia-di-danimarca_16.html
Grazie”
Stefano Nicita
Ricordo con piacere e quasi un po’ di “commozione”, questo edificio…
E’ la prima “architettura romana” che ho visitato e studiato da vicino da giovane studentello della facoltà di architettura. Era la seconda lezione del corso di Composizione Archiettonica I, nonchè la seconda lezione in assoluto della mia esperienza in quella facoltà, ed il prof. Giancarlo Rosa ci portò lì. Ci fece visitare gli spazi interni, con calma, come quando si gusta un piatto semplice e genuino; quasi in silenzio, o con poche semplici annotazioni… Poi l’esterno, dove ci lasciò liberi di disegnare sul nostro taccuino (quello che ci avevo detto di comprare, dandoci precise misure e grammatura della carta, nella prima lezione)… Fu un limpido e fresco mattino di ottobre, di molti anni fa, che ricordo ancora oggi con un piacere speciale… in cui ho “gustato” particolari di cui ancora oggi tengo conto nelle mie esperienze progettuali…
Dov’è l’architettura italiana? Proprio lì, poco lontano, dietro la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, nell’Ala Cosenza dedicata alla Vergogna Contemporanea. L’unica sua colpa è di stare nel retro-cortile dove non la vede nessuno. Neanche chi bazzica la Facoltà d’Architettura, oramai mesmerizzato, si scandalizza più. Che strazio guardare Google Maps, come ci indica Stefano! Una meravigliosa composizione di corpi di fabbrica ben composti tra loro, ali unidirezionate che assecondano l’andamento di Valle Giulia, cortili, scalinate, macchie di verde e poi lì dietro, oscura, seminascosta, semidistrutta, si intravede, come un bunker di Omaha Beach sulla costa normanna, una lunga linea grigia che tanto contrasta con la candida linea dell’Accademia. Amleto stesso si porrebbe, dopo la prima, un’altra esistenziale questione: “Ma il marcio è in Danimarca o altrove?”
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