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Archivi
No non è possibile!
Giancarlo ci mancheranno le tue parole, i tuoi sorrisi
sono sconcertato! Mi dispiace immensamente
Come l’ho conosciuto? Da una locandina su Archiwatch avevo saputo di una conferenza su Gianfranco Caniggia condotta da un “Giancarlo Galassi”. Andai ad assistere alla sua lezione in Facoltà dove non capitavo da anni e anni. Lo vidi un po’ da lontano, lui sulla cattedra in Aula Magna. La lezione sugli “ometti”. Bellissima. Quando su Archiwatch lessi il suo nome per un articolo lo ricollegai al ragazzo sulla cattedra. Sempre da una locandina su AW vengo a sapere di una lezione sul mio ex professore Saverio Muratori. Anche questa volta non potevo mancare. Alla cattedra questa volta c’era Franco Purini e altri. Mi sembra di riconoscere Giancarlo dall’altra parte dell’Aula. Finisce la lezione, usciamo, mi fermo a mi guardo intorno, i corridoi…e il bagno della mia giovinezza. Vado verso lo scalone per uscire e lo rivedo davanti al finestrone mentre parla con un collega. Oramai tutto della Facoltà dopo tanto tempo mi intimidiva un po’, mi sentivo un estraneo. Mi faccio un po’ forza e, cercando di fare lo spiritoso, interrompo la loro conversazione: “Galassi? Sono Sergio 43″. Mi sorprende, invece di una certa freddezza per un estraneo, la piacevole sorpresa sul suo volto di ricollegare a sua volta delle righe strampalate a un volto. Mi presenta Ruggero lenci che gli sta dedicando un suo testo. Ma Giancarlo è troppo divertito per questo incontro e prega Lenci di farci una foto insieme. E’ la foto che ci vede tutti e due sorridenti in una vecchia mesata di AW. La recupero e sembriamo ancora due divertiti ragazzini. Ci rivediamo ai funerali di Paolo Marconi ai SS. Luca e Martino. Usciamo e, oramai in confidenza, cominciamo a parlare di noi stessi. Mi dice con sorridente e sorprendente coraggio quello che ha. Colpito da tanta semplice noncuranza gli racconto del mio acciacco e dei miei by pass. Ne parliamo come fossero cose che non ci riguardano direttamente. Ci salutiamo certi che ci sarebbero state altre occasioni di incontrarci. Invece passa un po’ di tempo. Lo leggo con simpatia su AW. Un giorno parlo del mio Casilino 23 e lui, che già ne conosce la struttura, me ne parla con curiosità. Io sto a casa da un paio di mesi perchè ho passato un bruttissimo periodo a causa di un errore in sala chirurgica e lo invito a venirmi a trovare per fargli vedere anche il taglio dell’appartamento. Lui se lo studia per bene, lo apprezza e ne riparla su AW. Qualche tempo dopo, durante una passeggiata nel mio quartiere ne faccio delle foto. Con una e-mail le mando a lui privatamente con delle mie considerazioni. Invece ritrovo quella e-mail su AW. Quando lo chiamo per dirgli che mi ha fatto un scherzo, ne ride allegramente. Lo chiamo al telefono cinque giorni fa , il 14 scorso. Su AW è apparso il montaggio di una vecchia raffigurazione del Porto di Ripetta accanto al Mausoleo di Augusto circondata dalle acque dell’ultimo temporale. Ci salutiamo e lui per primo mi chiede come sto: Io bene. E tu?. Con la solita semplicità mi fa capire così così. Lasciamo cadere l’argomento e vengo al punto. Sa come posso avere una copia della foto perchè mia figlia ne è interessata? Mi da la dritta giusta. Parliamo un po’ della situazione professionale e lo sento stranamente amareggiato, lui sempre così ponderato. Ci salutiamo. Sull’argomento Augusteo allagato ne parliamo ancora, scherzando sul tema, con Manuela Marchesi il giorno dopo, il 15 successivo.
Questa mattna, 19 febbraio, sono alla Villa di Massenzio per il mio turno di Volontario del Touring Club. Tutto il complesso della Villa, Stadio, Palazzo e Mausoleo compreso, dovrebbe essere aperto e inaugurato il prossimo 11 marzo. Vengono dei tecnici per un sopralluogo, entriamo nel Mausoleo e le troviamo allagato da un metro e mezzo d’acqua. La situazione è impressionante ma allo stesso tempo suggestiva. Mi ricorda la cripta di una basilica di Ravenna, colma d’acqua e dove nuotano i pesci. Ne scatto una foto e mi riprometto, appena scaricata, di spedirgliela. Troppo forte, mi dico, Un mausoleo allagato a me e un mausoleo allagato a te……Apro AW per la mia visita serale, per scrivere qualche sciocchezza e mi scoppia in faccia questa bomba! il suo volto che mai ha messo in evidenza la sua malattia è lì, bello, sereno e signorile.
Ieri sono stato al funerale di un’altra cara persona, di un’età molto maggiore, l’attore Toni Ucci, un nome che dice ancora qualcosa a quelli della mia generazione. Commozione, il sacerdote dice le poche, necessarie parole di conforto, poi si invita l’amico più caro del defunto a ricordarlo e mi preparo di nuovo alle solite parole sempre dette in queste occasioni. Invece l’amico, un altro attore dei miei tempi, Elio Pandolfi, estra un foglio e ci legge la lettera di Sant’Agostino d’Ippona sulla morte. ” La morte non è niente. Sono solamente passato dall’altra parte….Quello che eravamo prima lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare….Continua a ridere di quello che ci faceva ridere….La nostra vita…è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza….”. Tremo pensando al dolore della sua famiglia per ciò che ha perso. Come amico so che, come diceva Sant’Agostino, Giancarlo non è lontano, è dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Mi dispiace tantissimo.
Mi ero abituato ai suoi scritti.
Anche se non lo conoscevo direttamente, le sue parole, i suoi scritti erano quelli di un architetto coltissimo.
Ho sempre letto con tanta ammirazione quanto scriveva.
MAURO
Condoglianze alla famiglia e un ricordo nella preghiera.
Il Galatticoo ! Non lo conoscevo… e questo è sempre un vantaggio. Tornato nelle galassie da cui proveniva. Saluti, a bien tot.
Ho sempre letto con molta curiosità mista ad ammirazione i suoi post qui su AW, sempre ironici, stimolanti, “spessi”. Messaggi che non potevano essere letti superficialmente. Non l’ho conosciuto di persona ma mi ha sempre dato l’idea di essere normale e, come tale, il più anticonvenzionale di tutti, con la sua (in)attualità di matrice caniggiana.
Non posso che associarmi a quanto scritto dagli altri, è un dispiacere enorme.
Sergio
non lo conoscevo, comunque rimasi colpito dalla sua disponibilità a fornirmi del materiale dietro mia richiesta. Mi mancheranno i suoi post che leggevo con estremo interesse e che la terra ti sia lieve.
Che la terra ti sia finalmente lieve
Io non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all’ orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
(Alda Merini, Terra d’Amore, 2003)
Ho conosciuto Giancarlo Galassi un giorno, a novembre, in aula magna …
in uno scambio di mail in privato mi aveva lasciato il suo numero di telefono …
ci cercammo nell’aula chiamandoci al telefono …
alzando il braccio per riconoscerci …
Gli avevo poi anche inviato delle fotografie di una chiesa di Ildo Avetta realizzata qui … vicino Roma …
Mi ringraziò con grande entusiasmo del materiale e da lì partì il suo approfondimento sull’edificio … che si concluse con un bel post sulla chiesa del “Sacro Cuore di Gesù Agonizzante” a Vitinia …
Era molto interessato alle chiese di Avetta …
Mi disse poi …
Eh! … tanto qualcuno dovrà pure “farlo” ‘sto libro su Avetta …
Devo dire che ultimamente si era anche ferocemente arrabbiato, privatamente e pubblicamente, con me per la maniera secondo lui esageratamente caustica e od ossessiva, forse secondo lui inappropriat, con la quale mi dilungavo su certe questioni …
Mi aveva dato del “prestinenzapuntiglioso” di serie B … se non ricordo male …
Ma insomma … su archiwatch ci si sta anche con un poco di sprezzo per il pericolo che si corre ..
E a volte non era da meno … magari in maniera anche meno decifrabile …
Scrisse una volta , più o meno scherzando (…vado a menoria) … ”come si cade su Archiwatch non si cade altrove …”
! ma ognuno è fatto come è fatto …
Certamente era deluso da questa professione che al contempo lo appassionava ancora …
Me ne ha scritto!
E quindi mi ero preso, un giorno, anche la libertà , scherzando, di premiarlo …
ma sinceramente ….
Attribuendogli il premio “Le Mejo Chiacchiere di Architettura”…
le sue …
cosa vera …
Evidentemente colto, voglio lasciargli la voce del grande poeta argentino Juan Gelman …
una cosa che certamente gli sarebbe piaciuta …
e nella quale lo vedo …
almeno per queste due righe che seguono …
“… tío juan era así/le gustaba cantar/
y no veía por qué la muerte era motivo para no cantar/ …”
SOBRE LA POESIA
habría un par de cosas que decir/
que nadie la lee mucho/
que esos nadie son pocos/
que todo el mundo está con el asunto de la crisis mundial/ y
con el asunto de comer cada día/ se trata
de un asunto importante/ recuerdo
cuando murió de hambre el tío juan/
decía que ni se acordaba de comer y que no había problema/
pero el problema fue después/
no había plata para el cajón/
y cuando finalmente pasó el camión municipal a llevárselo
el tío juan parecía un pajarito/
los de la municipalidad lo miraron con desprecio o desdén/murmuraban
que siempre los están molestando/
que ellos eran hombres y enterraban hombres/ y no
pajaritos como el tío juan/especialmente
porque el tío estuvo cantando pío-pío todo el viaje hasta el crematorio municipal/
y a ellos les pareció un irrespeto y estaban muy ofendidos/
y cuando le daban un palmetazo para que se callara la boca/
el pío-pío volaba por la cabina del camión y ellos sentían que les hacía pío-pío en la cabeza/el
tío juan era así/le gustaba cantar/
y no veía por qué la muerte era motivo para no cantar/
entró al horno cantando pío-pío/ salieron sus cenizas y piaron un rato/
y los compañeros municipales se miraron los zapatos grises de vergüenza/pero
volviendo a la poesía/
los poetas ahora la pasan bastante mal/
nadie los lee mucho/ esos nadie son pocos/
el oficio perdió prestigio/ para un poeta es cada día más difícil
conseguir el amor de una muchacha/
ser candidato a presidente/ que algún almacenero le fíe/
que un guerrero haga hazañas para que él las cante/
que un rey le pague cada verso con tres monedas de oro/
y nadie sabe si eso ocurre porque se terminaron las muchachas/ los almaceneros/ los guerreros/ los reyes/
o simplemente los poetas/
o pasaron las dos cosas y es inútil
romperse la cabeza pensando en la cuestión/
lo lindo es saber que uno puede cantar pío-pío
en las más raras circunstancias/
tío juan después de muerto/ yo ahora
para que me quieras.”
Juan Gelman (‘Hacia el sur’, 1982)
Grandissimo rammarico
Scrivo poco, la leggo tutto di AW.
Gli scritti di Galassi mi mancheranno molto!
Sinceramente dispiaciuto.
Gianca’! Manco il tempo di prende un ultimo caffè ci abbiamo ormai. Neanche due settimane fa t’ho intravisto con tua figlia sotto casa che salivate sul motorino ma non mi sono fermato, neanche il tempo di un saluto che se no si fa tardi in ufficio. Il boccone in pausa pranzo poi, qui a Talenti, c’avevamo rinunciato: una volta stavi incasinato tu, l’altra io, non c’abbiamo avuto tempo. Mo’ come faccio a lamentarmi io, che a te di tempo te ne hanno concesso così poco?
Ma perché? Ma che è successo?
Quel poco che ti ho conosciuto Gianca’, spesso solo il tempo di un caffè, quel tuo modo mite di voler dialogare e comunicare quello che ti appassionava, mi ha sempre fatto desiderare di avere più tempo per chiacchierare con te. Adesso dovrò rinunciare pure a quel desiderio. Perché Gianca’, perché?!
Chi ha seguito con interesse, o anche solo con curiosità, tutti i post di Giancarlo Galassi, forse ricorderà qualche scambio di battute (di cui quelle del sottoscritto sono solo una goccia nel mare), incentrate su temi assai poco propensi a quel che si dice “una convergenza di idee”. Ciò premesso, mi sto chiedendo (non senza imbarazzo), se anche una semplice esternazione di dolore, per quanto sincera, possa richiare di apparire come un’inutile frase di circostanza, in quanto pronunciata da chi, come me, non ha mai avuto occasione di incontrare Giancarlo Galassi, pur conoscendo persone che, a vario titolo, lo hanno conosciuto, e che, proprio per questo, a vario titolo me ne hanno parlato. Nel dubbio, prendo per buona la risposta che mi trae dall’imbarazzo. Sì, è inutile. Sarebbe inutile. Inutile come qualunque tentativo di dipanare un qualsivoglia dubbio su quello che era (e resta) il più grande dei misteri, anche per me che credo (o credo di credere) in una vita ultraterrena, perchè già solo il fatto di non sapere esattemente in cosa consista (o in cosa consisterebbe), è per me motivo di eterno imbarazzo. Ma una cosa la voglio dire, anzi mi pare perfino doveroso dirla. Se penso al tempo che intercorre tra la data dell’ultimo post di Falso Cascioli e la data della dipartita di Giancarlo Galassi, ne scaturisce la conferma, sia pure indiretta, di quell’attaccamento alla vita che costituiva il tema su cui era incentrato il necrologio di Sergio 43, ovvero l’attegiamento di chi riesce a ridere della propria esistenza pur dovendo sopportare sulla propria pelle tutti quei segni che, di quell’esistenza, ne annunciano una fine prematura. Di certo non è cosa da tutti. Io che in età prematura (ossia antecedente la cosiddetta “età della ragione”) ho sofferto di un male che mi ha concesso di stare al mondo solo per “il rotto della cuffia” (stando alle testimonianze di chi mi ha assistito in quei momenti), non ho mai potuto smettere di chiedermi come avrei reagito se avessi vissuto quei momenti in piena coscienza, ossia nella consapevolezza non solo di cio che mi stava capitando, ma anche di quello che mi sarebbe potuto capitare. Inutile dire che l’impossibilità di dare una risposta (anche solo a me stesso) è per me motivo di ulteriore (e ben più grave) imbarazzo. Per questo, lo voglio dire (almeno a coloro che, seguendo solo da poco questo blog, non possono saperlo): quel Giancarlo Galassi di cui stiamo parlando e quel Falso Cascioli che, dalle pagine del blog, rideva di lui nella stessa misura in cui rideva di tutti gli altri (modernisti e “passatisti”), in realtà erano la stessa persona. Per chi, avendo letto queste mie note, volesse saperne qualcosa di più, posso solo suggerire di digitare la parola chiave “Falso Cascioli” nell’apposita casella di ricerca del blog. Inutile dire che, a suo tempo, l’ho fatto anch’io, ma, ciò che più conta (e che fornisce un senso a queste mie note), l’ho fatto dopo aver visto qualche vignetta poco tempo dopo essermi imbattuto in questo blog, ossia in un momento in cui non potevo certo sapere che Cascioli e Galassi erano la stessa persona. In realtà, l’ho saputo solo di recente. Ora più che mai vedo scorrere davanti ai mie occhi, come in una rapida sequenza filmica, tutta una serie di vignette come “Roma sparita”, “Se i muri potessero parlare”, “Contaminazioni”, e poi tutte quelle (innumerevoli), incentrate su Quaroni, Purini, A. Bonito Oliva (e la sua insolita trovata di farsi fotografare in “costume adamitico”), i “bacarozzi” di Piano, la sostenibilità, l’edilizia partecipata (vista però nell’ottica della rivalità tra donne), il Corviale, le vele di scampia (quando se ne prospettava la demolizione), e, last but not least, quel “giustizia somaria” (con una sola “m”, appunto), incentrata sulla persona del sottoscritto. Vignette che, in buona parte, prendevano spunto da una qualche considerazione di qualcun’altro, magari postata poche ore prima, dimostrando, con ciò, di poter unire intuizione e improvvisazione. Ecco: intuizione e improvvisazione. Da sempre, i segreti del genio. Perchè al di là delle posizioni personali del Galassi in materia di architettura e arte contemporanea, sta di fatto che da quelle vignette traspare una certa dose di genialità. Pur senza nulla togliere al dolore che avverto, mi piace pensare che in quelle vignette continui a sopravvivere qualcosa di lui. Intendo dire qualcosa di tangibile legata all’uomo, prima ancora che al ricercatore e al senso stesso delle sue ricerche.
Ciao Giancarlo, non ho idea di dove tu sia in questo momento, ma se puoi sentirmi, sappi che quelle tue vignette avrei tanto voluto farle io :)
un abbraccio a tutti i suoi cari. Ricordo con affetto la sua intelligente cultura, l’umanità generosa e la fede semplice ma ricca. Addio carissimo. contnuiamo a pregare e a volerci bene.
don luigi
mi unisco ai commenti e al profondo dispiacere. Per chi volesse dare un ultimo saluto a Giancarlo i funerali si terranno domani, sabato 22, alle ore 15 presso la chiesa San Pio V in via della Madonna del Riposo/piazza San Pio V a Roma
…. ormai non apro molto questo blog, l’ho aperto oggi, ho letto, …
all’inizio non avevo capito bene, pensavo a un gioco, a uno sfotto’, magari riferito ad altri post precedenti a me me ignoti,
… poi ho scorso i commenti, i ricordi di sergio 43, le condoglianze e le doglianze, le parole speranzose di sant’agostino, e di tutta la comunità in lutto archiwuò …
è strano come si possa far famiglia-blog e sentirsi triste per questa notizia,
ciao galaxxi, tante volte letto, tante volte volte apprezzato,
ciao amico di gioco su questo spazio fugace on line ..
condoglianze alla famiglia e alla comunità dell’architettura archi-wuò,
‘o tiempo vola e nuje vulammo appriesso a isso,
eldorado
Ho avuto il piacere e l’onore di lavorarci a stretto contatto….sono davvero addolorato.
Falso Cascioli, caro agli dei:
“Tu sei mio amico! Lo capisci che sarai mio amico per sempre?!” cit. Vento nei capelli
E’ difficile poter esprimere un cordoglio su qualcuno che si conosce solo attraverso scritti, pensieri, disegni e espressioni umoristiche.
Non posso far altro quindi che solidazzare nel dispiacere con tutti quelli che, avendolo frequentato, hanno scritto su di lui delle bellissime parole.
Voglio solo dire che mancheranno a tutti noi, in questo blog, le caustiche vignette di Falso Cascioli, gli interessantissimi articoli dell’ « Architettura buona come il pane» e tutti i commenti di Giancarlo Galassi.
Michele Granata
Ciao Giancà!
Ti voglio bene.
Stefano
Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra…
Don Oreste commentò, in una sua omelia del 1988, il brano tratto dal libro di Giobbe (19,1.23-27). Uno stralcio di questa omelia, insolitamente in prima persona, è stato poi inserito quale suo commento alle letture del giorno 2 novembre 2007, pubblicato mesi prima sul bimestrale Pane Quotidiano. Proprio quel giorno don Oreste è stato chiamato dal Padre. Una serie di coincidenze decisamente difficili da programmare!
“Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all’infinito di Dio. Noi lo vedremo, come ci dice Paolo, faccia a faccia, così come Egli è (1Cor 13,12). E si attuerà quella parola che la Sapienza dice al capitolo 3: Dio ha creato l’uomo immortale, per l’immortalità, secondo la sua natura l’ha creato. Dentro di noi, quindi, c’è già l’immortalità, per cui la morte non è altro che lo sbocciare per sempre della mia identità, del mio essere con Dio. La morte è il momento dell’abbraccio col Padre, atteso intensamente nel cuore di ogni uomo, nel cuore di ogni creatura.”
Credo che questo scritto di don Oreste Benzi possa aiutarci a dare un tempo e uno spazio ai nostri pensieri su Giancarlo, con affetto Davide