“Uno spazio dentro un altro spazio dentro un altro spazio” …

sergio 43 commented on PER UN’ARCHITETTURA PROFANA …

“Molto, molto interessante. Va a supporto delle ampie discussioni cui ho assistito in televisione tra tradizionalisti e progressisti in occasione del Cinquantenario del Concilio Vaticano II.
“….Questo toglie gerarchia allo spazio, anzi lo rovescia per importanza….centro (immagino l’altare. nota mia) che diventa poco significativo….l’aula grande diviene profana. Profana deve essere l’architettura, anche quella delle chiese. Il tempio è stato distrutto una volta per tutte…La sacralità non è più in Sancta Santorum….”
Detto questo è inutile che ironizziamo sul cubo di Foligno o sulle zeppe di Terranuova Bracciolini. E’ lo Spirito Santo che aleggiava sulla testa di eccellenze vescovili ed eminenze cardinalizie nell’aula di San Pietro che “le disegna così”. Poi , per chi ne ha ancora bisogno, si troverà pure da qualche parte una tradizionale chiesa pre-conciliare, dalla semplice chiesetta di campagna alla chiesa barocca con i suoi orpelli, “a maggior gloria di Dio o dei committenti”?
C’è un altro interessante passo che vorrei citare a proposito di spazio profano.
“….l’ambiente principale…è dentro uno spazio più grande che è incluso a sua volta in uno spazio più grande e così via. L’interno è in sottordine all’interno di un interno….le logge al primo piano sono ricavate tra almeno tre strati di muri….”. Che vi debbo dire? Ho avuto a queste parole il flash di Santa Sofia a Costantinopoli, come la sentii quando vi entrai. Lì per lì non capii il mio straniamento, abituato a partecipare al rito nelle basiliche costantiniane. Adesso mi par di capire. Mentre le basiliche romane, pur mantenendo l’antico nome, erano rivoluzionarie, la grande basilica sul Bosforo era il luogo profano dove, allo stesso modo, per esempio, di una basilica Ulpia, si celebrava la presenza lontana, prima di un Imperatore e qui di un Basileus. Fu naturale per i Sultani, eredi diretti di quel potere imperiale, ora califfato, appropriarsi di quella forma. Dalla splendida e vicina Moschea Blu, alle altre che disegnano il profilo storico di Istanbul, alle innumerevoli volute da Erdogan tra i grattacieli della moderna espansione, esprimono tutte lo stesso concetto sopradescritto da Michelucci: “uno spazio dentro un altro spazio dentro un altro spazio”. Adesso, da cattolico, mi chiedo quale sarà, se vi sarà, il futuro della nostra chiesa bimillenaria e dei suoi luoghi rituali, schiacciati sempre più o da una visione protestante o da una islamica visione prepotente.
Oh, ragazzi! Queste sono considerazioni che, per dirla alla Popper, sono confutabili. A questo serve un blog!

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1 Response to “Uno spazio dentro un altro spazio dentro un altro spazio” …

  1. Simone ha detto:

    Una possibile soluzione la si intravede nella Mezquita di Cordoba, dalla storia simmetricamente inversa a quella di Santa Sofia. L’antica moschea viene mantenuta nel suo ruolo di centralità religiosa, ma in mezzo alla “foresta di palme” delle colonne, che aprono prospettive infinite e labirintiche, viene creata dopo la reconquista un’arca barocca per il santo sacrificio. E’ il senso “forte” di una cultura che celebra la propria affermazione.

    Oggi però non è più tempo di crociate e reconquiste, e il potere della Chiesa istituzionale sta svaporando. Il dibattito tradizionalisti – progressisti è viziato dalle aporie che derivano dall’infallibilismo: può un papa infallibile mutare il magistero?

    Forse il futuro della religione è nelle micro-chiese che mantengono una loro identità ma a un livello umano cui ci si possa ancora rapportare. Trovo insieme commoventi e patetici per esempio questi due casi:

    un vescovo vecchio – cattolico che si fa la propria cattedrale in miniatura:

    http://www.highlandville.net/church.htm

    un prete della traditional anglican communion che auto-costruisce la propria cappella nel garage:

    http://civitas-dei.eu/newchapel.htm

    Se la Chiesa non riparte da premesse simili, che permettano alle anime di respirare e alle comunità di formarsi guardandosi negli occhi (e insieme verso Dio), dubito che le chiese di Botta, Scarpa o Gotham city potranno qualcosa contro la secolarizzazione, esattamente come a nulla possono i fiumi di carta e di parole che escono dal Vaticano quando concretamente il fedele medio in parrocchia non solo non trova confessori, ma nemmeno una forma di culto e una prassi religiosa che siano effettivamente abitabili.

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