“… avevo cominciato a vederla nella pratica della città; cioè in quei famosi rilievi (non so se sapete) che abbiamo fatto a Venezia e che hanno dato luogo ad un certo criterio di guardare la città attraverso lo studio del tessuto urbano, dell’ambiente reale dell’edilizia, che mi sembra un fatto molto importante. Venuto a Roma io non ho fatto altro che seguitare per questa strada — una strada molto lunga, condotta avanti faticosamente anno per anno.
Voi pensate che io sia rimasto fermo a certe formule perché le vedete dall’esterno; molti le vedono dall’esterno. Invece noi abbiamo camminato su queste cose, abbiamo visto crescerci sotto gli occhi una certa realtà, abbiamo scoperto che era la vera realtà, quella che cercavamo e che invece — camuffata entro cristallizzazioni teoriche — si perdeva.
Veniamo da un secolo — l’Ottocento — in cui l’astrazione analitica ha diviso veramente i fatti della vita; noi invece, da architetti, abbiamo bisogno di farla vivere insieme questa vita; io, venuto a Roma, ho cercato di applicare questo criterio. Naturalmente non la sapevo tanto lunga; è stato un esperimento — ho cercato di sviluppare questo concetto che avevo acquisito a Venezia e di portarlo nella pratica della progettazione.
Ed allora è venuto fuori tutto un programma che penso sia proprio quello che serve. Si tratta di portarlo più avanti, si tratta di portarlo su un piano più fortemente operante, ma è questo, in sostanza. Cosa ho fatto qui a Roma? Mi sono trovato in una . scuola di pupazzari, in una scuola che non aveva altro in testa che f are dei divi dei nuovi virgulti che tirava su — tutti quanti nel senso del bel disegno e, qualche volta, del successo commerciale, cioè del luogo comune convenzionale. Visto che il quadro convenzionale non funzionava e che non mi interessava minimamente, anzi che deprecavo veramente i risultati pupazzettistici che erano smerciati nella nostra professione, ho cercato di reagire.
Non bisogna dimenticare che gli orrori — dal punto di vista non solo architettonico ma edilizio — che noi vediamo, son in gran parte frutto delle scuole d’architettura: è la verità, no? Sentendomi questa responsabilità sulle spalle ho cercato di fare qualcosa contro: ho raccolto, secondo non solo le mie convinzioni ma tutte le buone convinzioni che circolavano nell’ambiente, gli sforzi contro i progettini personalistici. La lotta contro i luoghi comuni, la lotta contro le cristallizzazioni teoriche già fatte, permettete, l’ho fatta io a scuola: e non è stata capita.
Questo è un famoso dramma che esiste, e che è bene sappiate. Può essere che io sia stato un cattivo politico …”
Saverio Muratori, “Discorso del Roxy“, 1963
povero Saverio …
ieri …
vittima dell’ideologia e della chiacchera …
oggi …
ancora ostaggio della cosca di San Luca …