“EDILIZIA IMPOPOLARE” …

l'impopolarità di pietro

Sognavamo le New Town senza capire l’Italia

di Francesco Erbani

affari di famiglia ...

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1 Response to “EDILIZIA IMPOPOLARE” …

  1. Pietro Pagliardini ha detto:

    Ignoravo il legame di parentela, ma questo nulla cambia. Difficile e ingenuo, e forse perfino ingiusto, aspettarsi da chiunque una sconfessione del proprio lavoro quando si è raggiunta la soglia dei novant’anni anche se lucidamente portati. Ricordo bene di aver lasciato già un precedente commento qualche mese fa in cui dicevo di avere il massimo rispetto per i ricordi della persona Barucci ma non per questo di apprezzare le sue conclusioni.
    Ricordo anche di aver attribuito quei progetti ad una ideologia di sinistra, che Barucci invece nega, almeno nella sua accezione più estrema.
    Oggi il pensiero di Barucci si chiarisce ancora meglio e credo proprio che, paradossalmente, avevo ragione io allora come ha ragione lui oggi: ognuno di noi è inesorabilmente figlio del suo tempo e se oggi tutto è più “liquido”, non solo la società ma anche il pensiero, a quel tempo tutto era molto più “solido”, strutturato, organico. Credo fosse molto difficile sfuggire al proprio destino, se perfino Pasolini ha avuto successo passando come uomo di sinistra. In architettura poi….non ne parliamo.
    Mi sforzo di immaginare quando tra trent’anni si vedrà l’opera di qualsiasi architetto di fama, o anche ignoto, contemporaneo, come questa potrà essere giudicata e in base a quali parametri di giudizio. Difficile possa esserlo in chiave politica, semmai in chiave commerciale. Tutti, se ancora in vita, rivendicheranno il proprio lavoro giustificandolo con il bisogno di nuove forme dell’abitare, magari riconoscendo qualche eccesso ma sempre con lo spirito della “ricerca” e della “sperimentazione”.
    Tutto questo è e sarà umanamente comprensibile. Ma resterà razionalmente e umanamente, dal punto di vista non non all’autore ma dei “fruitori”, sbagliato. Per i progetti degli anni 70 e per quelli di adesso (quelli in voga intendo).
    E’ per questo che è opportuno e doveroso rifiutare la logica del Maestro: l’architettura non è un quadro, tanto meno un quadro concettuale, e l’autore non conta niente, non dovremmo neanche saperlo chi è, conta solo l’opera, ciò che resta, il bene o il male che essa riesce a produrre nella città, nella società, nelle famiglie, nelle persone.
    L’ego fa male all’architettura anche perchè è oggettivamente, sempre e comunque un prodotto collettivo.
    Quindi, Barucci mantenga le sue convinzioni e i suoi ricordi, ma almeno, questo sì, si poteva risparmiare la giustificazione che molti abitanti dei quartieri da lui progettati provenivano dalle baracche quasi che le case le abbia pagate lui, quasi che “a caval donato non si guarda in bocca”. Le hanno pagate invece i contribuenti e a lui si chiedeva solo di progettarle, dietro compenso, non di farle necessariamente in quel modo.
    Ma forse era davvero difficile immaginare un altro modo.
    Saluti
    Pietro

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