Nikos … e la sirena …

Nikos Salìngaros, … ancora sotto l’effetto della Fata Morgana, … ma, evidentemente, scandalizzato dall’ultima sirena, … ci scrive: …

“Caro Professore,

Sono stato a Reggio Calabria il settembre scorso. Sì, il lungomare è tra i più belli nel mondo, e, come il terremoto ha distrutto tanto partimonio storico da molti secoli, questa passeggiata vedendo Messina alla costa opposta è veramente il gioiello, il cuore e la vita della città.

Nella mia conferenza presentata all’università (Connettando la Costa Frattale), ho detto anche di stare attenti di non rovinare il lungomare con un inserimento «contemporaneo». Parlando immediatamente dopo di me, l’amico Franco Purini ha criticato le archistar per i loro eccessi. Più di questo non potevamo fare…

Saluti a tutti”
Nikos

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5 Responses to Nikos … e la sirena …

  1. Biz ha detto:

    Non è il lungomare. E’ il WATERFRONT … REGIUM WATERFRONT, minghia (pron. RIGIUM UODTERFRONT).
    Cerchiamo di non essere provinciali, e di essere più cool please. (pron. CUL PLIIIS)

  2. isabella guarini ha detto:

    Non vorrei intromettermi tra Scilla e Cariddi, ma c’è anche il Lungomare di Napoli, con lo sfondo del Vesuvio, da difendere perché messo in pericolo dai costruttori di imbarcazioni che vorrebbero trasformare il Lungomare, per cui Napoli è conosciuta nel mondo, in porto turistico con parcheggi sotterranei. Da anni durante l’esposizione del Nauticsud vengono presentati progetti di porti turistici invasivi di tutto il Lungomare su cui si trovano la Villa Reale, Castel dell’Ovo e Mergellina dove è la tomba di Virgilio,di fronte alla Penisola Sorrentina, Capri, Ischia e Procida . Di fronte a tanta a grazia, ci si preoccupa dei poveri diportisti che non sanno dove sporcare terra e mare. Anch’io sono preoccupata ! Non vorrei che cadesse il sigillo globale di ceralacca anche su il Lungomare di Napoli! Bisognerebbe inviare una petizione la nostro Presidente della Repubblica per segnalare il fatto che i Lungomare nel Sud sono il simbolo dell’Unità d’Itala. Infatti, furono realizzati dallo Stato unitario con grandi opere d’ingegneria, come la colmata e muro parabolico in pietrarsa per il Lungomare di Napoli e l’interramento della linea ferrata per liberare quello di Reggio Calabria.

  3. Pilia Emmanuele ha detto:

    Penso sia meglio difendere questi luoghi dai propri abitanti che da investimenti esteri. E lo dico da napoletano.

  4. manuela marchesi ha detto:

    Dopo l’ultima sortita del “presidente del Consiglio-ponte sullo Stretto-grandi opere”, sono sempre più allibita di fronte a tanta ingordigia camuffata da “politica-del-fare”, alla quale in qualche modo si rispecchia quella di un certo “welfare”, pur se con tutte le differenze. Mi spiego: il cuore della questione si trova nel comprendere il genere di crisi attuale, che è la crisi di un modello di sviluppo ormai andato e che, se ancora adottato, andrà a remengo con l’economia e con la vivibilità del pianeta appresso. Mentre il welfare deve puntare a visioni di lungo periodo per essere vero welfare.
    L’ostinazione sulle grandi opere fa coppia e rima con il fenomeno degli Archistars, con la voglia di sfruttare, fino all’annullamento delle risorse, il tornaconto (che il “grande progetto ingegneristico vagheggiato fin dall’antichità” o il clamore che suscitano architetture a dire poco stravaganti,) di politici e/o professionisti, di promotori e progettisti “di chiara fama”.
    A che pro questa furia di distruzione mascherata da modernità? Perché non vedere che la ricerca e l’applicazione di energie davvero rinnovabili creerebbero posti di lavoro duraturi e vantaggiosi per la comunità anche in termini di salute? Perché tollerare la piaga di disagi quotidiani? (treni insufficienti e sudici, ferrovie a binario unico come sbarco del Ponte famoso, strade in trentennale cantiere, monconi di cavalcavia quali testimoni di affari tantomeno loschi eccetera…)
    La misura d’uomo è a misura d’uomo, ed è anche bella.
    Ho guardato con grande piacere e con sorpresa il sito http://www.sardegnadigitallibrary.it segnalato su questo blog tempo fa, e ne ho fatto una sorta di riferimento personale. Scorro le immagini piccole e apro quelle che mi colpiscono, facendo scoperte notevoli sull’operato di molti architetti che, tra l’altro, non sapevo avessero operato in Sardegna. E ho trovato, per esempio, un “Renzo Piano” a dimensione umana (Cagliari – sede del CIS) che non gridava il nome dell’autore. E così per tante altre opere di altri progettisti famosi. Ne deduco che la vicinanza ai problemi reali della città, del territorio (brutta parola abusatissima…), delle vere esigenze, sia la chiave per un modello di sviluppo non inquinante, sia visivamente che nel senso concreto del termine. Non ultimo, il modello porta lavoro.

  5. Pietro Pagliardini ha detto:

    Manuela Marchesi, questa volta, contrariamente al solito, la seguo poco. Se lei intende che il momento economico e sociale attuale sconsiglia le Grandi Opere perché non adatte a creare lavoro e a far girare denari a breve termine, sono d’accordo con lei. Un mio amico che si dedica molto a problemi economici mi dice che sarebbe oggi necessario investire in tante piccole opere pubbliche, anche di manutenzione, anche di tappare le buche delle strade, per dare lavoro alle piccole imprese locali e quindi dare una boccata d’ossigeno all’economia nel suo complesso.
    Questo mi sembra un discorso molto ragionevole e alla lunga anche utile a rimettere un pò in sesto le nostre maltenute città, con ricadute d’immagine, e quindi economiche, positive.
    Di qui a dire che tutte le grandi opere sono sbagliate ne corre. Oggi abbiamo l’alta velocità funzionante per una bella tratta, una grande opera appunto, e a me sembra un fattore di grande utilità e arricchimento. Chissà perchè l’alta velocità francese deve essere considerata un vanto e la nostra no. Certo ha il merito di essere arrivata molto prima, ma questa è la riprova che certe grandi opere sono auspicabili e necessarie.

    Quanto alle energie rinnovabili una cosa è la ricerca un’altra l’economia. Questa è sì molto fiorente ma in quanto sostenuta dai contributi senza la quale vi sarebbe ben poco di economico nel loro utilizzo. Non dico che sia male dare contributi però affidarci l’economia intera di un paese non mi sembra proprio una gran soluzione.

    E se Obama la pensa diversamente, pazienza: non è mica costretto a pensarla come me.

    Saluti
    Pietro

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