SE SO’ FREGATI LA COCCIA FASULLA …

Da Sergio Marzetti: …

“Caro Prof. stamattina facevo una passeggiata in centro e mi ritrovo a Via dell’Orso. Ero già dispiaciuto che avessero rubato di nuovo la testa, una copia, dell’Abate Luigi, una delle statue parlanti di Roma (Vedi fig. 3).  Allora per passare il tempo in questo primo pomeriggio primaverile ho buttato giù due pasquinate.
Si saprà senz’altro che Via dell’Orso si chiama così perché sul cantone della via c’era incastonato un frammento di sarcofago abbastanza comune dal punto di vista stilistico: una testa di leone azzannante un asino o una gazzella( Vedi fig.1). Una notte la testa, divelta dal muro, scomparve con gran dolore di tutti gli abitanti. Uno scultore che aveva lo studio lì vicino scolpì un altro leone imitante quello scomparso. L’unica differenza, come buona creanza del ripristino vuole per distinguere la copia dall’antico (chissà se verrà mai ritrovato!), sta nel fatto che lo scultore mise tra le fauci del leone un cinghiale. Il gesto fu senz’altro generoso ma il leone, anche se elegante anch’esso, non ha né potrebbe avere lo stesso fascino. Chissà, povero leone, dove starà adesso?
Schermata 2013-04-07 a 23.02.50

                               LA COCCIA DER LEONE SCOMPARZO                                   

Regnavo ‘n giorno sull’Africa nera,
Più gajardo de me certo nun c’era!
‘Na scritta c’era: “Icche sunte leone”
vergata ‘n latino su ‘n bronzeo portone.
Ma ‘n giorno me trovo ‘n mezzo a ‘n’Arena
Tra ‘n mezzo a li morti ch’era ‘na pena.
Er chiasso! li scazzi de tanta plebaja!
e resto stecchito ‘n mezz’ a la paja.
Un gran senatore ch’era morto la sera
me volle compagno giù ne la tera.
Arivorono poi li barbari zozzi,
‘n quattr’e quattr’otto me fecero a pezzi.
Me trovorono poi tra due montarozzi,
e me misero all’angolo de du’ palazzi.
Mò m’ariposo!, me dissi allora,
svejiato sortanto dar batter dell’ora.
Invece ‘na notte, ‘na notte bestiale,
sento du’ passi venì giù dar viale.
“Co’ ‘sto leone, io che c’ho fame,
Stasera me  magno lenticchie e salame!”
Du’ botte de mazza assestate sur muro
E io me la squajo co’ quer grugno duro.
Mò so’ l’arredo d’un un rosso salone
e me se vanta un ricco cojone.
Li du’ palazzi non c’ho più su la soma
Ma io sogno sempre er sole de Roma!

Schermata 2013-04-07 a 22.58.46

LA COCCIA DELL’ABBATE LUIGGI

So’ l’Abbate Luiggi, de fede specchiata,
mò tutta la coccia me se so’ fregata.
Che mai ce faranno, ‘sti testa de cazzo?
La coccia era farza perché co’ ‘sto mazzo
De furti, rapine e vandalici danni,
per quant’io c’abbja già ‘n par de millanni,
me se fregheranno pur’er pistolino.
E che cazzo je dico all’amico Pasquino?

Questa voce è stata pubblicata in Architettura. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.