C’E’ MURO E MURO …

ctonia commented on CARMASSI ROMANO? …

“Ma Pietro, io ti concedo tutto il mondo, basta però che non mi vieni a raccontare che nel buio della notte tutti i muri sono uguali, e che per te un muro in telaio tamponato è la stessa cosa di un muro a sacco: l’hai detto tu, che ci posso fare. Puoi dimostrare che è indifferente l’uso che ne fa Carmassi dell’uno o dell’altro? Aspetto con ansia i tuoi argomenti, che per ora si sono limitati ad un giudizio negativo sulla sua architettura: liberissimo, ovvio, ma è un altro piano.
I muri a sacco si fanno con il cls, da Roma antica in poi. Vogliamo riempirli di rifiuti solidi urbani? :)
L’immagine messa dal Prof. Muratore si, certamente mostra un edificio residenziale (forse Cisanello, non ricordo) in telaio di cemento armato poi rivestito in mattoni. Benissimo. Ma dovresti sapere che si tratta di un edificio per edilizia pubblica agevolata, quindi probabilmente l’economicità del sistema a telaio, anzi direi probabilmente la sua prefabbricazione e montaggio in cantiere, sicuramente sono stati argomenti molto più forti rispetto alla scelta “ideale” di Carmassi del muro pieno. Ma non c’è nessuna altra controindicazione, come tu credi, che ne impedisca l’uso ai fini della residenza: vediti se vuoi questo bel libretto carmassiano nel quale si illustrano ottimi esempi di tesi di laurea dedicate proprio a questo tema:

COSTRUIRE UN MURO (2). Idee di città di Massimo Carmassi.

Aggiungo poi che per me, e vedendo le cose in senso architettonico, tutto l’edificio “è” un muro, in quanto proprio questo ruolo compositivo è quello che lo sostanzia e lo identifica al livello della composizione architettonica e delle scelte formali: costruire le residenze dentro un grande muro. So che questi argomenti vi scivolano addosso, ma che ci posso fare, sono il sale dell’architettura.
baci
c

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10 Responses to C’E’ MURO E MURO …

  1. A-clan ha detto:

    Applauso sentito sull’ultimo periodo e sul sale dell’architettura.

  2. Massimo ha detto:

    La struttura in c.a. (a telaio) diventa accettabile quand’anchessa si fa architettura: quindi compresa in una maglia regolare, razionale, e perfettamente integrata a quanto va a sostenere (come gli scheletri del nostro amico Calatrava, che però poi si dimentica, o non si cura, di rivestire), in una parola: “chiara” (alla Mies).
    Il problema è l’inserimento a posteriori, raffazzonato, in architetture sbagliate, proprio per il fatto che il progettista, nella sua insipienza, non le ha proprio prese in considerazione, ‘ste benedette strutture.

  3. In architettura preferisco sciapo.
    :-)

  4. Pietro Pagliardini ha detto:

    Ctonia, l’ho già detto ma dovrò ripeterlo, anche se la tua domanda, tanto capziosa quanto inutile, cioè se una struttura con muro a sacco sia uguale ad una struttura intelaiata, non ha che una risposta possibile: no, è del tutto evidente. Non è questo il punto in discussione. Credevo di averlo chiarito e tra l’altro l’ha scritto anche Galassi. Il punto di partenza era che, se l’architettura di Carmassi si sostanzia nella forza dei suoi muri, come è vero, non si sostanzia però nella forza dei suoi muri a sacco. E’ irrisolto e forse irresolvibile (è un rompicapo per i muratoriani) il rapporto tra tipologia e struttura e quindi non è e non può essere questo il punto di forza di Carmassi. Che i suoi muri siano a sacco o siano semplici muri a cassetta in una struttura puntiforme, la cosa non cambia affatto. La sua architettura è giudicabile per le sue forme e non per la relazione tra esse e la sua struttura. Come quella praticamente di tutti gli altri. Non ha risolto il problema, insomma. I suoi muri a sacco servono e sono serviti come un ottimo vezzo e strumento professionale, adatto a creare un’aura. Una scelta professionalmente intelligente, non ho difficoltà alcuna ad ammetterlo. Una furbizia, se vuoi. Ma il mestiere e la bravura è anche questo. Però io non abbocco e non ho abboccato, te sì, in senso buono si intende.
    Adesso l’ho scritto tre volte e credo sia sufficiente ad aver annoiato abbastanza.
    Ciao
    Pietro

  5. Manuele ha detto:

    Cisanello? Ma è Roma Ostiense! Il progetto “Roma Docks” nell’area dell’ex consorzio agrario.

  6. ctonia ha detto:

    Pietro, facciamo così, rileggiti qualche scritto di Carmassi e riapprofondisci i suoi progetti: è lampante il suo discorso sul muro pieno, perseguito sempre anche se, certo, senza ossessioni, con molto realismo e senza farne un elemento dogmatico. Mi pare poi che se c’è un architetto poco interessato alla tipologia italicamente e universitariamente intesa, questo è proprio Carmassi… Penso che Muratori se lo sarebbe mangiato vivo. Posso sbagliarmi, non sono certo il suo biografo :) ma mi sembra che i suoi spazi siano più che altro invenzioni compositive, figurative, quasi sempre legate al ruolo dei grandi muri continui, e sono slegate dal classico discorso tipologico o almeno non ne dipendono in maniera consequenziale. Lo vedo più vicino a Kahn o Moneo che a JNL Durand o ai nostri tipologici italiani anni settanta.

    • Pietro Pagliardini ha detto:

      ctonia, io posso rileggere tutto, ma a me più che rileggere piace leggere e quello che leggo è l’architettura di Carmassi con ciò che io ho scritto e che tu adesso mi confermi, nel senso che siamo d’accordo. Non siamo d’accordo invece sull’assunto iniziale che ha dato inizio alla mia replica. Voglio dire che sì, Carmassi fa invenzioni “compositive” come dici te, assolutamente personali, ripetitive, ottimi marchi di fabbrica e segni di distinzione, ma spesso sbagliate in relazione all’intorno (se lo chiamo contesto aizzo un’altra discussione), come il cimitero di Arezzo, come la ricostruzione fantasiosa dell’isolato nel centro storico di Pisa che ha dato inizio a questo sequel. I suoi muri sono i suoi muri, punto (già scritto, già detto). Le sue bucature sui muri sono le SUE bucature sui muri e se cambiassero non sarebbero nè tanto migliori nè tanto peggiori, ma resterebbero le SUE bucature sui muri. C’è poco da imparare e poco da insegnare. Sono invece ottime per una pubblicazione con fotografie di dettagli, cosa che puntualmente l’abile professionista Carmassi ha fatto. Non me lo fare tornare antipatico proprio adesso che ne avevo scoperto il lato umano che, in buona parte, corrisponde a quello che ti sto dicendo. Oltre l’architettura, dietro l’architettura ci sono anche gli uomini, con le loro grandezze e con le loro debolezze e quando cade la maschera spesso viene fuori il meglio, cioè le debolezze
      Ciao
      Pietro

      • ctonia ha detto:

        A me del carattere e dell’uomo Carmassi importa un fico secco. Lo conosco e lo frequento quando capita, ne apprezzo molto il lato umano, la cortesia, la cultura non solo architettonica, le sue varie caratteristiche di ironia e disincanto molto toscane, ma che importa ai fini dell’architettura? Per me nulla, non mi rivela nulla, non mi dice proprio niente. Le sue architetture parlano da sole, una volta prodotte sono navi nel mondo, hanno vita e senso proprio, come diceva anche Rafael Moneo in quello stupendo testo intitolato “La solitudine degli edifici”.
        Le sue invenzioni architettoniche non sono affatto “assolutamente personali”, come dici tu, ma provengono da una tradizione architettonica ben precisa, sono riconoscibili, hanno madre, padre, zii e nonni, bisavoli e trisavoli, sono insomma parte di un ampio e variegato “ritratto di famiglia”.
        La tua insistenza, poi, sul fatto che i suoi muri e le sue bucature siano SUOI.. bene, ho capito maremma ladra, ma di chi dovrebbero essere, mie o tue? Implicitamente vuoi dirmi che credi che un architetto possa proporre cose non SUE ma del popolo, del contesto, della tradizione, vero? So che credete questo, ma è un altro argomento, facciamo una pausa :)
        alla prossima!
        c

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