DOPO L’INFERNO … IL PARADISO …

borgo corviale progetto mazzola

Da Ettore Maria Mazzola: …

“Caro professore,

Spero di far cosa gradita segnalandole questo post su “La Capanna in Paradiso”. Si tratta di un approfondimento di alcune riflessioni che avevo già fatto in occasione del dibattito su Corviale che si è tenuto sul suo Blog

http://lacapannainparadiso.blogspot.it/2014/10/architettura-scienza-e-coscienza.html

cordialmente”

Ettore

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14 risposte a DOPO L’INFERNO … IL PARADISO …

  1. ettore maria mazzola ha detto:

    grazie!

  2. Liuk ha detto:

    Fico! Sembra un presepe!

    • Sergio De Santis ha detto:

      Faccia meno lo spiritoso …che non le conviene.
      Io l’ho avvertita.

    • Andrea Di Martino ha detto:

      Molto divertente ‘sto “Liuk” (ma chi è… un testimonial dell’Algida? Vabbè che semo un paese de gelatari, però…). Comunque è sempre mejo un presepe che un museo delle cere. Del resto quello di Ettorino è un presepe vivente (nel senso di abitabile). Ve pare poco?

      • ettore maria mazzola ha detto:

        più che guardare all’immagine che il moderatore del blog ha voluto inserire, dando adito alle solite uscite infantili che fanno capo sempre alle stesse persone, sarebbe meglio leggere il testo e andare oltre le patetiche polemiche ideolgiche

      • sergio de santis ha detto:

        “Spachettari” … Andrea … Spachettari!

  3. Anna Civita ha detto:

    Il testo l’ho letto ma mi sembra utopico e francamente un passatista.
    Comunque prima di pensare a demolire la parola riqualificare è contemplabile?? Anche grazie alla partecipazione di chi quei luoghi li ha vissuti e li vive ancora .
    Anche il presepe lo devi organizzare …. ha bisogno di strade, di botteghe, di spazi aperti, di luoghi di aggregazione, di verde , di capanne e anche di accessi e scite facili per respirare insieme al resto del quartiere e della città o paese. Anche il presepe necessità di manutenzione periodica sennò il muschio secca , l’acqua non scorre la neve si scioglie.
    E mentre si demolisce e si ricostruisce gli attuali abitanti scusate vanno come le statuine del presepe in scatola e nel ripostiglio?? Cos’ tanto per capire meglio la fattibilità , visto che si parla tanto di persone e della loro vita, si appunto…la vita ma sempre quella degli altri…!

  4. Enrico Bardellini ha detto:

    Avvertenza! Non adatto agli adepti di Le Corbusier: “La decorazione è di un ordine sensoriale elementare, com’è il colore, ed è adatta alle razze semplici, ai contadini e ai selvaggi”

  5. Enrico Bardellini ha detto:

    Il nucleo dell’articolo di Ettore è incentrato su una problematica etica “che la soluzione risieda nell’interdisciplinarietà, nell’umiltà e nella capacità di saper ascoltare, piuttosto che nel supporre si sapere tutto”, difetto quest’ultimo di molta architettura contemporanea!

  6. Andrea Di Martino ha detto:

    però lo vedi che ciavevo ragione io, ettorì? Se anche tu vai a rileggerti il testo noterai che hai usato anche tu il termine “pittoresco” (sia pure indirettamente attraverso una citazione di Marconi)… Qui se tenta addirittura de giustificà la serpentina romana (che poi come dici è ‘no “steccone”) co’ la serpentina genovese, che è appunto ‘na serpentina in senso letterale (proprio come il Royal Crescent di Bath), e che nel suo articolato adagiarsi alle curve di livello pretende di sortire qualche effetto pittoresco, ma solo in pianta (e non oltre una certa misura), mentre il tuo progetto è pienamente pittoresco sia in pianta che in prospetto, nel senso appunto sintetizzato da Marconi. La verità è che c’è pittoresco e pittoresco, per il semplice motivo che c’è architettura e architettura. Come certamente saprai, Zevi era solito dire che anzichè giudicare il moderno sul metro dell’antico, bisogna giudicare l’antico sul metro del moderno. Ebbene, se giudicassimo il Royal Crescent sul metro della serpentina genovese, allora il primo ci parrebbe perfino meglio di quello che è (e probabilmente è già notevole se giudicato in se stesso), ma questo non significa che bisogna ricalcarne lo stile in ogni luogo e in ogni tempo. Significa soltanto che l’operazione genovese, così tanto decantata (anche da parte di Zevi), poteva essere portata avanti con un po’ più di fantasia, fermo restando quella modularità di fondo che tutto sommato traspare anche a Bath (ed è bene che sia così, giacchè l’architettura, non dimentichiamocelo, è anche e soprattutto una questione di natura tecnica; in fondo è lo stesso motivo per il quale Loos amava così tanto l’architettura dell’antica Roma). Dicevo poc’anzi che c’è pittoresco e pittoresco. Ecco, potrei anche dire che c’è modularità e modularità. E ciò indipendentemente dallo stile e dal contesto, anche nell’ipotesi che le due cose siano (o debbano essere) legate. Perciò una scuola di architettura degna di questo nome dovrebbe insegnare a padroneggiare tanto la modularità quanto la “pittoreschicità” (mi si passi il temine un po’ pittoresco). Ma per far questo, bisognerebbe ripartire dalle questioni di natura tecnica, e, dal punto di vista urbanistico, mi verrebbe da dire anche di natura tipo-morfologica (rapporto tra tipologia edilizia e morfologia urbana), se nun fosse che poi verrei accusato de “filorossismo” (manco se er concetto de tipologia l’avesse inventato Rossi). Insomma, tutta una serie di questioni che prescindono completamente dallo “stile” così come viene inteso dal New Urbanism ma anche dai docenti nostrani (vale a dire la “porosità” di Holl e altre stronzate di cui gli stessi docenti troppo spesso si riempiono la bocca). Solo così possiamo avere la certezza di non uscire mai dal campo dell’architettura, e soprattutto dal campo dell’urbanistica. Sennò famo come quer Colarossi che di fronte al mio progetto di urbanistica 2 ebbe a dire: “il progetto manca di qualità urbana perchè chi cammina in una piazza non capisce cosa succede nell’altra” (come se un concetto che vuole essere di natura tecnica potesse prescindere perfino dal significato semantico della frase)… https://www.facebook.com/277076915777436/photos/a.277094375775690.1073741828.277076915777436/277101265775001/?type=3&theater

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  9. ettore maria mazzola ha detto:

    Gent.ma Anna Civita,
    prima di sparare sentenze del tipo “mi sembra utopico e francamente un passatista” sarebbe utile documentarsi.
    Inoltre, prima di parlare di “riqualificare” (le ricordo che il suffisso “ri”, per assurdo, presume che una qualità preesistente sia andata perduta) sarebbe il caso di pensare se ci siano le condizioni di vita accettabili nelle “case-loculo” a ballatoio, oppure se i materiali dell’edificio attuale possiedano delle proprietà durevoli o meno.
    A tal proposito sarebbe utile riflettere sul fatto che, trattandosi si edilizia pubblica, i costi (PUBBLICI) di manutenzione necessari a tenere in vita a forza un edificio che, geneticamente, vuol morire, non sono supportabili.
    Poi mi chiedo una cosa: se la disturba il “passatismo”, ergo un atteggiamento “conservatore”, come mai non la disturba l’idea di “conservare” il mostro di Fiorentino & co?
    Per sua conoscenza, se proprio vogliamo parlare del mio progetto (che non è l’oggetto dell’articolo sebbene sia stata riportata un’immagine da parte del moderatore del blog), non solo lo stesso è supportato da uno studio socio-economico di fattibilità, non solo si è basato sulle richieste dei residenti (vedere gli atti del convegno “recupera Corviale” del 2001 e molto altro ancora) ma include anche uno studio delle fasi di realizzazione atto a non ripetere l’esperienza delle deportazioni fasciste dei residenti dei quartieri sventrati.
    Purtroppo devo informarla che non si tratta né di utopia, né di una mia invenzione. Nel primo caso basterebbe vedere ciò che accade all’estero (per esempio nella vicina Parigi dove un abominio stile “ZEN” è stato rimpiazzato dal quartiere Plessis-Robinson, il più ambito del mercato immobiliare locale degli ultimi 20 anni), mentre nel caso della strategia economica, mi sono limitato semplicemente a mettere in pratica ciò che l’ICP faceva prima della Legge fascista sui Governatorati del 1925.
    Grazie al lavoro – invisibile a chi si limiti a criticare guardando le immagini di un’architettura che per ragioni ideologiche non condivide – che c’è dietro quel progetto, lo stesso ha ricevuto ne 2012 un prestigiosissimo premio da parte dell’International Making Cities Livable (del quale fanno parte sociologi, economisti, medici, psicologi, fisiologi, neurologi, architetti, urbanisti, politici illuminati, ecc.).
    Qui a Roma il progetto (che, non mi stancherò mai di dirlo, non rappresenta “IL” progetto ma “UN” progetto) è stato ostracizzato da parte di personaggi inqualificabili che, pur non risiedendo a Corviale, hanno fatto dell’ecomostro la propria fonte di guadagno e gestiscono tutto ciò che ruota intorno a Corviale, organizzando mostre, convegni e manifestazioni che si guardano bene dal far sapere che esistano delle alternative all’iperprotezionismo di vuol mantenere in vita l’edificio simbolo della follia ideologica, che ha visto testare su 6500 ignare cavie umane un esperimento (vedere il testo con l’intervista a Fiorentino riportato nell’articolo) urbanistico-architettonico.
    Le consiglio di leggere il link e il link alla mia paper riportato al suo interno, dove potrà capire un po’ meglio come la cosa è strutturata.
    Questo è il link
    http://www.livablecities.org/blog/2012-imcl-special-awards-0
    Cordiali saluti
    Ettore

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