FICHISSIMO … ROBBA DA SBALLO …

Schermata 2013-02-01 a 15.10.04

BIG | Bjarke Ingels Group

 Massimo V. commented on REM … EFFETTI COLLATERALI …

Questo loro sito fa sembrare tutti glia altri (da MVRDV, Herzog e De Meuron ecc..)
poveri, vecchi e noiosi:
esempi di loro video nella sezione
http://www.big.dk/#media:

http://vimeo.com/12552097#

http://vimeo.com/32561336

http://vimeo.com/40229132#

http://vimeo.com/3499612#at=0

……………..

a me personalmente quel pupazzo parlante sembra un mezzo deficiente …

capo di una banda di sciroccati di successo e truffatori allo sbaraglio …

ma evidentemente ben più coglioni di loro devono essere i loro clienti …

robba da derivati tossici all’ombra di qualche intoccabile incappucciato …

ma evidentemente, come tutte le droghe,  …

questa robaccia, ai più deboli, piace assai …

così va il mondo …

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9 Responses to FICHISSIMO … ROBBA DA SBALLO …

  1. andrea_B ha detto:

    preferisco sempre i Genesis… dentro e fuori la metafora…

  2. Massimo V. ha detto:

    a me piace soprattutto il loro approccio:
    così vitale, energico, ottimista..

    qualcun altro, forse, con la stessa grinta
    e con un più sostanza espressiva,
    potrebbe fare grandi cose.

  3. Secondo me non si tratta di architettura parametrica ma paranoica.
    Cmq non so se è colpa dei cattivi maestri o dei cattivi pusher.
    Speriamo non si propaghi più di del dovuto, sarebbe una piaga…

  4. sergio 43 ha detto:

    Perchè inguardabili? ‘Ste cose er MAXXI se le sogna! ;-))

  5. Massimo V. ha detto:

    questo progetto mi sembra notevole

    http://www.big.dk/#projects-kim

    mi sembra già di sentire i vari memmo43, sergio 58, andreaD e altri:
    che schifo, che piaga, ecc..
    ma allora, con tutta l’umiltà di questo mondo,
    vi chiedo: volete segnalare qualcosa di notevole
    che secondo voi si avvicina al buono, che non risalga agli anni 20?
    (perché così è troppo facile: dire sempre no, intendo:
    non sbagli e fai il figurone del raffinato incontentabile).

    Perché è vero che pure a me dopo Piacentini, se dovessi essere sincero,
    non mi piace nniente (a parte Zumthor, che è un caso a parte), e in questo mi trovo concorde al 100% con Pietro e Ettore; ma non vedo perché devo essere sincero, e allora dico che cose belle ce ne sono state parecchie, anche dopo di lui.
    Ma se devo cercare di vincere questa accidia dell’anima
    che mi porta costantemente a guardarmi indietro,
    allora, cercando sul serio di guardare avanti,
    mi rivolgo a coloro che sembrano più coerenti con il tempo che viviamo,
    anche se questo vuol dire essere parametrici
    (termine che sta sulle palle a chi non sa usare Revit).

    E se poi questi derivano da Rem,
    comunque Villa dall’Ava è un gran progetto.

    • memmo54 ha detto:

      Qualcosa c’è….passa poco sulle riviste per architetti. Non è molto , magari è un piccolo intervento; non fa notizia perchè è realizzato da un architetto “minore” oppure “dannato”; perchè tradizionalista ed “antimoderno” e non sventola le insegne dell’ dell’industria e del progresso: non inneggia al suo “roseo” futuro; non è al passo con “il suo tempo” e ciò è imperdonabile
      Questa delusione che sfiora il rimorso spalanca le porte a riflessioni più generali ed aspre ma non del tutto inutili.
      Di seguito ne trascrivo alcune in tema con il link proposto
      “….L’universo (che altri chiama l’Architettura) si compone d’un numero indefinito, e forse infinito, di edifici, bordati di basse ringhiere, collegati tra loro da una interminabile rete di strade. Da qualsiasi edificio si vedono gli edifici finitimi, superiori e inferiori, interminabilmente. In un punto dell’edificio passa la scala a spirale, che s’inabissa e s’innalza nel remoto.
      Estese superfici specchiate, duplicano fedelmente le apparenze e gli uomini sogliono inferire, da questi specchi, che l’Architettura non è infinita (se realmente fosse tale, perché questa duplicazione illusoria?); io preferisco sognare che queste superfici argentate figurino e promettano l’infinito.
      Come tutti, in gioventù anche io ho viaggiato; ho peregrinato in cerca di un edificio, di un progetto, forse del catalogo dei progetti; ed ora che i miei occhi quasi non possono decifrare ciò che disegno mi preparo a morire a poche leghe dall’edificio in cui nacqui. Io affermo, perciò, che l’Architettura è interminabile.
      Gli idealisti argomentano che gli edifici sono una forma necessaria dello spazio assoluto o per lo meno della nostra intuizione dello spazio.
      I mistici, da parte loro, tendono di avere, nell’estasi, la rivelazione d’un’edificio circolare con un gran prospetto continuo che fa il giro completo; ma la loro testimonianza è sospetta; le loro parole, oscure. Questo edificio ciclico è Dio?.
      Mi basti, per ora, ripetere la sentenza classica: ” La Architettura è una sfera il cui centro esatto è qualsiasi edificio, e la cui circonferenza è inaccessibile”.
      Sovente compaiono degli elementi figurativi negli edificii; non, però, che indichino o prefigurino ciò che sarà oltre. So che questa incoerenza, un tempo, parve misteriosa e prima d’accennare la soluzione (la cui scoperta, a prescindere dalle sue tragiche proiezioni, è forse il fatto capitale della storia) voglio rammentare alcuni assiomi.
      Primo: L’Architettura esiste ab aeterno.
      Di questa verità, il cui corollario immediato è l’eternità del mondo, nessuna mente ragionevole può dubitare. L’uomo, questo imperfetto architetto, può essere opera del caso o di demiurghi malevoli; l’universo, con la sua elegante dotazione di città, di edifici enigmatici, di infaticabili scale, non può essere che l’opera di un dio.
      Secondo: Il numero dei simboli architettonici è finito.
      Questa constatazione permise, or sono tre secoli, di formulare una teoria generale della Architettura e di risolvere soddisfacentemente il problema che nessuna congettura aveva permesso di decifrare: la natura informe e caotica di quasi tutti gli edifici.
      Uno di questi, che mio padre vide in una città del “circuito” quindici novantaquattro,una volta chiamato famigliarmente “Berlino”, constava degli elementi Muro Colonna Vetro, perversamente ripetuti dal primo all’ultimo piano.
      Un altro (molto frequentato in questa zona) è mero labirinto di elementi, ma l’ultimo piano mostra un timpano. E’ ormai risaputo: per un’elemento ragionevole, per una proposizione corretta, vi sono leghe di insensati accostamenti, di farragini e di incoerenze. ( So d’una regione barbarica i cui architetti ripudiano la superstiziosa e vana abitudine di cercare un senso negli edifici, e la paragonano a quella di cercare un senso nei sogni o nelle linee caotiche della mano…
      Ammettono che gli inventori del nostro linguaggio architettonico imitarono i simboli naturali, ma sostengono che questa applicazione è casuale, e che gli edifici non significano nulla di per sé.
      Questa affermazione, lo vedremo, non è del tutto erronea.
      Per molto tempo si credette che questi edifici, impenetrabili, corrispondessero a lingue preterite o remote.
      0ra è vero che gli uomini piú antichi, i primi architetti, parlavano una lingua molto diversa da quella che noi parliamo oggi: è vero che poche miglia a destra la lingua è già dialettale, e novanta piani piú sopra è incomprensibile.
      Tutto questo, lo ripeto, è vero, ma ennesime ripetizioni di inalterabili
      Muro… Colonna… Vetro …
      non possono corrispondere ad alcun idioma, per dialettale o rudimentale che sia.
      Altri insinuarono che ogni elemento poteva influire sul seguente, e che il valore di Muro.. Colonna… Vetro.. nella terzo piano non era lo stesso di quello che la medesima serie poteva avere in un altro piano di un altro prospetto; ma questa vaga tesi non prosperò. Altri pensarono ad una crittografia; quest’ipotesi è stata universalmente accettata, ma non nel senso in cui la formularono i suoi inventori.
      Cinquecento anni fa, l’architetto di un’edifico superiore trovò un edificio tanto confuso come gli altri, ma con quasi due prospetti omogenei, verosimilmente leggibili.
      Mostrò la sua scoperta a un decifratore ambulante, e questo gli disse che erano d’origine gotica ; altri dissero che vi si erano influssi orientali. Si poté infine, dopo ricerche che durarono quasi un secolo, decifrare che si trattava d’un linguaggio vernacolare nippo-romanico del Comelico Superiore, con inflessioni di architettura moresca. Questi esempi permisero a un architetto di genio di scoprire la legge fondamentale della Architettura.
      Questo pensatore osservò che tutti gli edifici, per diversi che fossero, constavano di elementi eguali:, un numero limitato di simboli ed elementi.
      Stabilí inoltre, un fatto che tutti i viaggiatori hanno confermato : non vi sono, nel vasto universo, due soli edifici identici. Da queste premesse incontrovertibili dedusse che l’ Architettura è totale, e che i suoi manuali registrano tutte le possibili combinazioni degli elementi (numero anche se vastissimo, non infinito) cioè tutto ciò che è dato esprimere, in tutti i linguaggi.
      Quando si proclamò che l’ Architettura comprendeva tutti gli edifici, la prima impressione fu di straordinaria felicità. Tutti gli uomini si sentirono padroni di un tesoro intatto e segreto.
      Non v’era problema personale o mondiale la cui eloquente soluzione non esistesse: in un qualche edificio.
      L’universo era giustificato, l’Architettura attingeva bruscamente le dimensioni illimitate della speranza.
      A quel tempo si parlò molto delle Vendicazioni: progetti di apologia e di profezia che giustificavano per sempre gli atti di ciascun architetto dell’universo e serbavano arcani prodigiosi per il suo futuro. Migliaia di ambiziosi abbandonarono il dolce edificio natale, spinti dal vano proposito di trovare la propria Vendicazione.
      Questi architetti s’accapigliavano nelle strade, proferivano oscure minacce, si strangolavano, scagliavano i progetti ingannevoli nei pozzi senza fondo; vi morivano essi stessi, precipitativi dagli uomini di regioni remote.
      Molti impazzirono…
      Le Vendicazioni esistono (io ne ho viste due, che si riferiscono ad architetti da venire, e forse non immaginari), ma quei ricercatori dimenticavano che la possibilità che un uomo trovi la sua, o qualche perfida variante della sua, è sostanzialmente zero.
      Anche si sperò, a quel tempo, nella spiegazione dei misteri fondamentali dell’umanità: l’origine dell’ Architettura e del Tempo. È verosimile che di questi gravi misteri possa darsi una spiegazione in parole: se il linguaggio dei filosofi non basta, la multiforme Architettura avrà prodotto essa stessa l’inaudito idioma necessario, i vocabolari e la grammatica di questa lingua.
      Ma già da alcuni secoli,oramai, gli uomini affaticano gli edifici… Vi sono cercatori ufficiali, inquisitori. Li ho visti nell’esercizio della loro funzione: arrivano sempre scoraggiati; parlano di scale senza un gradino, dove per poco non s’ammazzarono; ogni tanto, prendono il progetto piú vicino e lo sfogliano, in cerca di segni infami.
      Nessuno, visibilmente, s’aspetta di trovare nulla.
      Alla speranza smodata, com’è naturale, successe una eccessiva depressione. La certezza che in un qualche remoto quartiere di qualche città celava edifici preziosi e che questi erano inaccessibili, parve quasi intollerabile.
      Una setta blasfema suggerí che s’interrompessero le ricerche e che tutti gli architetti si dessero a mescolare gli elementi costruttivi, fino a costruire, per un improbabile dono del caso, questi edifici canonici.
      Le autorità si videro obbligate a promulgare ordinanze severe e la setta sparí, ma nella mia fanciullezza ho visto vecchi uomini che debolmente rimediavano al divino disordine.
      Altri, per contro, credettero che l’importante fosse di sbarazzarsi delle opere inutili.
      Invadevano le città, esibivano credenziali non sempre false, traversavano stizzosamente un quartiere e condannavano complessi interi: al loro furore igienico, ascetico, si deve l’insensata distruzione di milioni di edifici.
      Il loro nome è esecrato, ma chi si dispera per i “tesori” che la frenesia di coloro distrusse, trascura due fatti evidenti.
      Primo: l’ Architettura è così enorme che ogni riduzione d’origine umana risulta infinitesima.
      Secondo: ogni esemplare è unico, insostituibile, ma (poiché l’ Architettura è totale) restano sempre varie centinaia di migliaia di facsimili imperfetti, cioè di opere che non differiscono che per un elemento o per una dettaglio .
      Contrariamente all’opinione generale, credo dunque che le conseguenze delle distruzionii commesse dai Purificatori siano state esagerate a causa dell’orrore che quei fanatici ispirarono.
      Sappiamo anche d’un’altra superstizione di quel tempo: quella del Magister Architectorum.
      In un certa città (ragionarono gli uomini) deve esistere un edificio che sia la chiave e il compendio perfetto di tutti gli altri: un Architetto l’ha visto, ed è simile a un dio. Nel linguaggio di questa zona si conservano tracce del culto di quell’Architetto remoto; molti peregrinarono in cerca di Lui, si spinsero invano nelle piú lontane contrade.
      Ma come localizzare il venerando edificio segreto che l’ospitava ?
      Qualcuno propose un metodo regressivo: per localizzare l’edificio A, analizzare previamente i dettagli dell’edifico B; per comprendere l’ edificio B, studiare previamente l’edificio C; e così all’infinito…
      In avventure come queste ho prodigato e consumato i miei anni.
      Non mi sembra inverosimile, però, che in un certa contrada dell’universo esista un edificio totale; prego gli dèi ignoti che un uomo – uno solo, e sia pure da migliaia d’anni! – l’abbia trovato e l’abbia decifrato.
      Se l’onore, la sapienza e la felicità non sono per me, che siano per altri. Che il cielo esista, anche se il mio posto è all’inferno. Ch’io sia oltraggiato e annientato, ma che per un istante, in un essere, la Tua enorme Architettura si giustifichi.
      Affermano gli empi che il nonsenso è normale e che il ragionevole (come anche l’umile e semplice coerenza) è una quasi miracolosa eccezione.
      Parlano (lo so) della “Architettura febbrile” i cui casuali edifici corrono il rischio incessante di mutarsi in altri, e tutto affermano, negano e confondono come una divinità in delirio.
      Queste parole, che non solo denunciano il disordine, ma lo illustrano, testimoniano generalmente del pessimo gusto e della disperata ignoranza di chi le pronuncia.
      In realtà, l’Architettura’ include tutte le strutture, tutte le variazioni permesse dagli elementi architettonici, ma non un solo nonsenso assoluto.
      Queste proposizioni, a prima vista incoerenti, sono indubbiamente suscettibili d’una giustificazione crittografica o allegorica; questa giustificazione è verbale, e già figura, ex hypothesi, nell’ Architettura.
      Non posso immaginare alcuna combinazione di elementi architettonici
      muro, davanzale, mattoni, stipite, finestra
      che la divina Architettura non abbia previsto, e che in alcuna delle sue lingue segrete non racchiuda un terribile significato.
      Ma edificare è, in fine, incorrere in tautologie e questo edificio inutile e farraginoso già esiste in una delle innumerevoli città, in uno degli sconfinati quartieri – e cosí pure la sua confutazione. (Un numero n di lingue possibili usa lo stesso vocabolario; in alcune, La metodica progettualità , comunque, mi distrae dalla presente condizione degli uomini, cui la certezza di ciò – che tutto sta scritto – annienta o istupidisce.
      So di distretti in cui i giovani si prosternano dinanzi agli edifici e ne baciano con barbarie i muri , ma non sanno decifrare un solo elemento.
      Le discordie eretiche, le peregrinazioni che inevitabilmente degenerano in banditismo, hanno decimato gli architetti: m’inganneranno, forse, la vecchiezza e il timore, ma sospetto che la specie umana – l’unica – stia per estinguersi, e che l’ Architettura perdurerà: illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di edifici preziosi, inutile, incorruttibile, segreta.
      Aggiungo: infinita. Non introduco quest’aggettivo per abitudine retorica; dico che non è illogico pensare che il mondo sia infinito.
      Chi lo giudica limitato, suppone che in qualche luogo remoto gli edifici possano inconcepibilmente cessare: ciò è assurdo.
      Chi lo immagina senza limiti, dimentica che è limitato il numero possibile dei edifici. lo m’arrischio a insinuare questa soluzione: l’Architettura è illimitata e periodica.
      Se un eterno viaggiatore la traversasse in una direzione qualsiasi, constaterebbe alla fine dei secoli che gli stessi edifici si ripetono nello stesso disordine (che, ripetuto, sarebbe un ordine: l’Ordine).
      Questa elegante speranza rallegra la mia solitudine…”

  6. Pietro Pagliardini ha detto:

    Ho visto un solo filmato, quello del Danish pavillon, perchè a me non piacciono i video clip in genere e quelli con il falso vitalismo gggiovanile ancora di meno. Dice: vecchio rincoglionito che non sei altro! Può darsi, ma perchè mentre il ciclista rischia di spaccarsi la testa, a lato c’è una fiumana di gente che si sbatte a sedere, non si sa bene a fare cosa se non a esserci. Mi sembra un po’ pochino. Comunque la trovata della pista per biciclette che va su è giù nella serpentina tipo Gardaland è piacevole. Non serve a un fico secco ma è piacevole. Cosa ci faranno poi con tutte quelle biciclette posteggiate proprio non riesco a immaginarmelo. L’architettura, beh non saprei, ma meglio del MAXXI è di sicuro, non foss’altro perchè non è a Roma.
    Saluti
    Pietro

  7. Biz ha detto:

    D’accordo con Massimo. Questi non sono solo fuffa, hanno freschezza e anche una buona capacità di motivare le scelte che fanno, il che dimostra che pensano. E a questo uniscono una certa pragmaticità di tipo scandinavo, per noi italiani forse un po’ grezza, barbarica, ma nondimeno a mio parere preferibile alla palude dell’ormai incancrenito blocco italiano (da “blocco di potere” a blocco e basta, blocco di tutto … lo storicismo più paralizzante, che poi in fondo è il contrario ad un approccio come quello che avevano gli antichi tanto ammirati)

  8. Va bene.
    Registro Biz: freschezza, capacità di motivare, pragmaticità (come darti torto) o Massimo: coerenza con il nostro tempo (è vero, BIG è più aggiornato degli anniventisti) e, mettendoci del mio, io gli concedo anche una buona dose di intelligenza (cioè astuzia) in quell’autoironia nel definirsi “architetto edonista” (ahimè, mi sono pippato tutta la Ted Conference con piste da bicicletta di sotto e piste da sci di sopra) ovvero nel riconoscere nel proprio lavoro di architetto atteggiamenti superficiali e passatempo.

    Questo credo sia il punto di arrivo, la fine che è il nostro presente, la nostra teleologia dopo aver liquidato in diarrea il valore di ogni progetto sull’umanità, cristiano comunista fascista che fosse, e ha ragione chi si arrabbia quando qualche imbecille, per farla breve in un blog, arriva a sovrapporli/confonderli, del resto mica tutti sono venditori del proprio vuoto in modo intelligente e furbo.
    Tutto sembra sia stato sostituito da un’unica ideologia, quella appunto edonistica alla Ingels dell’intrattenimento, un’ideologia che si avvale, come inevitabile contrappasso, di un tritacarne peggiore di quelli che avevano le altre perché è comprensivo dei loro: è un “inferno”, è un “inferno della miseria”, è un “inferno miserabile dei più deboli”.

    Quindi Biz e Massimo avete ragione e quindi vado a concludere ma chiedo venia e perdonatemi l’ironia, che del resto sicuramente perdonate a Bjarke Ingels: EVVIVA la mistica del divertimento!
    Andiamo a spassarcela! Tutti in vacanza per sempre! Quindici anni una volta, quindici anni per sempre! Voglio una bara bianca ai miei funerali!

    Che il lavoro diventi un gioco! Che i frutti del lavoro siano giochi!
    Che tutta la vita sia un gioco.
    Anzi: il gioco dei giochi.

    Agli stupefacenti nei casi peggiori e al sesso in quelli “normali” sia affidato il massimo dell’esperienza mistica cui possiamo aspirare, il dio che possiamo incontrare.

    Risatina, scopatina, dormitina. Risatina, scopatina, dormitina. Risatina, scopatina ecc…

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