La mostra “Una geografia personale” racconta della frantumazione di una memoria in una miriade di ricordi, uno dei cardini stilistici delle fotografie di Flavia Rossi. La fotografa romana prende infatti ispirazione da ciò che la circonda e da tutte le forme d’arte e non è una sorpresa il fatto che i suoi scatti siano stati definiti delle “finestre sull’anima”.
Nel corso degli anni Flavia si è circondata di immagini ricorrenti, state scattate in posti e anni differenti, prendendo spunto dalla letteratura e dalla filosofia, da poeti come Shakespeare, Wordsworth o Ungaretti, scrittori come Joyce, Tabucchi o Svevo, immagini che hanno iniziato ad accompagnarla, a posarsi in modo leggero sopra le lenti degli occhiali che non porta.
Le interessano le forme di alterazione dei ricordi e l’imprecisione della memoria che genera qualcosa di nuovo, che si va a collocare tra quello che si è vissuto e quello che si è magari solamente immaginato. Queste considerazioni hanno portato l’autrice a riflettere sul modo in cui lo spazio è percepito e a chiedersi se ogni persona arrivi a possedere, con il tempo, un proprio atlante personale, un atlante delle emozioni. Da qui il nome della mostra “Una geografia personale”.
Il suo lavoro è stato raccolto nel 2017 in un libro autoprodotto dal titolo “Così nello sfavillio di un momento” che verrà presentato prima del vernissage della mostra insieme al curatore Niccolò Fano. Il libro è stato presentato in diversi festival in Italia, come Funzilla, Scanner e Gazebook ed è tra le fanzine selezionate per l’edizione 2018 di Castelnuovo.