LA CRITICA AI TEMPI DI SERENDIPPO
Dopo le premesse alle “postille al nome della rosa” nell’ultima pagnottella che spiegano lo spirito del mio sub-blog (grazie per il tifo Cristiano – fa bene) , vale la pena di raccontare come sono andate le cose per Sant’Ilario e come in genere vanno. Mi sembra divertente.
Cap. 1. Marco Petreschi pubblica un libro con le chiese di nuova costruzione a Roma e ne regala una copia al suo perfido amico del cuore e nostro blogger di punta che, ovviamente, non perde l’occasione di sbertucciarne la fighetteria degfli architetti contemporanei sul suo blog. Del resto è facile. Molte si prendono in giro da sole, ma una, San Massimiliano Kolbe di tale Mattia del Prete, sembra sfondare la barriera del kitsch: Rossi? Portoghesi? Ma cos’è?…
Cap.2. Un po’ di ricerche e si scoperchia un mondo di architetture kikoarguelliche costruite per un movimento ecclesiale molto diffuso e potente, e per questo in competizione con gli altri movimenti, basato su un’ emotiva evangelizzazione dionisiaco woytiliana, tutto il contrario dell’apollineo gesuitico alla papa Francesco. Ma nella Santa Chiesa Romana tutto si tiene, in nome del principio che sarà sempre e comunque il tempo a vincere: «Chi non è contro di noi, è per noi» (Mc. 9,38).
Cap.3. Vittorio Corvi che abita dalle mie parti in borgata mi segnala questa chiesa già ai tempi del primo panino dopo che gli ho chiesto le foto di San Giuseppe di Ildo Avetta. Quale chiesa? Dico io. Sono vent’anni che abito da queste parti e non l’ho mai vista. Hp solo notato su via Casal del Marmo una croce in mezzo al nulla stile Robert Venturi, Denis Scott Brown, una cosa alla Kevin Lynch. Sì. Quella. L’ha messa il nuovo parroco. Nella strada di fronte la croce, sotto una palazzina abusiva, c’è una chiesa.
Ma come? Marco Petreschi fa togliere la croce sulla facciata della chiesa S. Maria Alacoque di Rota e un prete, in una periferia identica ma dall’altra parte della città, ne innalza una? Che mondo difficile: a volte il kitsch è più significativo dell’eleganza!
Cap.4. Intanto sforno una mezza dozzina di pagnottelle prima di decidermi di andarla a vedere. Se ci fossi andato prima di aver saputo di Kiko Arguello avrei capito ben poco dell’orgia simbolica che Don Romano Matrone prima e oggi Don Nicola Colangelo hanno usato per la loro cripta. Poi dici la provvidenza.
Cap.5. Finalmente impastiamo questo Sant’Ilario. Ma di cosa parlo? Il suo ancestrale ritorno a origini ebraico bizantine, così religiosamente tribale, scopre troppi altarini. E poi la mancanza di architettura produce uno spiazzamento tra il surreale e il ready-made che neanche Duchamp. E non si tratta di una posa intellettualistica da artista postmodern, ma è pura naïveté.
Cap.6. Un po’ in crisi faccio vedere le foto a un’incuriosita Adelaide Regazzoni Caniggia e le spiego questo effetto disturbante dell’assenza di proporzioni architettoniche appropriate a un luogo di culto. E lei: Quello che manca è quello che non serve. E lì capisco di nuovo cosa significano edilizia e architettura con una sensazione di epifania delle cose che dalla pancia risale ai pensieri.
Ecco il senso di quelle immagini sopra la testata che sono la messa in bella di alcuni dei disegni sull’edilizia speciale che Gianfranco Caniggia faceva alla lavagna, pubblicati da Carlo Chiappi e Giorgio Villa in Tipo, progetto e composizione architettonica del 1979.
Tarkovsky, Petreschi, Rota, Venturi, Lynch, Muratore, Caniggia… tutto si intreccia nella nostra originalità. Siccome ogni sapore si deve sentire, si fa una gran fatica a cucinare.
Giancarlo :G Galassi




Caro Karl,
oggi, con questo ultimo pezzo, mi hai veramente e pienamente rappresentato il vero mistero della fede e della critica (architettonica? boh?) … e non si tratta come pensi tu di sfottò … mi rendo conto che per te è difficile capire … certi intellettuali hanno l’alzo basso … ti ricordo che fosti tu a spingermi a non prendere sul serio il sistema e quindi , per compiacerti l’ho fatto!
Purtroppo mi scontro anche con una psicologia spicciola da quattro soldi nei confronti della quale non ho trovato di meglio che raccontarti la storiella dell’alto ufficiale che peraltro era (è) anche uno psichiatra…diceva lui!
Spero che tu l’abbia capita …. se non l’hai capita chiedi a sergio 43 che te lo spiega lui e te fa’ morì!
Capisco bene invece il senso di crisi che ti ha colto ed anche la nascente necessità di chiedere addirittura ad Adelaide Regazzoni Caniggia che poi confucianamente ti ha illuminato (vaglielo a raccontà ar Petreschi) con il suo “Quello che manca è quello che non serve.” … che in un certo senso …
Tanto è che poi giustamente hai sopportato, immagino silenzioso, quella sensazione di Epifania delle cose risalire dalla pancia ai pensieri.
Chi cerca trova … e mi sembra proprio che tu cerchi molto! E quindi trovi!
Un saluto da Sergio Gabriele Paolini …
P.S.
Marco P. mi dice che è stata trafugata presso lo studio di un vostro collega una copia della sua – e di N.V. – ultima fatica …
Anche a me è successo stranamente la stessa cosa … cosa o chi potrebbe essere stato?
L’ispettore Jacques Clouseau?
Non è che anche noi si divertimo alle mie spalle senza che lui se ne accorga?
https://www.youtube.com/watch?v=UhepsY4jPIY
ai minuti 1.56 – 1.59 …..
lascialo perdere …vedrai che poi gli passa!
… però io colto e macerato dai dubbi chiedo spesso e quindi anche oggi al mio amico M.S. …anche lui che diligentemente e con grande capacità critica compositiva e pedagogica spese tante ore , giorni, mesi , anni nelle aule per tornarsene sconfitto, mi sostiene fortemente porgendomi questo ulteriore riferimento e la riga che lo accompagna…
inviandomi la mail mi scrive:
https://www.youtube.com/watch?v=Y2WmxAjp7wE
er surprizzio digno pe’ quelli de Valle GGiulia …
mettela ‘n po’ come te pare …
SDS
caro giancarlo questo forno ci piace un sacco. La tua rabdomanzia per il far west romano alla ricerca dello spazio sacro è servizio notevole. Infornate difficili, non sempre immediatamente fruibili, bisogna metterci testa, a volte anche cuore per capire. Stavolta sono rimasto preso dalla croce da arizona nel deserto suburbano e naturalmente, come non esserlo, dal vaginone che ci ha generato e che ci inghiottirà, istoriato a sant’ilario. lo trovo, oltre che potente come simbolo, anche bello, con quegli indecifrabili segni all’interno. Devo dire che anche i commenti ctonici e desantici sono divertenti. buon bagnovignoni
….allora me sa che te sei perso la mega croce petreschiana al giubileo dei giovani del 2000…. artro che quelle ridicole cosette KIKUELIKE!
Il nostro sub-comandante Galassos col suo subblogghetto panificante si lascia sorprendere dalla realtà e questo è buono, come il pane appunto :)
Una “messa” in scena