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LA passione è tutto è un grande motore i fa avere sempre la smani che alimenta la curiosità che ti porta all’incessante ricerca …non importa di cosa, ma vai avanti e se insisti trovi ! Così nascono certe perle . Grazie e davvero magari ce ne fossero
Uha, chi si rivede? Ossessione!!! Le magiche riggiole napoletane, il pavimento delle “rose di Palizzi” inventate al M.A.I. di Napoli; uno di quei segnali di speranza progettuale della Scuola-laboratorio di Gaetano Filangieri a fine ‘800; uno di quegli esercizi di ornato geniale manufatti a partire dal vero con amore e sentimento; pieni di innovazione tecnica-formale emersa dalla tradizione figurativa di un popolo (già) sovrano d’arti.
E’ questo del MAI una mia Ossessione. Un nodo storico-critico operativo che sento vivo e palpitante, talora ancora sanguinante e pulsante. Un coacervo di energie che nel 1984 battezzai d’impeto, in una fortunata mostra da me curata al M.I.C. di Faenza-ceramiche: “Il Sogno del Principe” (catalogo Centro Di, Firenze), che in copertina godeva di un altro exploit di Palizzi, direttore artistico delle scuole-Officine del M.A.I.: una mattonella maiolicata 20 X 20 di rondini in volo, su fondo azzurro, un sogno a occhi aperti. Il sogno del Principe, il mio, il nostro.
Odierno e futuribile. Quello che talvolta de-scrive con passione e ragione, su questo blog, Giorgio Muratore. Quando ad esempio rievoca e ri-propone, come nel caso di Emanuele Caniggia: “la vicenda paradossale e disperata di quella fondamentale tappa della nostra cultura (unica vera finestra che si tentò di aprire sull’Europa) che fu il Museo Artistico Industriale romano.” E il Museo Artistico Industriale di Napoli non era certo da meno di quello fratello romano, anzi, a fine ‘800 e oltre.
E perciò fu per me una grande gioia incontrare un muratore-scrivente che annotava: “è infatti a far data da quella storica vicenda del MAI, tutta costellata di difficoltà politiche, ma anche e soprattutto culturali, che si può e si deve ripartire per ricostruire, anche per la nostra città, un itinerario del senso relativo al manifestarsi delle cosiddette “arti minori”.”
Ed infatti 30 anni fa io riaprii, con le mie piccole forze non accademiche, quella finestra napoletana di Gaetano Filangieri sull’Europa. Riaprii agli studi gli scuri delle finestre del M.A.I. ben serrati; sciolsi (o tentati di farlo) il nodo del Museo – Scuole – Officine versus quelle dell’Accademia delle Belle arti, cioè della progettualità ad esse sottese, coi collegamenti con l’Europa, (Vienna sopratutto), ecc… Ma anche il legame indissolubile del MAI col coevo Museo civico “Gaetano Filangieri” di Napoli, che è l’altro braccio dell’eccezionale intreccio museale civico-artindustriale di Napoli filangieriana alle soglie dell’era Nitti. Colui che seppellisce di fatto questa “progettualità morbida” e progressiva di una certa calasse dirigente post/unitaria e apre a quella “tosta” e a tappe forzate dell’ILVA di Bagnoli ‘900, da vent’anni malamente conclusa, com’è noto.
Piera Leonetti, presidente dell’Associazione “Salviamo il museo Filangieri onlus”, che fotografa bene sin dalla titolazione la drammatica realtà odierna di questo sfortunatissimo museo civico (e per carità di patria non dico del M.A.I. di Napoli oggi, nda), nel trentennale del mio “Sogno del Principe”, mi ha permesso di rievocare quelle vicende in quelle fascinose sale civiche filangeriane. Una cosa per me struggente riandare in quelle vecchie carte entusiasmanti di 30 anni fa; a quelle diapositive e a quel Sogno di una Napoli laboriosa e fattiva, oggi più che mai attuale e possibile, forse più che ai tempi del Filangieri, a saperla rileggere e riproporre.
Ed è stato perciò bello e sorprendente oggi riaprire questo blog e ritrovare sparsi on line quei petali di rosa napolitani del Palizzi del MAI che fu.
Grazie molte, che bella combinazione!!
A presto, Eldorado
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