Roma come Las Vegas … “Very nice” …

“VERY NICE”
“< <E’ stato con enorme imbarazzo che qualche giorno fa ho letto sulle pagine culturali di un quotidiano romano l’intenzione del Sindaco di “affidare” Piazza Augusto Imperatore alle cure di un “Mago” dell’architettura contemporanea del calibro di Richard Meier. Non è forse Meier uno dei più accreditati professionisti dell’Olimpo architettonico internazionale? E allora ben venga a portare il suo contributo in una città come Roma. Ma sono le procedure, il metodo e la straordinaria qualità e quantità dei luoghi comuni riportati nell’articolo che mi hanno veramente impressionato. Soprattutto la disinvoltura con la quale i grandi problemi della città storica venivano trattati e liquidati dai tecnici e dai consulenti di fiducia dell’amministrazione era straordinaria. Si parlava, infatti, di documenti anche importanti dell’archeologia e dell’architettura, dell’urbanistica e della storia più e meno antica della città, dando delle risposte che colpivano per la loro evanescente incosistenza. “Salvare” Piazza Augusto Imperatore da chi, da che cosa, attraverso quali strumenti, chiamando il “mago della leggerezza” architettonica venuto da oltre oceano? “Specialista nel far apparire leggera la materia” Meier dovrebbe ora far levitare mausoleo, ara, portici fascisti e chiese barocche in un insieme finalmente capace di far “digerire” (sic) la ostica pesantezza dell’architettura littoria e ciò che resta di quella imperiale. Siamo veramente al ridicolo, al paradosso. L’architettura non è mai stata né “leggera” né “pesante” e l’ottimo Meier non sarà mai, tantomeno, un digestivo. E poi perché Richard Meier? Forse perché una grande star internazionale affiancando un super-consulente comunale garantirebbe rispetto alla qualità del risultato architettonico e alla trasparenza delle procedure? Rutelli e i suoi collaboratori hanno mai sentito parlare di pubblici concorsi attraverso i quali selezionare le idee e i progetti migliori, oppure conoscono solo l’uso del telefono per chiamare gli amici vicini e quelli lontani? Ma questi sono metodi da terzo mondo; incapace di produrre studi e istruttorie serie sui gravissimi problemi della città, questa amministrazione prende in giro milioni di cittadini e migliaia di professionisti e di studiosi cercando di abbagliare con la brillantezza di qualche star di passaggio. No, caro Sindaco, così non si può più andare avanti; per riportare l’architettura “di qualità” a Roma non è necessario affidarsi alla magia e neppure ai miracoli: è tutto molto più semplice, basta “lavorare” seriamente.>> Sono passati quasi dieci anni da quando nell’ormai lontano 1995 scrivevamo queste brevi righe (che peraltro ci sono costate un decennale e non risolto ostracismo dalla stampa romana) sgomenti di quello che stava accadendo sotto i nostri occhi increduli, ben consci di quello che sarebbe potuto accadere, ma comunque, mai avremmo potuto supporre lo sgranarsi successivo degli eventi che è andato ben oltre qualsiasi più pessimistica previsione. Da allora sono cambiati sindaci, ministri, presidenti e governatori ma il pasticcio, non si è mai più chiarito, la matassa si è via via più ingarbugliata, anzi, più passa il tempo più i nodi stringono, serrando al loro interno figuranti e protagonisti intrappolati ormai nel non senso di tutta la demenziale e dilettantistica messa in scena. La questione è assai nota e ha visto inopinatamente procedere verso i suoi devastanti esiti edilizi ed urbanistici un progetto da tutti criticato, fuor che dai diretti responsabili, che ha calamitato il dissenso di chiunque abbia seriamente a cuore il futuro della città (tra gli altri, Zeri, Arbasino, Giuliano, Portoghesi, Marconi, Nicolini, Purini, Krier, Sgarbi) tutti concordi nel sottolineare l’inopportunità di un intervento gratuito, pubblicitario, giubilare, privo degli indispensabili presupposti logici, scientifici, metodologici e, per di più (ci si passi il termine, che sappiamo, opinabile), assai “bruttino”. Opera incerta, modesta, stanca e peraltro arrogante di un anziano guru della post-modernità che, altrove e altrimenti, aveva dato, ma sono passati troppi anni da allora, ben altre prove di sé. Siamo quindi vicini all’epilogo di una vicenda, esemplare nella sua negatività, prima, come luogo e occasione di una delle più scriteriate iniziative fasciste che portò alla demolizione dell’Augusteo (vicenda peraltro ancora aperta e irrisolta se si pensa ai guasti e ai rischi indotti che ancora gravano sull’area flaminia) e poi anche dei nostri tempi ultimi ove l’architettura contemporanea si va facendo sempre più mero strumento di promozione e propaganda e sempre meno presta ascolto ai bisogni urgenti, concreti e vitali della comunità urbana. Esempi analoghi si riscontrano ormai quotidianamente a spese della città storica italiana e, solo per restare a Roma, basterebbe ricordare ancora il gigantesco bluff dell’Auditorium, il caso del nuovo inutile e rutilante Centro per Le Arti Contemporanee a via Guido Reni, il MAXXI, e il suo simmetrico capitolino, il MACRO (ambedue vittime di inquietanti e chiodate dark lady del contemporaneo, effimere star di giro per decerebrate platee che affollano il demi-monde della scuola e della professione) e il caso altrettanto vergognoso del nuovo ampliamento della Galleria Nazionale d’Arte Moderna che prevede la demolizione/sostituzione di un’importante opera di Luigi Cosenza; tutte occasioni ove un uso scriteriato di ingentissime risorse porterà ulteriore nocumento al patrimonio di tutti per soddisfare la vanità e gli interessi di pochi. Per tornare quindi al “caso” Ara Pacis, allo stato dei fatti, una volta demolita la teca di Morpurgo (che si doveva e poteva conservare adeguandola con poca spesa alle eventuali necessità) che fare? Allo stato dei fatti, una volta fermato il cantiere si aprirebbero, per lo meno, due strade: una prima, potrebbe considerare un radicale ridimensionamento dell’edificio di Meier riducendolo ad una semplice teca, né più né meno dell’edificio appena demolito; oppure, se i responsabili dell’archeologia capitolina avessero un po’ più di coraggio e prendessero seriamente in considerazione anche le potenzialità di una nuova e meno affrettata anastilosi dell’antico monumento (ma per questo ci sarebbe bisogno di studi accurati e di un serio impegno scientifico del tutto assenti finora nell’intera vicenda) e quindi anche di una sua eventuale e non inappropriata ricollocazione in un contesto meno discutibile (visto che l’attuale posizionamento viene unanimemente e da sempre criticato) magari in prossimità del luogo del ritrovamento nell’area di palazzo Fiano in Lucina o nell’area contigua al Parlamento (ancora preda di un ignobile parcheggio), oppura altrove in un’area museale come quella del Museo delle Terme. Al di là di tutto questo, però, non va dimenticato l’attuale stato di abbandono e di degrado del Mausoleo di Augusto che attende ancora, anche lui, dopo settant’anni, una sua dignitosa sistemazione. Non ci soffermeremo quindi sugli aspetti giudiziari, peraltro di non poco conto, emersi strada facendo, su quelli, se del caso, sarà la stessa magistratura ad intervenire ancora, ma ci piace qui solo sottolineare alcuni aspetti desunti dalla cronaca recente sorprendenti nella loro singolarità. Sulla gratuità dell’intera operazione, c’è ormai da supporre che non esistano grandi dubbi residui, si è trattato infatti nel suo complesso di un gigantesco spot elettorale riconvertito poi per pavidità, leggerezza ed arroganza di molti in un altrettanto cospicuo ed avvilente flop etico, culturale e amministrativo. Si potrebbe quindi chiudere qui, anche se il “cantiere” chissà ancora per quanto resterà aperto ai più svariati e insondabili appetiti. Ci piace soltanto per chiudere ricordare l’ennesima trovata di uno dei padri nobili dell’urbanistica e della storiografia italiana del dopoguerra che chiamato a proporre una via d’uscita dal garbuglio ultimo ha proposto con l’autorevolezza che gli compete di demolire oltre alla teca da tempo scomparsa anche buona parte del resto cost
ruito attorno al rudere nel secolo scorso. Sembra una barzelletta oppure è sintomo grave di incipiente senilità, ma qualcuno si ricorderà che lo stesso personaggio un quarto di secolo fa proponeva lo stesso per il calderiniano Palazzo di Giustizia e qualche altro negli stessi anni anche per il Vittoriano; essere stati “figli della Lupa” vorrà pur dire qualche cosa. Ma siamo sicuri che anche di fronte a questa simpatica proposta, come ha già fatto altre volte, l’ineffabile Meier sussurrerà, candido come le sue camicie, le sue architetture, le sue vele e le sue chiome e sornione come i gatti di Roma: ”
Very nice ”.
(tratto da SPAZIAROMA n.3, 11.03.)

qualsiasi più pessimistica previsione sembra, oggi, abbondantemente superata dalla cronaca; … demolizioni, … progetto, … cantiere, … concorso, … eventi, … mostre, … architettura, … archeologia, … catering, … cui prodest?

Questa voce è stata pubblicata in Architettura. Contrassegna il permalink.

3 Responses to Roma come Las Vegas … “Very nice” …

  1. Giovanni Andrea Candeloro ha detto:

    Sono d’accordo sul contenuto del testo tratto da SPAZIAROMA solo sul fatto che l’affidamento di opere importanti vada rigorosamente fatto tramite concorso di progettazione. Per quanto riguarda tutto il resto, se nei secoli passati avesse vinto questo modo di pensare non avremmo mai avuto: chiese medievali sui ruderi dell’antichità romana; la Roma rinascimentale con Sisto V ad aprire strade, piazze e fontane; Bernini che nei seicento a San Pietro completa l’opera di mostri sacri quali Raffaello e Michelangelo; Valadier che centocinquanta anni dopo interviene anche lui sulla facciata del tempio; i Piemontesi (perchè no..?) che dopo l’unità d’Italia plasmano una città capitale europea; infine, la tanto ingiustamente vituperata architettura fascista la quale realizza quelli che (purtroppo) restano ancora gli ultimi interventi urbanistici importanti a Roma.
    SVEGLIA!
    Il progresso non va fermato.
    Importante è solo la qualità dell’intervento, non se l’intervento vada fatto oppure no.

  2. Lorenzo ha detto:

    Sono stato a Roma in questi giorni, ed appena sono arrivato mi sono subito fiondato a Piazza Augusto Imperatore per vedere dal vivo l’opera di Maier di cui tutti parlano e poter dunque dare un personale giudizio. A mio modesto parere l’edificio non è poi lo schifo che tutti dicono, certo, è innegabile il fatto che sia fuori posto, e c’è da dire che anche preso singolarmente non è nulla di eccezionale, però…….però vi dirò la verità…. a me è piaciuto e mi sono fermato per venti minuti a guardarlo da più angolazioni e ci avrei “perso” anche altro tempo se solo ne avessi avuto. Ma non sono stato colpito più di tanto dalla bellezza delle forme (come detto non eccezionali) ma piuttosto dal “fattore sorpresa” perchè quel corpo estraneo, nuovo, squadrato e bianco in quel “vecchiume” del centro storico (perdonate l’ironia), suscita perlomeno sorpresa. Ed è proprio per il “fattore sorpresa” che questo edificio è degno di esistere, turberà forse l’equilibrio stilistico e cromatico della zona, però investe lo spettatore inconsapevole di uno spettacolo inaspettato, ed è nella sorpresa che si nasconde l’emozione più grande…. ed una delle caratteristiche che un’opera d’arte deve avere è proprio quella di suscitare emozioni nello spettatore, e a me l’edificio di Maier ne ha date, e me ne avrebbe date di più se avessi ignorato completamente la sua esistenza e se me lo fossi trovato all’improvviso davanti. In fondo, anche la basilica di San Pietro era stata progettata in modo da suscitare sorpresa e meraviglia nel visitatore che arrivava dalle strette e buie stradine del borgo, che poi Mussolini ha provveduto a cancellare……

    Mi chiedo ancora però se valeva veramente la pena costruire un tale involucro solo per conservare l’ara pacis, che peraltro si può benissimo ammirare da fuori senza nemmeno pagare il biglietto d’ingresso….

    Cmq La prossima volta che andrò a Roma tornerò a Piazza Augusto Iperatore e chiederò al suo storico inquilino, Fausto delle Chiaie, un suo parere sull’opera….(dal poco che ho visto passa interi pomeriggi a guardare il museo, ma chissà, magari lo maledice, perchè ora tutti guardano quello e nessuno si ferma a guardare le sue piccolezze….o magari lo benedice, perchè c’è un motivo in più per andare nella tranquilla piazza augusto imperatore).
    La prossima volta che verrò a Roma, cmq, sarà per fare il test di ammissione a vallegiulia, così forse da ottobre potrò veramente chiamarla professore (si spera)…..e poi avrò una qualifica in più per commentare su questo bellissimo blog (non sono un leccapiedi!), perchè forse il parere di un 19enne “presuntuoso” che pensa di capirci qualcosa di architettura conta giustamente poco in un blog di questo livello……
    Un saluto

  3. isabella guarini ha detto:

    Fresco di Liceo. Lorenzo asserisce con Gianbattista Marino che ” E’ del poeta il fin la meraviglia, parlo dell’eccellente e non del goffo, chi non sa far stupir, vada alla striglia!” Infatti, nei versi del cav. Giambattista Marino abbondano giochi di parole e metafore. La sua è una poesia avvolgente, sinuosa e seducente. Non penso che Meier con la sua stereometrica chiarezza possa paragonarsi alle meraviglie barocche.

Scrivi una risposta a isabella guarini Cancella risposta

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.