Un appello per L’Aquila … contro i rischi della ricostruzione …

Riceviamo da Donatella Ciocca questo: …

Appello per L’Aquila
già sottoscritto da centinaia di cittadini …

e che ci auguriamo riesca a contrastare i gravi rischi collaterali che già si

intravedono sull’onda della ricostruzione …

L’Aquila deve vivere, può rifiorire.
L’Italia è “ terra di città “, in questo unica al mondo. A renderla tale, L’Aquila ha contribuito lungo gli otto secoli dalla fondazione.E’ componente essenziale della nostra storia, della nostra cultura, dei valori condivisi costitutivi della identità nazionale.Più volte ferita dalla natura e dall’uomo, la città di Federico sempre si è risollevata.La sua storia, la sua cultura, la sua individualità, lo scrigno dei monumenti che custodisce sono le ragioni ideali di una ulteriore rinascita.

La volontà tenace dei cittadini di restare, l’orgoglio degli aquilani, ne costituiscono il presupposto.

I servizi che L’Aquila offre, il patrimonio che il sisma le ha risparmiato, le attività produttive che ospita, le scuole e l’Università, la centralità nella Regione corroborano di motivi pratici le idealità, le volontà.

La tecnica moderna abbatte il rischio che la violenza del sottosuolo torni a devastare. Il rispetto rigoroso di regole nuove è chiamato ad assicurare che la ricostruzione si fondi sull’ingegneria migliore.

In questo spirito i firmatari si rivolgono alle Autorità, al Paese tutto, perché condividano l’impegno della città a rivivere.

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8 Responses to Un appello per L’Aquila … contro i rischi della ricostruzione …

  1. manuela marchesi ha detto:

    Dove è che si firma?

  2. pasquale cerullo ha detto:

    Sentito ieri. Il Silvio-architetto-urbanista, sino a tarda sera di domenica era impegnato a revisionare e correggere i progetti dei nuovi alloggi per i terremotati abruzzesi, presentatigli dagli architetti. Sicuramente compunti e consenzienti, bramosi di attingere come allievi modello, dalla matita del geniale maestro, che implacabile schizzettava sui fogli, rimandandoli alla prossima revisione o a settembre.

  3. isabella guarini ha detto:

    Le dichiarazioni del Sindaco dell’Aquila su il Corriere della Sera, con cui invitava il Governo a tassare gli Italiani pro Abruzzo per poter chiamare le archistar a ricostruire l’Aquila più bella di prima, sono preoccupati. Perciò sono prudente nella fiducia ai poteri locali, come del resto è già successo negli altri territori del Sud, dove i Sindaci con poteri e risorse economiche straordinarie hanno fatto di tutto e di più. Per ora la cosa importante è dare un alloggio confortevole ai senza tetto per l’inverno! Penso che la ricostruzione del centro storico non potrà essere che a tempi più lunghi e meditata, nel senso che si conosceranno meglio le cause dei crolli e il comportamento delle strutture rispetto al sisma e all’abusivismo edilizio.

  4. Pietro Pagliardini ha detto:

    Professore, mi permetto di segnalare a lei e a tutti i frequentatori incalliti o occasionali di questo blog un articolo su IL COVILE del prof. Paolo Marconi, con una breve nota di Ettore Maria Mazzola, sulla ricostruzione di L’Aquila.

    http://www.stefanoborselli.elios.net/news/archivio/00000528.html

    Una volta di più Paolo Marconi ci dà, con piglio letterario, un saggio della sua scrittura (merce rara) della sua conoscenza, cultura e passione. Ne consiglio a tutti la lettura, a prescindere dai punti di vista di ciascuno.

    Un mio commento a margine del seguente periodo del post:

    “La tecnica moderna abbatte il rischio che la violenza del sottosuolo torni a devastare. Il rispetto rigoroso di regole nuove è chiamato ad assicurare che la ricostruzione si fondi sull’ingegneria migliore”.

    Gli architetti non dovrebbero demandare completamente alla tecnica dei colleghi ingegneri la soluzione di problemi che dovrebbero invece essere risolti, o almeno impostati, come essi sanno (lo sanno?) nel loro tavolo da disegno e prima ancora nella loro testa. La prima risposta al terremoto sta nel progetto architettonico e consiste nell’evitare quelle che John Silber chiama le “architetture dell’assurdo”, quindi pochi formalismi tecnologici o spaziali, piante regolari, solido ancoraggio al terreno, prevalenza del pieno sul vuoto.

    Insomma tipologie tradizionali, tanto per cambiare, e non costringere i bravi ingegneri, che pure non mancano, a fare stare innaturalmente sospeso in aria un cubo di cemento dentro ad un altro cubo di cemento, scelta contraria alla natura stessa del materiale c.a. e quindi scelta inutilmente “originale”. La tecnologia consente tutto, grazie agli ingegneri, ma non tutto ciò che è possibile è per forza lecito.

    Ancora una volta la firmitas si sposa a venustas ed utilitas.
    Saluti
    Pietro

  5. isabella guarini ha detto:

    Ho letto con molto interesse il saggio su il Covile e condivido le raccomandazioni d Paolo Pagliardini: “pochi formalismi tecnologici o spaziali, piante regolari, solido ancoraggio al terreno, prevalenza del pieno sul vuoto”
    Vi dirò che ho vissuto qualche esperienza progettuale in zona sismica di primo grado in cui ho dovuto affrontare i vincoli imposti dalla normativa sismica, limitativa delle articolazioni e variazioni volumetriche, nonché risolvere architettonicamente l’obbligo della simmetria strutturale che non sempre si coniuga con l’andamento del suolo in pendenza e con le esigenze distributive. I giunti strutturali sono una soluzione, ma il costo dell’edificio aumenta di parecchio considerando anche l’incidenza della fondazione antisismica.

  6. manuela marchesi ha detto:

    Mi chiedo come mai anche per L’Aquila non si segua la procedura adottata per la ricostruzione del Friuli, dove i paesi sono tornati a vivere mantenendo le loro caratteristiche e persino le loro pietre originarie. La mia è una domanda vera, nel senso che vorrei sapere quale è l’ostacolo che impedisce di fare così come già sperimentato con successo.

  7. Pietro Pagliardini ha detto:

    Isabella, la ringrazio molto per avermi rinominato Paolo. E’ più dolce, più suadente e poi….ha la stessa data di onomastico. Scherzi a parte, dal 1 luglio entrerà in vigore la nuova normativa anti-sismica, per diversi anni rinviata causa difficoltà applicative e credo che le cose cambieranno e di molto.
    Così mi dicono tutti gli amici ingegneri, così si legge ovunque, così viene ripetuto nei vari convegni e corsi.
    Quello che ho detto nel commento precedente non è frutto di una mia scelta “ideologica” ma la semplice verità.
    Se questa circostanza anti-sismica la si unisce alle leggi, ma direi alla necessità, del risparmio energetico nonché alla tendenza culturale, talvolta questa sì un pò ideologica ma sostanzialmente corretta della bio-architettura, ne esce fuori un quadro abbastanza omogeneo e coerente.
    Risulta, dalla lettura comparata di questo quadro normativo, che l’edilizia dovrà avere le seguenti caratteristiche:
    -geometria semplice, sia in pianta che in alzato, come già detto;
    -articolazione dei corpi di fabbrica ridotta al minimo; esistono i giunti, è vero, ma se questi vengono posizionati a posteriori, a prescindere dall’essere corrispondenti a corpi di fabbrica autonomi, presentano il non piccolo problema che generalmente “fanno acqua”, volgarmente “piove dentro casa”;
    -spessore considerevole dei tamponamenti o muri portanti esterni, per garantire il necessario isolamento (anche acustico) e la indispensabile inerzia termica;
    -materiali il più possibile naturali, con la necessaria postilla che i materiali più naturali sono quelli reperibili in loco, con il doppio vantaggio di avere un’edilizia non dissonante con l’ambiente e un bilancio energetico ottimo, riducendo i trasporti.
    Mi fermo anche perché sono cose note ai più.
    Ciò detto due considerazioni sono possibili:
    -l’edilizia che verrà si profila incredibilmente simile a quella tradizionale;
    -è venuto il momento, come dice il prof. Marconi, e questa volta grazie ai fatti, di sanare la divisione tra architetti e ingegneri e, dico la verità, credo che abbiamo da guadagnarci noi architetti, da come stanno le cose.

    Poi lo so che si continuerà a fare come prima, edifici assurdi, disegni di oggetti di design fatti dall’architetto e passati, come in una catena di montaggio all’ingegnere, nei casi quotidiani, alle società di ingegneria, nei casi più importanti perché li rendano realizzabili e li facciano stare in piedi. Ho visto personalmente, e per puro caso, il disegnino di una nota archistar che ha mandato al manicomio una società per svilupparlo e renderlo eseguibile, e lo stesso accade nell’edilizia corrente dove i pilastri a centro stanza non mancano certo.

    Ma almeno nessuno avrà più l’alibi di dire: è la modernità bellezza, sperando che qualcuno sia costretto a crederci. La modernità pare proprio sia un’altra e assomigli molto all’antico.

    Saluti
    Pietro

    P.S. Se qualcuno ha qualche progetto indietro, ha ancora 21 giorni per la denuncia al Genio Civile. Poi è finita la libera uscita.

  8. isabella guarini ha detto:

    Pietro Pagliardini mi scuso, è stato un lapsus per mio fratello.

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