Da Marco Sedda: …
“Modi e parole del secolo scorso, forme d’oggi.
Grande maestro e pessimi allievi? Viceversa? O tutti pessimi?!”
…………
personalmente, ho sempre detestato le architetture di Oscar …
e fui tra quelli che, sia pur incoscientemente, lo fischiarono …
quando nel sessantacinque (?) venne, ospite di Zevi, ad ammannirci …
una delle sue torrenziali lectio magistralis, …
e che allora, molto banalmente, …
venivano ancora chiamate, semplicemente, “conferenze” …
tanto che il grande Bruno sentenziò allora …
(peraltro, gongolando assai soddisfatto della disfatta del maldestro lecorbuseriano):
“noi vi invitiamo i maestri, vi proponiamo i miti e voi ce li distruggete” …
fin da allora, comunque, quelle architetture non mi piacevano affatto …
erano false, decorative, autoreferenziali, vanagloriose, …
fumettistiche e troppo “facili” …
e forse anche proprio per questo così “popolari” …
in buona sostanza …
tutto quello che un buon architetto non dovrebbe mai fare …
per cui oggi verrebbe spontaneo un necrologio al cianuro, …
sul modello di quello che Zevi formulò nel 1960 …
in occasione della scomparsa del grande Marcello: …
“Un architetto già morto nel venticinque” …
o qualche cosa del genere …
per cui potrebbe essere abbastanza appropriato: …
“Un architetto già scomparso a Brasilia“, …
ma forse basterebbe un lapidario: …
“Un architetto mai nato” …





oggi verrebbe spontaneo un necrologio al cianuro
Verrebbe? questo che è, na mentina? :D
Eppure, forse proprio perchè decorativo, non riesco a farmelo spiacere, Ravello e Ovosodo a parte…considerata Zazzà e Fuffas, qua stiamo non dico a Michelangelo, ma forse ar meno peggio der bigoncio…
Al peggio non c’è mai fine
Pietro
In effetti rispetto alle giovani stelle, le sue sono architetture composte…
Un grande architetto.
A quel “mai nato”, aggiungerei un puerile ma doveroso “certamente onu”.
ma nun c’arriverete mai voi però…
Senz’altro, ma siamo contenti perchè ci sarà arrivato di sicuro lei
Pietro
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si scherza eh…
http://www.amatelarchitettura.com/2012/12/oscar-e-lapproccio-terminator/
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Gentile professore,
trovo sensato parlare delle architetture di Niemayer come di opere decorative, banali o modaiole nell’atto creativo. Sul web impazzano decine di documentari con il nostro Caro ultranovantenne che disegna corpi di donne nude o piante tropicali spiegando che l’architettura è lì in quelle curve e in quelle dei fiumi e delle spiagge…un discorso obiettvamente poco didattico se non fuorviante….dal quale guarderei un giovane studente di architettura. . .ma i vecchietti si sa son romantici.
Ma…se il suo caro Zevi ci ha insegnato a dividere l’Opera di Le Corbusier dal dopoguerra, parlando di una svolta espressiva “pessimista” in Ronchamp e a La Tourette, perchè non parlare di un Niemayer dell’utopia socialista e in quello del dopo d’esilio -delle uova alla coques per intenderci-?
Un aspetto di cui si parla poco nei necrologi è invece la storia di Niemayer come architetto Brasiliano. (Noi studiamo Piacentini, no?)
Credo che Niemayer con Antonio Carlos Jobin, Gilberto Gil, Brule Marx abbia inventato l’identità culturale moderna Brasiliana e latinoamericana in genere. Già il sogno di Brasilia, la capitale nel deserto che volta le spalle alla costa e al passato coloniale. Città che fa il canto alle megastrutture rigide nord Americane e Europee…sperimentando un’urbanistica “musicale”. RInnegando Le Corbusier e l’Internazionalismo, ma assorbendone le innovazioni, inventa un linguaggio che nasce dal paesaggio ed esiste per la tecnica. Esempio di autonomia intellettuale. La sua fiducia nell’inventiva, a volte semplicistica, derivava dalla necessità di un Continente di trovare un’espressione propria e collettiva. Artistica, si. Che per altro a me piace.
Segnalo infine, per allargar le vedute, una trasmissione radiofonica del grande Valerio Sciatto a riguardo:
http://www.ondarossa.info/newsredazione/oscar-niemeyer-oltre-larchitetto
Saluti
G.