Renzo Piano … va a vela … ma anche a piedi … come Fuksas e Napoleone …

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“case che volano” per chi sa … “da che parte arriva il vento” …
Tra i progetti della Biennale selezionati da Burdett … non poteva mancare qualche cosetta del Piano nazionale … rappresentativa delle sue ultime, raffinate, “ricerche” … e, come al solito, è commovente leggere qualche passo del maestro tratto dalle servizievoli interviste quotidiane …

Scrive Michela Moro su “Il Giornale” del 15.9.06:
«In architettura e urbanistica – spiega Piano – le scelte devono essere chirurgiche e non omeopatiche. Un architetto si allena a capire i fatti della vita, esplorando la città, ascoltando la gente, scoprendo il mondo, cercando la sfida con la scienza. A questo punto non mi sembra giusto occuparmi di ninnoli” …
Sesto San Giovanni è un progetto di dimensioni importanti (un milione e mezzo di metri quadrati) e si propone di fornire risposte esemplari sul piano della vivibilità, della sostenibilità ambientale e della coesione sociale …
“Bisogna smettere di ricondurre tutto al modello modernistico. Parlando di auto, per esempio, a Londra sto lavorando su un’enorme area, e il sindaco Livingstone è d’accordo nell’avere soltanto 43 posti auto …”
Piano ascolta molto …
“Il nostro paese ha bisogno di assunzione di responsabilità e sull’Area Falck tutti noi ce la stiamo prendendo”. Sicuramente non teme le responsabilità Luigi Zunino il quale, dice: “Renzo Piano ha il coraggio di Napoleone” …
Il cittadino del mondo Renzo Piano, che ha lasciato un forte segno architettonico dalla Nuova Caledonia al Giappone, dalla Francia all’America e all’Australia, è legatissimo all’Italia e ci tornerà sempre più spesso. Infatti nel prossimo futuro c’è anche Genova, la città dov’è nato nel 1937, con il progetto per il nuovo assetto del Porto. In realtà chiamarlo Porto è riduttivo. Anche qui Piano non si occuperà di “ninnoli”, ma cambierà la faccia del capoluogo ligure. Camminando davanti all’enorme plastico che copre un’intera porzione di parete alla Biennale di Architettura a Venezia, racconta con passione: “Conosco questi posti in ogni dettaglio, dalla terra e soprattutto dal mare. Ho passato la vita andando avanti e indietro in barca a vela. È qui che venivo con la mia prima barca di 7 metri, e nel tempo con quella di 9 e poi di 12. So da che parte arriva il vento ad ogni ora del giorno, dove sono gli scogli. Genova fa parte della mia storia più personale”.
Il plastico verrà donato al Museo del mare di Genova… “Questo plastico era chiamato in origine ‘l’affresco’, un affresco che come nella tecnica pittorica concede tentennamenti e pentimenti. Con tale complessità di realtà era giusto che così fosse, ma adesso per me è un pre-progetto, il progetto di Genova come dovrebbe essere.”
Piano ha in cantiere grandi progetti in tutto il mondo, inclusa la nuova sede del New York Times a New York, ma le scelte non sono sempre dettate da budget stratosferici. «Quando accettai di realizzare la sede del Sole-24 ore a Milano, lo feci perché mi interessava la trasformazione, la città che si completa. Lì c’era una fabbrica che si trasformava in un edificio editoriale. Il più piccolo progetto al quale stiamo lavorando adesso in studio è in Francia, in una foresta, un piccolo convento per dodici suore accanto alla cappella di Longchamp (???) disegnata da Le Corbusier».
Una scelta per vocazione, per intensità spirituale.” …

Sempre sullo stesso tema milanese possiamo leggere, a firma di Alessia Gallione, su “La Repubblica” del 27.5.06:
“Renzo Piano racconta il suo progetto: farò una città trasparente
il verde Non voglio parchi isolati in mezzo ai palazzi che non vengono vissuti dagli abitanti: ho pensato a vegetazione diffusa, giardini pensili, serre ricavate tra le rovine
la periferia Mi rifiuto di usare questo termine per Sesto: qui non ci saranno ghetti di lusso o centri commerciali ma una fabbrica delle idee con case alte fino a 100 metri …
Ermanno Olmi realizzerà un documentario sui lavori che partiranno a settembre 2007 …
Ha disegnato una città … con le case che volano sospese a dodici metri da terra in modo «che la massa di verde vi passi accanto e crei un effetto di leggerezza e trasparenza che mi piacerebbe eleggere a cifra poetica del progetto». Quel verde che sarà ovunque: 10mila alberi, un parco da un milione di metri quadrati da cui emergono i resti del passato industriale di Sesto San Giovanni: «cattedrali di vetro e acciaio», le definisce lui, «sculture della memoria». Perché le parole, per Renzo Piano, sono importanti. “Cancelliamo la parola periferia: Sesto è una città allargata … Un “progetto aperto” …
Una città da 25mila, 30mila abitanti … dove sorgeranno “case alte” da 25, 70, 100 metri (fino a 30 piani) rivestite di ceramica colorata e con giardini pensili sui tetti. E poi verde: “Diffuso – assicura Piano – non un parco in mezzo ai palazzi che non viene vissuto. Mi rifiuto di fare ghetti di lusso o centri commerciali” …

forse, siamo prevenuti … ma viene da vomitare …

per fortuna che, fuori dal coro dei circuiti pubblicitari della stampa ufficiale, qualche voce ancora riesce a farsi sentire …
E su Eddyburg del 15.9.06 … sito web di Edoardo Salzano …
Leggiamo, a firma di Lodo Meneghetti:
“Poco prima di alzarsi dalla poltrona occupata per quasi dieci anni il sindaco di Milano Gabriele Albertini vantava gli effetti degli “interventi urbanistici voluti dall’amministrazione comunale”. Parlò di “enorme processo di riqualificazione” instaurato grazie al “lavoro dei migliori architetti del mondo, i Brunelleschi e i Bernini dei nostri giorni” (Corriere della Sera, 20.4.06). A quel momento, in verità, non si potevano ancora giudicare opere compiutamente realizzate nei nuovi luoghi: nuovi rispetto al famoso intervento alla Bicocca concertato quasi dieci anni prima con l’industriale passato immantinente, come si usa dire, dal profitto alla rendita fondiaria e finanziaria. Luoghi designati dalla contrattazione (o, secondo l’attuale termine liberista, negoziazione) fra la giunta comunale e i potenti immobiliaristi che a Milano trovano le migliori occasioni politiche e il miglior spazio finanziario per indisturbate, illegittime operazioni giacché fuor d’ogni piano e regola approvati pubblicamente in precedenza …
Procedimenti rispettosi, possiamo oggi dire, dell’insegnamento impartito dalla madre della nuova maniera urbanistica e architettonica, appunto l’espansione stupefacente della città sulle aree Pirelli proprietà di Tronchetti Provera. In testa ai nuovi interventi – una cinquina quelli praticamente avviati ma ancora soggetti a proteste o mugugni dei cittadini – sta la molto remunerativa speculazione territoriale e fondiaria sull’area della ex Fiera. Gli altri, già descritti anch’essi in Eddyburg: Montecity-Rogoredo, ex industrie chimiche e metallurgiche (il giovane speculatore Zunino asservisce nientemeno che Norman Foster)
(altro intervento cardine della Biennale ‘06, aggiungiamo noi)
Portello, ex Alfa Romeo; Porta Vittoria, ex scalo ferroviario; Garibaldi Repubblica, ex concorso ignorato in favore di un grattacielo (e molto d’altro) desiderato primatista europeo in altezza dal presidente Formigoni per la sede della Regione (pre-progetto, o meglio visione di Ieoh Ming Pei). Lascio da canto, fuor dei confini municipali milanesi: la Fiera a Pero-Rho, frettolosamente inaugurata prima delle elezioni, dove fra gli otto padiglioni l’onda volatile e volubile di Massimiliano Fuksas, illustrata più volte anche sui quotidiani, rappresenta come una festa dell’architettura caduca; la previsione, non ancora in veste progettuale vera e propria, di un grandissimo quartiere a Sesto San Giovanni sull’area della Falk, architetto Renzo Piano “…

Per il resto consultate Eddyburg … ne leggerete delle belle …

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3 Responses to Renzo Piano … va a vela … ma anche a piedi … come Fuksas e Napoleone …

  1. Giancarlo Bianchi ha detto:

    Ho sempre amato Piano e la Cappella di Longchamp di Le Courvoisier!

  2. Sergio Brenna ha detto:

    Spero che Bianchi stia facendo del sarcasmo, altrimenti due strafalcioni in quattro parole (Longchamp, Le Courvoisier) sono troppi: però se fosse così non ho capito dove sta la battuta su Piano. Si capisce che gli piace molto l’architettura “ippica” ed “etilica” (personalmente al cognac preferisco l’armagnac, ma in quel campo tutti i gusti sono gusti; in architettura molto meno). L’unica volta che Piano ha proposto di far meno danni di altri (all’ex Fiera di Milano, dove ha concentrato tutto il volume a nord e tutto il verde verso i quartieri preesistenti), gli hanno preferito gli sghimbesci di Libeskind, Hadid, Isozaki e il torinese P.P. Maggiora (vera animaccia nera del pasticcio progettuale), tanto che par quasi di doverlo difendere. Ironia della sorte !

  3. Giancarlo Bianchi ha detto:

    Salve Sergio,
    se legge l’articolo citato capirà che scherzavo (è una citazione da). Sull’Armagnac sono d’accordo con lei, e pure su Piano all’ex Fiera.
    Ma non mi tocchi Le Courvoisier, per favoir!

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