NOVO DE PACCA …

Grazzano Visconti

nel nome del gusto e del blasone …

Questa voce è stata pubblicata in Architettura. Contrassegna il permalink.

8 Responses to NOVO DE PACCA …

  1. emanuele arteniesi ha detto:

    “…chi vive deve essere sempre pronto ai mutamenti.”
    Ehteog

  2. salvatore digennaro ha detto:

    bello

  3. giancarlo galassi ha detto:

    Più che bello oggi è soprattutto molto curioso. Proprio solamente oggetto di curiosità neogotiche, neoromaniche, neoromantiche, neoeclettiche.
    Aveva un valore, un valore culturale vero, prima della costruzione del Castello della Bella Addormentata a Orlando, prima di un mondo disneyzzato costruito per dimenticare, perché sorvolassimo sui problemi veri intrattenendoci, prima che facessero del nostro tempo libero dal lavoro oggetto di mercato da riempire di tutta la merce spazzatura possibile.

    Fino a farci desiderare di voler abitare architetture spazzatura. A pensarle come il meglio del meglio.
    A furor di popolo.

    Bisognerebbe impedire di copiare oggi – a propos di copie – architetture come queste, o architetture comunque vecchie, proprio per non svalutare le originali.

    C’è differenza tra cultura e spazzatura. Per chi pensa valida una scelta di campo.
    Ma oggi c’è anche la cultura della spazzatura e quindi avanti con gli spandirumenta.

  4. Pietro Pagliardini ha detto:

    Giancarlo, senza troppo approfondire, direi con leggerezza, quali sarebbero i “problemi veri” di uno che volesse farsi una villa neo-come gli pare? Se la fa alla Mies risolve forse qualche problema?
    A me l’unico problema sembra se la fa nel posto giusto o nel posto sbagliato. Il resto, mi pare, sono problemi suoi.
    Ciao
    Pietro

  5. giancarlo galassi ha detto:

    Io credo che architetture come quelle sulla sinistra di via Ardigò a Alessandria, così fuori posto – il loro posto è gardaland – come quelle sulla destra di via Ardigò così fuori posto – il loro posto nemmeno è individuabile – dimostrano che qualche problema sul tema del ‘posto’ gli architetti ce l’abbiamo e non sappiano più risolverlo per la superficialità a cui hanno ridotto l’architettura (basta considerare come hanno affrontato il problema storico morfologico i due autori). E senza alcuna speranza sembra. L’esistenza di via Ardigò, come di tante, è un problema di tutti.
    Se dio un ci potesse salvare, l’uomo non vorrebbe comunque.

  6. giancarlo galassi ha detto:

    Rivista la foto. Noto come ho confuso destra sinistra, il che significa molto sul valore intercambiabile delle due architetture (oppure sul valore della mia memoria a breve termine).
    Proprio il ‘valore’ è il problema.
    Che contributo danno edifici del genere a dare un senso al nostro modo di stare al mondo oggi?
    E’ una domandina un po’ troppo mistica e perciò è assai indecente oggi porsela in pubblico.
    Naturalmente le risposte che l’architettura può dare sono quelle che l’architettura può dare, cioè risposte di pilastri, di mattoni, di relazioni tra le parti ecc…
    La domanda, dispiace per Oscar Wilde è sempre quella e non ci vuole un genio per porsela.
    Le risposte sono difficili e da aggiornare continuamente.

    Non c’è nemmeno ad Alessandria, come in Graves, l’ironia che manda in solucchero gli architetti colti quando ironicamente piazza i sette nani a reggere il timpano dell’Heisner Building.
    Non c’è nemmeno la presa per i fondelli di Natalini, che con il suo lavoro prende in giro tutti, inclito popolo furoreggiante, pubblicisti electiani e in fondo in fondo anche se stesso perchè tra gli osanna ha finito per crederci dimenticando che aveva iniziato a cazzaggiare per il gusto di cazzeggiare.

    In Krier, quello a destra di via Ardigò, non c’è nemmeno ironia. Nemmeno presa in giro.
    Ci crede proprio.
    Vai Leon! Perdiamo tempo perfino nel traffico che se ne perdiamo anche con te non fa niente.
    Basta esserne consapevoli.

  7. regolablog ha detto:

    Certo, Giancarlo, che ce l’abbiamo un problema con il “posto”. Ce lo abbiamo così tanto che ad un certo punto abbiamo pensato ad architetture asettiche, purissime, così geometricamente astratte da avere perduto qualsiasi carattere di naturalità. Un’architettura senza luogo, e perciò senza corpo, un universalismo architettonico, più che uno stile internazionale. Fors’anche con la convinzione di rispettarla la natura, inserendovi qualcosa di completamente diverso, di “altro” dalla natura stessa: tu sei quella noi siamo queste, tu sei passione noi siamo ragione, tu sei carne noi siamo spirito allo stato puro. Il corpo è brutto lo spirito è bello. La naturalità come peso, gravame, corruzione piuttosto che come valore inscindibile e parte integrante della natura umana.
    Una visione religiosa, in fondo, non cattolica certamente, piuttosto calvinista, certamente illuminista con qualche piega massonica. Non è un caso che Tom Wolfe, nel suo ottimo Maledetti architetti (titolo originale “From Bauhuas to Our House”) parli di setta religiosa i cui ministri sono appunto gli autori di quelle architetture.
    Nella nascita c’è scritto molto anche della crescita. Perduta questa capacità di entrare in sintonia con il luogo e sostituita con la negazione del luogo, con una architettura “interiore”, tutto il resto viene da sé. Tu mi porti ad esempio, un po’ malignamente, Alessandria, Lèon Krier e Gabriele Tagliaventi, a fronte di una situazione e di un progetto del post tutt’affatto diverso proprio per “luogo”. Attenui quelle che tu ritieni colpe condannando sia l’architettura in sinistra che quella in destra (sono andato a guardarla su street view), ove sappiamo che l’una è largamente prevalente e l’altra largamente minoritaria, di nicchia.
    E’ logico che ritessere la tela strappata comporti tentativi che hanno, in buona parte, un valore provcatorio e programmatico: come fare altrimenti a dimostrare la possibilità di un ritorno ad una architettura, ad una città che abbia elementi di figurazione capaci di riavvicinarci a quella parte di naturalità che è in noi? Certo, il tempio con la colonna centrale, che accoglie una banca è eccessivo e non si capisce se sia una presa in giro o un ossequio al potere finanziario o la voglia di stupire e, in qualche modo, rimanda più a Polifemo con un solo occhio che all’uomo. Però c’è pur sempre figurazione. Certo che le forme un po’ asburgiche dell’intervento non vanno esattamente verso un ascolto del luogo. Certo che l’isolato, per essere totalmente pedonale e quindi con un garage interrato che occupa tutta la sue superficie, assume un carattere da isola felice e quindi non molto relazionato all’intorno (ed è per questo che io credo all’integrazione tra auto e pedoni), anche se credo che i suoi abitanti siano molto soddisfatti di questa condizione, ma perché questo è così criticato e invece interventi analoghi, ma con moderne architetture vengono propagandate giornalmente come avanzate, eco-bio-sostenibili?
    Quindi, Giancarlo, nessuno ha la verità in tasca, tutti sono (siamo?) alla ricerca non del nuovo, che lì abbiamo già dato anche troppo, ma di una strada possibile, non per gli architetti, per tutti. Questo mi sembra l’elemento dirimente. Io credo che non esista architettura senza chi la abita, altri credono che esista in sé, quindi per gli architetti e basta.
    Saluti
    Pietro

  8. sergio 43 ha detto:

    A ottobre mi hanno operato al cuore, sono stato due mesi ricoverato, prima in ospedale e poi in riabilitazione. Mi hanno proibito di guidare la macchina per tre mesi. Quando finalmente ho ritenuto di poter uscire sono andato dal commercialista dietro Villa Torlonia. Firmate alcune carte ho ripreso la vettura ma non sono riuscito a tornarmene subito a casa. Come Nanni in “Caro Diario” me ne sono andato a zonzo in giro per Roma. Avevo un bisogno fisico di vedere case, strade, piazze. Roma mi è apparsa di nuovo bellissima, bellissima perchè diversissima, diversissima perchè vitalissima nel corso della sua storia come vitale è tutto ciò che è degno di chiamarsi città e non necropoli. Davanti gli occhi si squadernavano, come viste per la prima volta, epoche, stili, dettagli i più diversi e ho capito di nuovo che l’Architettura, tutta l’Architettura é vita, sogni, i diversi sogni di ognuno, scolpiti nella pietra, dedizione, estroversione amorosa e poche giaculatorie. Poi, come per tutte le cose che hanno vita, ci possono essere dei virus, degli aspetti virali, che creano offesa all’esistente! Ma chi se ne importa! Anche i virus sono vita che hanno il diritto/dovere di esprimersi! Dobbiamo solamente studiarli perchè non facciano troppo male ma non li possiamo/dobbiamo cancellare perchè sarebbe come voler cancellare la vita!

Scrivi una risposta a sergio 43 Cancella risposta

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.