Andrea Di Martino su “Zaha Hadid rifiorisce”…
“Dal MANIFESTO DEL LABIRINTISMO SCULTOREO (almeno stando a ciò che risulta dalle scarse (e frammentarie) fonti reperibili online): “Insieme alla scrittura in senso lato, alla pittura, al disegno e all’architettura, la scultura contribuisce a indagare le qualità dello spazio e del tempo. Uno spazio che nella serie Morfemi Dinamici è ad assetto variabile, connesso a un tempo bidirezionale: verso il futuro, con un ritorno al passato, transitando per l’adesso. Spazio e tempo generano forma e matrice, un fenomeno e il suo opposto, innescando quel vitale conflitto possibile solo nella condizione presente. Morfemi Dinamici derivano da un’esigenza incontenibile di dare tridimensionalità a figurazioni intimamente connesse con l’idea di un labirintico spazio-tempo, a lungo confinate nella soffusa bidimensionalità e, dagli anni ‘80, imprigionate nell’immaterialità del virtuale. E da questa condizione non rinunciano ad assumere spessore granulare (teoria dei granuli labirintici), a inverarsi nell’essere. Stanchi di una progettazione tautologica che tende ad alimentarsi della sua stessa rappresentazione, intercettano e sfatano possibili minacce di cortocircuito, lievitando nella nuova dimensione “XYZ+T”: disegni divenuti materici, realtà che più non temono il rapporto con la gravità e il tempo. A saperli vedere…”
Ecco, appunto: a saperli vedere. Inutile dire che non vi è alcuna fonte (almeno in rete), che rimandi ad una qualche definizione di “granuli labirintici”, forse assunti come concetto primitivo del necessario sistema assiomatico: quello da cui far derivare la succitata teoria (“teoria dei granuli labirintici”, appunto). Se ora volessi approfittare di Archiwatch per fare del sarcasmo a buon mercato, sarebbe fin troppo facile ironizzare sul fatto che il labirintismo scultoreo (dove il suffisso “scultoreo” ci impedisce di confonderlo col movimento omonimo che è sorto in ambito letterario), conta soltanto 2 (dico 2) adepti, che poi (manco a dillo) coincidono con le persone dei fondatori. Ma questo, signori miei, solo sulla carta, poichè, a “saperlo vedere” (ma lo vedrebbe chiunque), uno dei 2 fondatori parebbe essere addirittura un abusivo, quasi fosse entrato nel movimento in qualità di mero prestanome (e almeno in questo mi sento di dire che le radici del movimento sono fin troppo italiane). In effetti, al di là di ogni ulteriore forma di sarcasmo, dal quale rifuggo, devo aggiungere che la cosa interessante, almeno per me che non ho ancora acquisito la necessaria “capacità di vedere” (forse per una grave forma di labirintite contratta in tenera età?), è la constatazione di come il co-fondatore del movimento (tale Sandro Ricci), abbia “introiettato” i princìpi a dir poco elitari del manifesto in seno alla propria attività di scultore: quella che, almeno in teoria, dovrebbe trasferire quei princìpi nella realtà viva e pulsante (ancorchè “labirintica”) dello spazio-tempo quadrimensionale”
Non mi pare di aver fondato il labirintismo scultoreo.
Non conosco nessun Sandro Ricci.
Devo inoltre dire che le sculture che ho visionato sul seguente sito appartengono ad altro tipo di ricerca plastica:
http://www.sandroscultore.com/scultura/index.html
Grazie,
Ruggero Lenci