Giorgio Grassi a Roma …

GRASSIAROMA

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24 Responses to Giorgio Grassi a Roma …

  1. Gavino Menaché ha detto:

    Un Signore dell’architettura…
    Anche se il suo ultimo libro “Una vita da architetto”, al contrario dello stupendo testo dedicato a Leon Battista Alberti, per gli aficionados è un pò una fregatura: pochissimo testo, carrellata di schede sui progetti super-arcinoti, e infine pacchetto di fotografie del Nostro in varie e spesso storiche occasioni convegnistiche, turistiche e conviviali. Insomma, grossomodo un quarto del libro se ne va in “fotocopie”.
    Giorgio (Grassi) la prossima volta vieni incontro anche a noi acquirenti poveri in canna e metti un pò di carne al fuoco… Almeno nei libri :-)
    gavino

  2. pasquale cerullo ha detto:

    Molti sono convinti che l’architettura si faccia con la bocca.

  3. marco tosi ha detto:

    Quale fine operzione intellettuale verrà esibita per dare un senso a sta roba?

  4. alfredo ha detto:

    non capisco l’intervento di marco tosi, comunque se vuole dare un senso a quella che lui indica sommariamente come “roba”, gli consiglio vivamente di leggere “la costruzione logica dell’architettura” testo fondamentale di grassi e che ritengo indispensabile per la formazione di un architetto.

  5. marco tosi ha detto:

    Già letto… per questo mi permettevo. La noia di questa professione è direttamente proporzionale alla pretestuosità dei suoi più dotti interpreti.

  6. Pilia Emmanuele ha detto:

    Marco Tosi ha tutta la mia stima in questo momento.

  7. filippo de dominicis ha detto:

    ascoltandolo vi sareste amaramente ricreduti, emanuele e marco – in rigoroso ordine alfabetico.
    peccato che forse la dote dell’ascolto non vi appartenga.

  8. dimi ha detto:

    tornato da poco dalla conferenza…che delusione…dal 70 ad oggi, dall’italia e la spagna all’olanda e la germania la stessa cosa proposta e riproposta…quale evoluzione, quale contestualizzazione…sarebbe meglio accettare il titolo di archistar o almeno dare delle motivazioni valide del suo operare piuttosto che far finta di non comprendere le critiche

  9. pecoraro ha detto:

    anche la mia.

  10. Emmanuele Pilia ha detto:

    Bhè caro Filippo, fammi un resoconto di quali strabilianti sillogismi sono stati enunciati durante la conferenza. Io ci sono stato, e mi sono anche un pò innervosito per il solo fatto che sia stata proposta una cosa del genere.
    Purtroppo, per citare qualcuno che spero conosci, la gente si crede poeta solo perchè va a capo ogni tanto.

  11. pi ha detto:

    Prendiamo l’assonometria, non sono in grado di dire se alle case con i tetti a spiovente (in Olanda?) sia stato fatto un buon servizio con quell’inserimento, ho i miei dubbi, ma lascio il giudizio a gente più competente. Ma, prendendo il disegno come proposta concreta, è giusto proporre di mandare a lavorare o a vivere delle persone nel profondo di quegli anfratti?

  12. adelaideregazzoni ha detto:

    grazie a dimi adelaide regazzoni caniggia

  13. Giovanni Pernazza ha detto:

    Beh è davvero una bella critica dire che i quadratini si ripetono dappertutto, da fine osservatore e da fine ascoltatore, a questo punto diciamo che era un archister anche Terragni, anche Mackintosh, anche Moretti e anche Bernini e Borromini, tutti quanti hanno qualcosa che si ripete di continuo solo che hanno un motivo per elencare, per ripetere, per standardizzare: esprimono il loro linguaggio, la loro analisi, la loro lezione, e l’elenco che ho fatto non riguarda architetti che per esprimere il loro linguaggio formulano progetti che esprimono la massima qualità tecnica al servizio del “genio”, come se ogni progetto fosse una torre di Babele, come Zazà o Libeskind. E non riguarda neanche gente che fonda le sue architetture con un importante azienda che fabrica rivestimenti in titanio come Ghery.

  14. filippo de dominicis ha detto:

    Emanuele ho trovato di fronte a me una persona onesta. che dice di non essere portato per l’insegnamento, e che è diventato architetto perchè il padre era costruttore. ho trovato di fronte a me una persona che ha spiegato con la giusta ironia, e i giusti silenzi la sua vita e le sue opere. non mi ha scandalizzato la finta “non comprensione” della posizione esposta da adelaide regazzoni, esattamente come non mi ha scandalizzato sentirlo asserire “io non uso mai la citazione”. credo faccia semplicemente parte della persona, dell’uomo. che non conosco ma che l’altra sera ho intravisto. e non mi pare affatto poco.

  15. filippo de dominicis ha detto:

    …per concludere, probabilmente un uomo piu incline alla platea e all’insegnamento, si sarebbe fatto sedurre dal tono emotivo e “suadente” delle parole di adelaide caniggia – con cui mi scuso per i riferimenti continui, ma tant’è- esattamente come tanti personaggi sedicenti inclini all’insegnamento si circondano di sodali, e non di complici, e restano probabilmente molto piu soli di chi della solitudine – e dell’immobilismo, per citare il muratore dell’introduzione- ha fatto una scelta di vita.

  16. alberto becchettini ha detto:

    ma noi che a Roma non siamo conosceremo mai quello che ha detto a giorgio grassi adelaide regazzoni caniggia? adelaide, visto che frequenti questa pagina, puoi riassumere? grazie.

  17. giancarlo galassi ha detto:

    Notizia.
    Due interventi hanno dato qualche dispiacere a Grassi: quello di Purini che ha detto che il lavoro di Grassi lo interessava in quanto opera di un Artista, a-maiuscola, e non di uno che intende l’architettura come mestiere riducendo il grado di intenzionalità personale delle scelte progettuali, e quello della Regazzoni (chissà come si è arrabbia se legge Muratore definirla muratoriana nell’altro post… mai conosciuto una più rabbiosamente antimuratoriana di lei) che osservava che, in fin dei conti, la parata di finestre, i corpi di fabbrica stretti, i muri ciechi e tutto il poco e reiterato apparato linguistico zero di Grassi lo equiparava alle Archistar solo con segno opposto. E’ una firma, una sigla, un logo vuoto di contenuto nel suo essere ormai buono per tutti i luoghi e per tutte le destinazioni, tanto quanto le stelle di mare e i coralli della Hadid.
    I riferimenti tipologici al corpo di fabbrica stretto e lungo che ci ha spiegato derivati dalle case nordiche separate da ambitus tagliafuoco (per parlare del progetto della biblioteca nel manifesto pubblicato nel blog) a ben vedere sono sembrate, come qualcuno ha osservato, solo pretestuose citazioni “della città antica” per usare proprio il corpo di fabbrica singolo strutturale e singolo distributivo preferito nella “città di Grassi”; difatti spiegando un progetto per Firenze in un piano di Krier, in una ridicola “città di Krier”, è costretto a usare un corpo triplo strutturale e quintuplo distributivo e non ha fatto altro che lamentarsi della disgrazia planimetrica che gli era capitata – per gli studenti: fatevi spiegare dai vostri assistenti di composizione che significa corpo doppio, triplo, strutturale- distributivo ecc… non ho trovato sinonimi.
    Sia Purini che la Regazzoni contestavano il paradosso della “firma autoriale” a cui non poteva sfuggire se non facendo finta di non capire oppure non capendo veramente – il che è possibile per carità -, un bel paradosso per un architetto che della non-firma ha fatto bandiera.
    Un saluto.

  18. Carlo Rivi ha detto:

    “(…)che osservava che, in fin dei conti, la parata di finestre, i corpi di fabbrica stretti, i muri ciechi e tutto il poco e reiterato apparato linguistico zero di Grassi lo equiparava alle Archistar solo con segno opposto.”

    Io osservo che in fin dei conti, la parata di finestre, i corpi di fabbrica stretti, i muri ciechi sono l’apparato linguistico con cui è da sempre stata costruita l’architettura, non mi risultano essere delle invenzioni di Grassi, e rappresentano l’apparato linguistico con cui sono state costruite, nella storia, quelle parti di città che, dopo secoli, ancora oggi guardiamo con rispetto.

  19. Michele Mora ha detto:

    Potrà piacere o no, ma personalmente, ascoltando Giorgio Grassi venerdì, malgrado tutto, ho avuto l’impressione di avere davanti un maestro, distratto, forse un po’ annoiato, ma mai ruffiano o furbo, profondamente sincero, come la sua architettura. Complimenti comunque a Galassi, che almeno argomenta le sue critiche e si fa capire.

  20. adelaideregazzoni ha detto:

    il professore Grassi ha tutte le caratteristiche dei signori che frequentavano la nostra casa ( noi eravamo di Como): la gentilezza ,l’affabilità ,l’intelligenza ironica ed è anche per questo che mi sono permessa di intervenire in quella che credevo fosse anche una possibilità di esprimere un’ opinione personale: ho premesso che le architetture da lui progettate sono ” molto molto belle ed eleganti ” ho ripetuto questo per ben tre volte .( chi ha registrazioni può controllare). Poi ho aggiunto che l’uso di soluzioni architettoniche ripetute in modo molto simile in luoghi tra loro lontani e disparati è caratteristica dei grandi operatori degli ultimi venti anni, gli archistar appunto, dai quali lui prendeva le distanze. Ho portato l’esempio di Palazzo Farnese ( forse conosciuto anche fuori Roma ) per dare agli studenti dei primi anni un esempio di lettura architettonica elementare, e poi ho insistito sulla difficoltà di comprendere cosa c’è dietro le facciate di una architettura come quella proiettata. ( non che questo sia oggi ritenuto indispensabile o opportuno: ognuno può pensare quello che vuole) ma nella architettura delle città dove il professore ha operato era una prerogativa quasi sempre presente e in un certo senso “consolante”, perchè era patrimonio quasi di tutti.Spero di avere chiarito quanto ho detto, e sono disponibile ancora. A quel punto c’è stato un imbarazzante silenzio e non ho avuto risposta.

    per quanto riguarda” i muratoriani più incalliti e di stretta osservanza,” penso che, chi mi conosce sa che sono grata a Muratori per avermi fatto conoscere Caniggia ,attraverso il quale devono passare quelli che vogliono fare dell’architettura un discorso non personale

  21. luigi ha detto:

    Premessa, non ero a Roma durante la conferenza,(non) mi meraviglio di quanto poco sia conosciuta l’opera di Grassi ad alcune latitudini contrariamente al resto del mondo! Un invito a tutti ad ammirare, magari con un bel viaggio, le riuscitissime opere di Groningen, Berlino, Sagunto, Valenzia,Santiago di Campostela, etc. etc. e smetterla di soffermarsi esclusivamente su finestre, finestrini e mattoni.

  22. Biz ha detto:

    Premesso che rispetto Grassi, il suo lavoro ed il suo modo di operare e presentarsi, vorrei dire che alcune sue contraddizioni, che Adelaide Regazzoni evidenzia, sono difficilmente confutabili.

  23. memmo54 ha detto:

    Sembra, anche quello di Grassi , un tentativo di riscrivere la storia dell’architettura; da capo a partire dal “grado minore” ; quello strettamente connesso con il costruire. Forse destinato ai distratti : quelli che sono arrivati tardi e si sono persi l’esordio .
    Sarà fors’anche il più intelligente e razionale dei tentativi : ma questi esercizi vanno bene solo sulle rivistine di architettura e tra le confraternite degli addetti ai lavori o tra i meandri del percorso individuale di conoscenza.
    Vanno socuramente bene sulla carta: dove si fa sempre in tempo ad aggiungere la copertura, una modanatura qualsiasi ecc. ecc.
    In corpore vili i suoi edifici appaiono, invece, degli “incompiuti” a cui mancano i tetti , gli ingressi, le necessarie articolazioni dei volumi.
    E l’architettura costruita non può essere un manifesto: questo un architetto con i capelli bianchi dovrebbe averlo capirlo….

  24. luigi ha detto:

    risposta a memmo 54! Quella di Grassi è architettura costruita , o quanto meno un valido tentativo di realizzarla e non solo di rappresentarla graficamente! Non confondiamo la coerenza e l’inflessibilità ( dovuta alla poca disponibilità di Grassi ai compromessi della committenza) con la quantità esigua delle opere realizzate rispetto a quelle progettate e/o disegnate. A tal proposito consiglio di rileggere le vicende concorsuali e realizzative del Neues-Museum della Museuminsel a Berlino a partire ad esempio dal n° 657 del giugno 1998 di casabella sino al completamento ad opera di Chipperfield. Grazie

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