Ancora a proposito del “mestiere” e della “professione” di Architetto …

Si è inaugurata ieri e resterà aperta fino al 7 dicembre presso l’Accademia nazionale di San Luca e l’Istituto Nazionale per la Grafica la mostra intitolata “Mario Ridolfi architetto”
Poteva e doveva essere un’occasione straordinaria per parlare dell‘architettura italiana…
Ma se questa voleva essere la storica “mostra del centenario” per rivalutare, finalmente, con respiro internazionale, strappandolo all’abbraccio soffocante degli epigoni in una prospettiva critica capace di uscire dal Grande Raccordo Anulare e dalle forre delle Marmore, la figura del povero Mario Ridolfi, il flop è stato assoluto …

Dopo trent’anni niente …
assolutamente niente più di quanto non si sapesse e fosse stato oggetto di attenzione già per celebrare i settant’anni del Maestro, fatta eccezione di un bel disegno casualmente ripescato nell’archivio La Padula e peraltro già esposto recentemente a Roma nel chiostro del Bramante e di un trinariciuto documentario dei primi sessanta che deve già aver accompagnato i sonni pomeridiani di intere platee in attesa, tra pop-corn, bomboniere, ave Roma, fusaie e bruscolini, di qualche italico western o di qualche porno-soft generosamente interpretato da qualche odierna signora-bene del made in Italy …
Sarebbe stato sicuramente più carino ripubblicare, pari pari, i due storici fascicoli di Controspazio (poveri, onesti e fatti in casa) piuttosto che smerdare con tanta volgarità e pacchianeria la memoria di un grande architetto … un osceno numero speciale di Controspazio, che funge da catalogo, accompagna, infatti, la sdoppiata mostricciola che si snoda tra le angustie basamentali di palazzo Carpegna e di palazzo Poli …
Splendidi, comunque, alcuni disegni ridolfiani che, per loro e nostra fortuna, hanno la forza di parlare da soli …
Ma almeno un’idea, mezza idea … oltre a quella dei plastici di marzapane fatti col computer, avrebbe potuto salvare la situazione …
dopo quella di De Carlo, un’altra occasione sprecata, con l’avallo e l’imprimatur delle istituzioni più prestigiose, da San Luca alla Darc …
Peccato, anche così si uccide l’architettura italiana … inutile poi scrivere tante lettere ai Presidenti per “salvarci” l’anima e il resto dagli stranieri …

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4 risposte a Ancora a proposito del “mestiere” e della “professione” di Architetto …

  1. Ovidio Sbrissa ha detto:

    Caro Professore

    Essendo straniero, Canadese, capisco l’odio che voi Italiani avete per quei “stars and signature architects” che smerdano il vostro territorio. Succede anche qui da noi. Ma non e importante centrasi su questo soggetto… il mondo e grande e le opportunita per architetti, immemse. E meglio mettere a fuocco il “Per “salvarci” l’anima”. A proposito…

    Sono un po confuso. Lei parla del “uccidere l’architettura italiana” come un’azione che sta succedendo, e, Ugo Rosa, ci informa che “L’architetto è estinto perché non ha più la sua misura”.

    Dal leggere le risposte alla vostra prima lettera, credo che Rosa e piu vicino a colpire il marchio (closer to hitting the mark).

    In ogni modo, come qui in Canada, evidentamente, voi la in Italia sofrite di piu! E di cosa? Ben, imbarazzamente devo amettare che qualche anno fa ho leto uno dei libri di Camille Paglia, e mi ricordo un suo pensiero “Man is not merely the sum of his masks. “Behind the shifting face of personality is a hard nugget of self, a genetic gift”

    Sono sempre stato convinto che l’architetto e nato e non fatto, almeno no nelle academie contemporanee; oggi sono convinto che la gran parte dei architetti si sono dimenticati di quella “hard nugget of self”, quel suo regallo genetico, and have died (sono morti), come dice Rosa del architetto… È morto per elefantiasi ed è morto dal ridere. La mia madre mi dice sempre, in dialetto Veneto, “fermati a ridere come un buratin, fate serio, cretin!” Dobiamo rinforzare quella pepita del’io.

    Cordialmente
    Arch. Ovidio Sbrissa
    Ottawa, Ontario, Canada

  2. alessio lenzarini ha detto:

    Premettendo che non ho avuto purtroppo occasione di vedere la mostra su Ridolfi, sono rimasto colpito e incuriosito dalla chiusura dell’articolo di Muratore ovvero da quel “salvarci l’anima e il resto dagli stranieri”. Sinceri complimenti per l’ironico sottinteso, ma che vuole dire questa storia dell’anima e degli stranieri? Le mostre su di un architetto morto da vent’anni si fanno per rilanciare l’Architettura italiana oggi? Dobbiamo percepire come un problema il fatto che finalmente, dopo anni di isolamento, alcuni dei più grandi architetti internazionali comincino a lasciare qualche traccia anche in Italia? Dobbiamo percepire come un problema il fatto che finalmente si intravedono segnali di abbandono del nostro orgoglio da belpaese conservativo e contestualista e si cominciano ad apprezzare poetiche genuinamente contemporanee, che analizzano la complessità e la contraddizione del nostro tempo? E’ vero che spesso le grandi firme dell’architettura internazionale vengono conclamate ed elette entro meccanismi di marketing culturale mediatico, che poco hanno a che vedere con analisi critiche dell’opera, ma tutto questo fa parte di un gioco pubblicitario che, purtroppo, fa a sua volta parte della nostra società: dovrebbe stare a noi architetti comprendere criticamente la differenza fra il grande studio asettico di architettura, famoso solo in quanto ha costruito milioni di mc in tutto il mondo, e il grande architetto, pensatore e artista, che cionondimeno ha saputo creare una struttura professionale di respiro internazionale. D’altra parte, l’esempio più eclatante di celeberrima archistar mediatica, dal bassissimo profilo compositivo e poetico, mi pare che ce l’abbiamo in casa…

    buona giornata a tutti

    alessio lenzarini

  3. Andrea Amadio ha detto:

    Inizio salutando, perchè il resto va letto bene, con attenzione, per capire che ciò che scrivo è si un commento a quello che viene detto, ma vorrebbe diventare (senza presunzione alcuna) un momento di riflessione.
    Io credo di si, rispondendo arch. lenzarini, che ci si debba preoccupare, ma più che di quello che gli altri progettano a “casa nostra” di quello che si pensa in “casa nostra”.
    Si parla di celebrazioni, di architettura e di segni importanti lasciti nel tempo (o forse concessi dal tempo), esempi di come si fa o non si fa qualcosa, magari in “stile italiano”…
    bene… sono d’accordo… l’argomento mi piace e mi piace per la profondità che vuol raggiungere, con l’ironia sottile e con tutto quello che ci si vuol legare… anche con la polemica allora.
    Polemica? Si, polemica!
    Magari a molti non piace “polemizzare” ma personalmente ho un difetto: non amo quando si vede solo quello che si vuol vedere!
    Su questa premessa non me ne si voglia se chi scrive ha solo 27 anni, perchè chi scrive è consapevole della propria età, meno consapevole invece del perchè l’Italia (Paese a cui appartengo ma che non mi vuole) non sfrutti le sue risorse!
    La questione NON ruota su chi fa o non fa architettura, ne tantomeno verterà su chi è più artista o star o lavoratore, ma la questione è quella di capire CHI fa qualcosa!
    In Italia il lavoro ruota attorno ai soliti quattro o cinque nomi (nomi importanti, niente da dire!) ma quello che manca credo sia una competizione giusta su cui puntare per rilanciare un’idea di stile.
    Ciò che manca non è lo stile o il fare architettura, ciò che manca è la possibilità di potersi esprimere senza dover pagare, senza condizioni, senza limitare chi ha creatività da vendere o cose da dire, perchè tutte queste cose provengono dalla stessa fonte da cui quei quattro – cinque nomi (come tutti gli altri), hanno attinto per ispirarsi e intraprendere un mestiere che, come tutti i mestieri creativi, se non li si sa trasmettere, vanno persi.
    La politica da seguire, non è quindi lo sfruttamento dei giovani al servizio dell’esperienza di altri, ma la creatività e l’estro giovanile al servizio di uno scopo comune (lo studio per cui si lavora o il nome a cui si risponde).
    L’estero vince perchè vede nei giovani una risorsa su cui puntare, mentre in Italia le nuove leve sono un peso di cui sbarazzarsi… ma senza ricambio generazionale, senza spazio lasciato dai grandi o concesso dai piccoli, l’unica cosa a cui si andrà incontro saranno Stati esteri più creativi e ricchi di stile, e ciò che farà più male sarà il vedere che lo stile sarà quello italiano, ma senza nessuno a testimoniarne l’appartenenza.
    Non si vive di soli ricordi, spesso il futuro si deve saperlo leggere nel presente, magari concedendo poco oggi per avere qualcosa di più nel domani.
    Oggi le strade per chi vuole entrare in competizione sono tutte chiuse e senza frontiere è si più facile dire la propria… tranne che a casa nostra!

    Credo, guardandomi in giro, che questo sia solo un peccato e uno spreco, perchè finite quelle quattro – cinque persone, i nomi italiani su cui fare mostre saranno sempre meno…

    purtroppo!

    Andrea Amadio

  4. Emilio Baggio ha detto:

    Buongiorno e scusate innanzitutto il disturbo …
    navigo fra siti e segnalazioni di studi di archetettura d’Interni …. sono un geometra diplomato e da oltre 10 anni sono titolare di un laboratorio di realizzazione di arredi d’interni su Misura. Sono alla riceerca di nuovi contatti ed opportunità di lavoro. Vorrei cortesemente sapere se c’è qualche studio di Architettura disposto a darmi una mano e dei contatti interessanti.
    Ringrazio sin d’ora per ogni Vostra segnalazione utile e garantisco la massima serietà, disponibilità e qualità !!!
    Cordialmente.
    Arredi d’Interni su Misura Emilio Baggio
    Via Cattaneo Z.I. 55 – 22078 Turate (Como)
    Tel/Fax : 00390296342392
    E-Mail : emiliobaggio@libero.it

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