Cent’anni fa … una stazione …

Da Eduardo Alamaro: …

“Cari muratorini,

… un blog sempre più A’ la recherche du temps perdu, scrive Sergio ’43.

Ma – spero- non tempo da perdere oggi. Per questa virtuosa via, tra i tanti meriti Archiwoo?, c’è che anche quello che di essere attento alle tematiche dei Musei Artistici Industriali in Italia: MAI erano in sigla e mai furono di fatto e di fallo.

I MAI ebbero infatti vita sfortunata, si sa, l’abbiamo già scritto nelle “puntate precedenti”. Forse perché in Italia c’è una quota troppo alta di Belle Arti Alte. Scarsa è l’attenzione all’applicazione strutturale e ai piani bassi dell’ornamento.

Imprudente, impuro, in controtendenza, tracciai da giovane architetto entusiasta, anni fa, la storia del nobile MAI di Napoli, con scuole di progettazione e officine di applicazione. E mal me n’incolse!!

 

Il mio primo libro – catalogo della mostra – lo chiamai: “Il sogno del Principe” (Centro Di, Firenze, 1984). Titolazione molto fortunata e imitata, per la verità. “Il Principe” in questione era Gaetano Filangieri di Satriano, nipote del famoso illuminista della Scienza della Legislazione.

Morto il Principe delle arti applicate, nel 1892, si scatenò la bagarre tra le due anime dell’Istituto. Quell’insolubile conflitto che al M.A.I. di Napoli (e non solo) opponeva artisti rancorosi, specie pittori, a speranzosi tecnici-industriali. Concept contro oggetto, le ragioni dello spirito (dell’arte nobile) a quella della carne (e del fare-mercato).

Tale confitto (che già aveva animato a fine ‘800 la querelle Palizzi-Tesorone, che ricostruii: una vera barbarie, macelleria d’arte), in effetti si trascinò per anni e si risolse poi, colla riforma Gentile della Scuola del 1924, a favore dell’intervento statale totale. Cioè dell’Arte “pura” (o almeno meno “sporcata” dall’applicazione industriale). Che spari dalla titolazione stessa della scuola-museo. E bona notte!! …

 CONTINUA … REBUFFAT …

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