L’ARCHITETTURA QUANNO C’E’ SE VEDE …

CAM04266“Caro Prof.,
è vero! Puoi anche avere la testa tra le nuvole….no! un architetto non deve mai avere la testa tra le nuvole!….puoi anche essere distratto dai tuoi mille pensieri però, come dice Lei, “L’ARCHITETTURA, quanno c’è, se vede”. Lei lo dimostra con l’elenco di dettagli, di colori, di misure vitruviane. Ma l’ha mostrato anche Eldorado in quella semplice casetta verso Miseno dai colori e dalle misure mediterranee che, pur schiacciata tra due anonimi caseggiati, è così vivida e vitale. A me la stessa impressione capita ogni volta che mi si chiede di andare a prendere a scuola le mie nipotine. Questa bianca casetta che le sta di fronte, anch’essa schiacciata tra due anonimi condomini periferici con le verande sfacciatamente abusive, attira ogni volta la mia attenzione come l’eleganza e le giuste misure di molte mamme che richiamano i loro pargoli attira rispettosamente e naturalmente il mio fuggevole sguardo: essenziali, senza niente di superfluo, con le giuste misure. Ogni bambino immagina così l’archetipo di casa che è chiamato a disegnare. Per quanto pochi della mia generazione l’abbia inteso, compreso, studiato negli anni di Valle Giulia se non i lettori di “Controspazio”, Aldo Rossi lo riconosco soprattutto in queste parole che desumo, per sintetizzare e se non è volgare, da queste righe di Wikipedia: “La sua soluzione è stata l’utilizzo degli Archetipi. Questi sono delle forme ricorrenti nella storia dell’architettura, forme che vanno a costituire un vero e proprio richiamo alla cittadina (?) esistente, rendendo il proprio risultato allo stesso tempo innovativo e tradizionale. Molti sono stati gli archetipi utilizzati da Rossi nella sua carriera e la loro bellezza sta nella facile riconoscibilità da parte di tutti, sia dall’esperto che dal ragazzino”. Questo piccolo edificio mi fa anche tenerezza perché apprezzo la sua resistenza a una urbanizzazione che l’ha circondato, lui che dominava dal suo poggio, fino a pochi decenni fa, la campagna vuota. In Cina, queste case che provano a resistere al cemento, le chiamano “case-chiodo”! Certo, questa bianca casetta avrebbe bisogno di qualche restauro ma l’anziano signore che silenziosamente vi vive, senza curarsi della confusione dell’uscita dei fanciulli, dedito alla sua pergola di vite, al suo orto, ai suoi piccoli lavori, suscita, quanto basta per lenire una coscienza urbana deviata, la mia invidia. Anche la targa della via le porta rispetto, ricordando una grande famiglia. Vi abiterei volentieri, come tutti quelli che hanno sognato troppo e adesso sono un po’ stanchi. Per esempio, non riuscivo a capire l’insistenza di Renato Nicolini a voler recuperare il Quadraro nel quadro del PRG. Mi sembrava ci fossero altre urgenze, specialmente da quando ero andato ad abitare poco lontano in un quartiere che, tra Comune, cooperative bianche e rosse e imprese sfuggenti, lottava per portare a compimento il piano di zona. Per me di San Giovanni, Quadraro o Mandrione erano zone da non frequentare. All’improvviso erano diventate invece necessarie scorciatoie per tornare a casa. Il pensiero di Pasolini avvolgeva quelle casette a uno, due piani come il vicino Gordiani. Così è stato fino a pochi anni fa finché il costo delle abitazioni e la zona, comunque ottimamente servita, l’ha reso appetibile al mercato immobiliare. Qualche giovane architetto, amico di mia figlia, vi è andato ad abitare rinfrescando le mura. Molti abitanti stanno seguendo il civile esempio di ridare dignità al piccolo quartiere stretto tra l’Acquedotto Felice e il Mausoleo di Alessandro Severo detto “Monte del Grano”. L’ultimo arrivato ha azzardato una piccola ma significativa costruzione. Anche lui, per l’eleganza delle semplici soluzioni, evidentemente un “compagno di merende” (i giovani architetti infatti hanno difficoltà molto spesso a mettere insieme pranzo e cena), ha osato mettere insieme soltanto quattro mura e due spioventi, come il “casus belli” di questa conversazione. Ne è uscita fuori una signora casa che si ricorda anch’essa molto più delle palazzine anonime anni ’60 che la precedono. Logicamente non faccio l’elogio della casa unifamiliare. Lo stessa istintiva attrazione che lascia alle spalle ogni intellettualistica convinzione, me la causa il grande edificio di Saverio Muratori a Piazzale Spartaco o l’edilizia di Viale dei Romanisti a Torre Spaccata. Solo che adesso si comprende l’intelligente lettura di una edilizia e di una zona, come tutte le periferie considerata anonima e priva di attrazione, fatta con encomiabile anticipo e con finezza da Renato Nicolini. .Anche l’articolo di Renato sull’edilizia del Quarticciolo non era soltanto un omaggio a suo padre ma la riaffermazione che ”l’Architettura è cosa diversa da come ce la raccontano”. Logicamente lui immaginava, da politico schierato, una soluzione pubblica d’intervento ma tant’è. Molto meglio questo che il nulla in cui il Quadraro e tutta la cintura potrebbe essere costretta a sprofondare. E’ sufficiente aumentare loro, non appena il cittadino con i suoi sacrifici vuole uscire fuori dal disagio, le rendite catastali e tutto il resto.
Sergio 43

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2 risposte a L’ARCHITETTURA QUANNO C’E’ SE VEDE …

  1. Manuela Marchesi ha detto:

    Mi piace la casa, mi piace il racconto di Sergio 43

  2. Pingback: BELLO CASELLO … | Archiwatch

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