Vittorini … Zevi … e i “furbetti” del cantierino …

Riceviamo da Pasquale Cerullo questo “commento” che condividiamo talmente da appropriarcene e farlo “nostro” …

Ed infine il trait d’union tra politica architettura potere letteratura e visione critica di Vittorini. Ce lo dà l’insuperato e insuperabile Bruno Zevi. Tratto da uno degli editoriali del 1958. Vittorini aveva raccolto in un volume alcuni suoi scritti autobiografici – “Diario in pubblico” – strutturato, come ricordava Zevi nello stesso editoriale, in quattro parti: La ragione letteraria (1929-36), La ragione antifascista (1937-45), La ragione culturale (1945-47), La ragione civile (dal 1948).
– (…) Dice Vittorini in uno degli scritti conclusivi: “L’intellettuale è stato insieme, per via dei compiti e delle aspirazioni coi quali ha avuto a che fare attraverso i tempi, il principale sostegno della tirannide e il suo intrepido nemico. Considerandosi portatore di una verità assoluta egli ha avuto la fregola di tener bordone al potere con la speranza di indurlo ad attuare in tutto o in parte l’ordine che ha via via concepito come ideale, come ‘razionale’ ” .
(…) Per la natura della loro professione così dipendente dallo Stato, dai comuni e dagli enti, dalle classi dirigenti e dai partiti, gli architetti sono facilmente indotti a divenire “consiglieri dei tiranni”. I più “furbi” collaborano a sabotare la pianificazione urbanistica, rafforzano lo strapotere delle società immobiliari, affiancano uomini politici corrotti ed organi burocratici retrivi. Cessano così di essere intellettuali, sono scontenti e non costruttivamente inquieti, prima o poi fatalmente non producono più un’architettura valida, anche se controllano un ampio settore dell’attività edilizia; perché nella storia non si torna indietro e dalla “ragione civile” non si passa alla “ragione letteraria”, al mestiere fine a se stesso, senza un tradimento che può essere a tutti celato meno che alla propria coscienza.
I “furbi”, di sinistra quanto di destra, sono tornati ad essere numerosi in quest’ultimi anni, favoriti, nella loro vocazione di servire i tiranni, da un clima di restaurazione culminante nella formula del “compromesso storico”. Tuttavia non sono pericolosi: contro l’opportunismo lotterà sempre una salda minoranza di intellettuali, la stessa che rifiutò di disegnare archi e colonne al tempo della “ragione letteraria”, che combatté la dittatura nell’epoca della “ragione fascista”, e il commercialismo nella fase della “ragione culturale”; per essa, come nel passato, l’Italia continuerà a partecipare al processo dell’Europa moderna. Ma la maggioranza dei professionisti subirà la prepotenza dei furbi, o sosterrà l’azione degli intellettuali? Questo quesito ipoteca il futuro dell’architettura italiana. Si tratta di decidere se vogliamo andare avanti o indietro, se accettiamo di vegetare nella paura dei potenti, in uno Stato paternalistico e mediocre, o abbiamo ancora fiducia nell’iniziativa della cultura. In questo senso, il problema dell’architettura, nell’ora della sua “ragione civile”, coincide con le prospettive del paese. –

ps: Il grassetto è mio. Ma le virgolette dei “furbi” sono tutte di B.Z.”

grazie Pasquale …

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