Andrea Di Martino su: A VOLTE RITORNANO …
“Tra il 1965 e il 1970, quando Aldo Rossi ha avuto il suo primo incarico d’insegnamento a Milano, mi ha proposto di riprendere insieme la scuola; è così che ho deciso di provarci una seconda volta (…).
Naturale sbocco di quell’esperienza condivisa è stata la decisione di aprire uno studio insieme, vicenda durata forse, ma inevitabilmente, troppo poco (in quel breve periodo abbiamo fatto insieme due concorsi, uno per l’ISES di Napoli e l’altro per il quartiere San Rocco di Monza). A parte la bella e importante esperienza di lavorare fianco a fianco su cose quasi sempre differenti (…), il piacere di discutere, confrontarsi e condividere, che non mi è più capitato di sperimentare con la stessa intensità e piacere, hanno fatto sì che questa con Aldo sia stata l’esperienza intellettualmente più importante di quel periodo che io considero ancora il periodo del mio apprendistato. Un’esperienza che del resto non poteva durare più di quanto è durata, per una incompatibilità di carattere, chiamiamola così, che fin dall’inizio si era manifestata come estremamente feconda e insieme incredibilmente distruttiva” (G. Grassi: “Una vita da architetto”, pag. 20)
Circa la fecondità cui allude Grassi nel rievocare quel fugace sodalizio tra rifondaroli, è inutile star qui a fare delle congetture, giacchè, com’è noto, la Storia non si fa con i “se”. Piuttosto (e lo dico seriamente), mi sto chiedendo se un’architettura di Tendenza sia riconoscibile anche quando non fa tendenza”
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Mai titolo si rivelò più azzeccato. E in cuor mio spero che si riveli anche profetico, giacchè mai, come oggi, si avverte la necessità di rifondare la disciplina su basi certe. E quando dico certe, intendo soprattutto trasmissibili. Contrariamente alle apparenze, qui non si tratta di fare l’apologia di Grassi, Rossi e/o qualsiasi altro rifondarolo più o meno noto. La questione è molto più complessa, e come tale andrebbe affrontata con la massima serietà. Ci penso perchè, da parte dei docenti, ho sentito pronunciare diverse volte una frase che suona più o meno così: “mi è capitato di vedere un progetto di concorso presentato da quel mio allievo (…), laureatosi con 110 e lode, e devo dire che sono rimasto deluso”. Ciò costituisce la prova, o, per meglio dire, la riprova, che quando un progetto non nasce dall’acquisizione di un metodo ma solo dalla scelta di un riferimento ad hoc (quello, per intenderci, che ha consentito all’allievo di laurearsi con la lode), allora quella stessa lode non costituisce l’esatta misura della capacità progettuale raggiunta. A mio modesto parere, nessun riferimento è, in se stesso, un riferimento ad hoc. Più semplicemente, diventa un riferimento ad hoc solo quando l’applicazione di un metodo ne rappresenta, di fatto, la giustificazione post-facto (scusate il gioco di parole). Ciò premesso, non posso negare che rivedere oggi quei progetti (peraltro disegnati malissimo), subito dopo essere stati ri-“linkati” su un post di Archiwatch, per me non ha prezzo, forse perchè, come diceva Rossi, alcuni progetti (non tutti), possono diventare “oggetti d’affezione”, perfino (aggiungo io), quando sono disegnati malissimo (come in questo caso, appunto). Grazie!
Postilla (per SDS):
interessante!
anche se (personalmente) non vedo l’attinenza con alcunchè …
ma contento tu …
Poi sai …
in riferimento a quel non avere prezzo…
non ti illudere …
certe volte le cose capitano e basta ….
e magari il senso non è nemmeno quello che credi …
lo dico in generale …
perchè sai … qui è tutta una nebbia ! …
tutto lacunoso e spesso superficiale …
Come nella norma italica …
il caso giUoca ruoli importanti …
in ogni caso nonostante tutte ‘ste chiacchiere …
quello che mi interessa …
anche perchè il fallimento dell’urbanistica in italia è chiaro e con esso quello dell’architettura ma anche quello di gran parte dei docenti …
quello che mi interessa , dicevo …. e che su quelle poche cose sulle quali posso mettere le mani …ecco li voglio fare le cose per bene …
ovviamente per quanto è nelle mie capacità …
modeste …
e farlo bene significa in questo caso “insegnarti” che ‘na pernacchia è ‘na pernacchia!
No ‘na cosa ridicola come quella che hai postato, così intrisa di quella tenera ingenuità che abbandonerai presto capendo che altrimenti sarai solo un bocconcino pe’ li squali che te girano ‘ntorno …
ecco io me sarei mannato ‘na cosa molto più simile a questa ….
Diceva una volta Bartali:
“Gli è tutto sbagliato,
gli è tutto da rifare”
E oggi
Stamo tutti a rifà
MG
! Michele ….
ma sei veramente convinto “che stamo tutti a rifa’ ” ?
A me , francamente, non sembra …
O magari ho inteso male?
Hai ragione dovevo aggiungere:
” ….ma nun rifamo gnente!
Un po’ come il Gattopardo