C’E’ SEMPRE DA IMPARARE …

dezeen_Louvre-Lens-by-Sanaa-and-Celia-Imrey_ss12Efisio Pitzalis su: louvre-lens

“Proprio oggi, addì 29/12/2012 ho visitato questo museo: ebbene a mio avviso è come si fa un museo, dove il protagonista è il contenuto e non il contenente. Spazi rettangolari leggermente incurvati per accentuare il riflesso del rivestimento in alucobond (alluminio) che replica in modo sommesso il paesaggio circostante. In vetro le zone di accoglienza. Dentro una perfetta illuminazione artificiale e uno spazio unico che si presta alle diverse installazioni sia permanenti (ogni anno però si cambia) sia temporanee. Le opere non sono scamuffe, c’è di tutto: statuaria antica, Raffaello, Leonardo, Poussin, Lorraine, Rubens, Goya….. e tutto, ma proprio tutto si può fotografare (senza flash) dalla distanza che vuoi (gli sciocchi da 2 cm. gli altri da 2 metri). Il sito sta in una città (Lens) un tempo centro minerario, al nord della Francia al confine con il Belgio, ed è meta di un pellegrinaggio incessante (giorno della inaugurazione 22.000 presenze) di spettatori paganti (9 Euro)…. (da noi, a parte i musei Vaticani et similia, tanti spettatori paganti li trovi solo da Eataly)…. lascio perdere le iniziative collaterali, la cafeteria (pasto cpmpleto 8 euro), mediateca, bookshop ecc. A un certo punto mi sono chiesto: se in un centro sperduto della Francia ci va così tanta gente e al Maxxi, tranne il giorno della inaugurazione a inviti, c’è il deserto… qualcosa vorrà pur dire…. Ora non voglio fare l’esterofilo (ne abbiamo già tanti) né vedere sempre verde l’erba del vicino, e né so di chi è il merito (che pure ogni tanto va riconosciuto) ma i Francesi saranno pure sciovin, e qualche volta pure un po’ stronzi, ma in fatto di organizzazione di eventi, di trasmissione del pensiero e di come si serve a tavola… ce danno ‘na pista…………

Au revoir…….

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3 Responses to C’E’ SEMPRE DA IMPARARE …

  1. stefano salomoni ha detto:

    Roma non ha il “core”.
    Giunti con il tram due nei pressi della futura stazione della metropolitana “D-Reni” o “F-Reni”, tra gli sbandieramenti diretti rapidamente verso lo stadio (Roma-Milan), decidemmo sportivamente di visitare il Pantheon extra moenia dell’arte e dell’architettura, al momento semplicemente “MAXXI”.
    Da una rapida lettura della tabella “Agevolazioni” apparve, al solito, lungimirante e legittima la riduzione del prezzo di ingresso a favore degli iscritti all’albo. Dei giornalisti. Un giusto riconoscimento alle redazioni di “MAX”,“XIX” in primis, pensai.
    Per noi: due biglietti e la familiare tariffa piena; ma ci proposero di visitare le grigie viscere accompagnati da una guida. Gratuitamente. Ne approfittammo.
    “Si parte tra cinque minuti, attendiamo che arrivi qualcun altro”.
    E furono proprio cinque minuti di attesa, non un secondo di più; puntualità svizzera, forse un omaggio alle gesta filoitaliche dell’Inquilino originario di La Chaux-de Fonds in scena presso la galleria uno. L’attesa, benché minima, avvenne nei pressi delle corna nere di Kapoor fronteggianti la pelle pony della Chaise longue, ragionevoli segni di una contemporanea tauromachia.
    Quattro visitatori e una guida in tutto.
    La mostra al piano di sotto terminava con l’immancabile Main Ouverte: collocata nei pressi dell’ascensore e delle scale, sembrava indicare mestamente la prosecuzione della visita verso il piano superiore.
    Giungemmo così presso la didatticissima mostra “Modelli-Models”, un pugno di visitatori.
    In testa alla galleria due, a far da cimasa, dei monitor proiettanti filmiche testimonianze afone e per questo dotati ciascuno di cuffie audio (se del caso), anticipavano una formidabile distesa di architetture diminuite; una aggiornata “Philadelphia city planning” a volo d’uccello che dalla sommità di Monte Mario, si legava idealmente al Palazzetto dello Sport di Nervi, alla Nuvola di Fuksas, al Ponte di Musmeci, fino a raggiungere il modello vincitore per il MAXXI. Forse anche i Mecanoo. Non certa la presenza del Meccano.
    Purtroppo, più plastici che paganti: lande remote e desolate, spazi degni della catena alberghiera Overlook al tempo di Jack Torrance.
    Seguirono altre interessanti sezioni dedicate all’arte.
    E nel silenzio ciclicamente rimosso dai walkie talkie del personale, per qualche ignoto motivo iniziai a pensare alla vista “Tate à tête” del Kapoor in rosso nella affollatissima Turbine Hall, dei caffè e di tutto quell’indotto urbano innescato dai luoghi destinati alla cultura; ai dieci milioni di visitatori all’anno del Louvre e alle sue metropolitane esistenti, anche quelle necessarie al funzionamento della giostra; alle pubblicità; alla ineguagliabile discontinuità romana. Irragionevoli comparazioni, insomma.
    Frattanto, nei dintorni, il pubblico delle grandi occasioni sportive d’Oltretevere, celebrava i vincitori di casa.
    Saranno stati i tifosi, ma quel sgolato e romanesco “core” fu rilevato, più tardi, sul dizionario bilingue:
    “core”: centro, anima; nucleo; cuore (anche fig.).
    Ecco.
    Roma non ha il “core”.

  2. Probabilmente quello di Lens è un museo normale.
    Il Maxxi, al contrario, nasce con la pretesa di essere esso stesso un’opera d’arte parametrica da esporre mentre per il contenuto poi si vedrà…inoltre con quello che è costato dove li trovano i soldi per delle opere vere?

  3. qfwfq ha detto:

    Il Maxxi e la sua gestione (anche economica) è un sempreverde.
    Come sempreverde è questo quadro comparativo sulle risorse a disposizione di una struttura che prima di essere economica (e quindi destinata al profitto) deve essere un servizio pubblico.
    http://www.artribune.com/2012/04/affaire-maxxi-parla-umberto-croppi/

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