Andrej Rublev > Aldo Rossi > Frank Gehry …

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Tutto quello che avreste dovuto sapere sull’architettura (ma non avete

mai osato immaginare)

G.

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12 risposte a Andrej Rublev > Aldo Rossi > Frank Gehry …

  1. memmo54 ha detto:

    Se non ho capito male è Andrej Roubiliev che postula o preannuncia, Ghery .
    Spero di sbagliarmi ma se è è così,francamente, sembra una boutade (.. i maligni.. od i Gaddiani storpierebbero in “boutanade” …) .
    ‘Sto forno cuoce la farina del Diavolo: Il sapore di crusca è, purtroppo. assicurato !
    Saluto Perplesso

    • sergio de santis ha detto:

      caro 54…ti sei sbagliato …certamente volevi scrivere Rublev che pustola … hai visto come ‘so uscite fori le architetture de Ghery? …qualcosa sotto che se move c’è!

      • memmo54 ha detto:

        Tuttavia , credo, si sia compreso il contenuto. Che è quello che conta, in fondo !
        Ma la sorpresa è stata così forte, improvvisa e clamorosa, che ho riletto, poco e male, le striminzite righe scritte: mancando alle sensate precauzioni caldeggiate dai defunti, professori del liceo.
        Saluto

  2. In un intervista di un paio di anni fa Gehry confessava a Dal Co, umiliandolo, che il suo architetto di rifermento era Aldo Rossi.
    Di Rossi e le icone abbiamo detto ieri.
    Che ci vuoi fare, ’54, è un mondo difficile.
    Consolati. Sei in buona compagnia (o forse no per un passatista come te), anche Bruno Zevi e molti zeviani della rivoluzione poetica e esistenziale rossiana avevano e hanno capito poco (del resto lui si è dato da fare abilmente per mascherarla).

    Ciao.

    • Andrea Di Martino ha detto:

      Da Rublev a Gehry passando per Rossi? Dal Co umiliato da Gehry solo per aver appreso che il suo architetto di rifermento è Aldo Rossi? Doppio paradosso. Circa il presunto rapporto con Rublev, basterà ricordare che l’opera di Rossi è talmente personale da trascendere la familiarità stessa degli archetipi a cui pure si richiama, perchè le loro possibiltà combinatorie li rendono sì riconoscibili, ma rimandano anche a qualcosa d’altro, al di là del tempo e dello spazio (non a caso il Teatro del Mondo ha un legame analogico tanto con l’architettura di Venezia quanto con le torri del Cremlino e le lighthouse del Maine). Analogia, dunque, non come mero eclettismo stilistico (condannabile in quanto tale), ma, piuttosto, come ricerca di un fattore unificante, superiore alle fratture della Storia. In quanto a Gehry, la chiave di lettura per comprendere le sue “architetture” ce l’ha fornita lui stesso, ma non certo con la sua “confessione” a Dal Co (che si può leggere come una mera provocazione), bensì con la sua ben nota affermazione: “Le mie architetture sono figlie del computer. Se non fosse per esso, non solo non le avrei realizzate, ma non ci avrei neppure provato”. In effetti, tale frase riporta la nostra attenzione sul concetto stesso di “maestro”, che è colui che travalica non solo i limiti del proprio tempo, ma anche e soprattutto i limiti insiti nella stessa strumentazione che il proprio tempo gli mette a disposizione. A conti fatti, la casa Milà è molto più scultorea del suo tanto decantato “museo”, ma il fatto saliente è che è stata progettata…con la matita e il tecnigrafo!!! Ma non è stato Zevi (ovvero l’esegeta di Gehry) ad affermare che i tecnigrafi andavano buttati a mare in quanto inibitori della fantasia? Ennesimo paradosso (almeno se partiamo dal presupposto che tale affermazione è stata (più o meno coscientemente) introiettata da tuttti coloro che, a vario titolo, si riconoscono nell’architettura contemporanea).

    • sergio de santis ha detto:

      E’ VERO…..

  3. sergio 43 ha detto:

    Eppure sai che scorrendo rapidamente le immagini, come i fotogrammi di un film, l’occhio, nell’icona di Rubliev, coglie indubbiamente la sovrapponibilità dell’assembramento intorno all’Altissimo dei santi nelle loro vesti fluttuanti con l’assembramento delle forme fluttuanti di Frank O. Gehry intorno al loro centro? Le immagini dei lavori di Aldo Rossi, anch’esse splendide, invece rimandano alle forme più intellettualistiche e meno naturalistiche dei periodi arcaici. Continuando a divertirmi, usando i metodi delle letture iconografiche, non è chi non veda le analogie nella sunnominata icona con l’immagine del lavoro di Gehry. Il moderno corpo cubico in primo piano richiama la forma chiusa del tavolo della mensa sacra mentre l’affastellarsi fantasioso sul fondo dei corpi di fabbrica dell’americano richiamano l’affastellarsi delle case di fantasia della Gerusalemme sognata del russo. Niente di male, anzi splendido! E’ l’eterno ritorno che, anche dopo tempi lunghissimi, ripete analogie e soluzioni delle creazioni artistiche. E’ probabile che in un futuro al momento indefinibile, quando sarà necessario, tornino ad essere vitali le forme e i modi che memmo54 predilige Gli auguro di cuore di essere spettatore e partecipe di quel momento.

  4. massimo di ha detto:

    Mi sembra veramente un volo pindarico abbastanza gratuito. Il Rublev di Tarkovsky ma anche il Rublev e basta, a cui Rossi guardava, era fatto di silenzi significanti e riflessioni sulle cose ultime, lentezza, composizione, soprattutto composizione. Alieno al concetto di contemporaneo. Che poi Gehry ci abbia visto una via, è possibile. Ma mi sembra come chi dice di ispirarsi a qualcun’altro, ma poco ne ha capito. Maddechè, insomma. In Rossi c’era la manona del san Carlone, in Gehry?

  5. sergio de santis ha detto:

    E’ tempo di riflessioni.
    Dopo sei numeri di ARCHITETTURA BUONA COME IL PANE francamente resto confuso..travolto da un turbinio di sensazioni dalle quali, senza ironia, con qualche difficoltà riesco a venir fuori e nelle quali comunque lisergicamente subito dopo ricado rimanendo intrappolato per qualche attimo ancora….
    La cultura della architettura italiana , bella e brutta, raccontata col metodo nuovo del “pane al pane e vino al vino” da chi blogger eresiarca, inquadrato però all’interno dell’ubbidienza dovuta, autarchicamente si produce nel blog del blog … con tutti i limiti dell’aut-archia e dell’out-rità….
    Resto infatti colpito dall’eccezionalità della scelta del primo numero (grazie!) e dall’inutilità del secondo numero … ma che cazz!!!!…..
    Stupito poi di fronte a quell’audace passo sulla forza di architetture anastatiche che mandano in frantumi ogni castello di carte intellettualistiche (?) … quella di Kiko Arguello “l’unica chiesa che, nella sua disturbante e piatta funzionalità simbolica, risalta sul brusio di fondo architettonico delle altre, sul loro sbriciolamento culturale, sul loro non appartener più ad alcuna comunità civile ma solo alle illusioni del suo egocentrico architetto-autore”
    … ma guarda te se dovemo parlà’ de KIKO…MAKIKKAZZEKIKO?
    Ma perché proprio a ‘sto Kiko con tutte le cialtronate che girano?
    (Buono!…non ci cadere un’altra volta!)
    Comunque…
    OTTIMA la quarta!
    Istruttiva … MOLTO ISTRUTTIVA la quinta…
    …..e che sarebbero state anche meglio se ornate da una espressione meno densa di retorica Galassiana che trovo però ancora non così efficace tanto che (ogni tanto) qualcuno che ce lo manda lo trova …
    certo pure lui non è che sia proprio un signorino …
    Vuoi vedere che ‘sto Galassi Giancarlo un po’ di ragione ce l’ha!?
    La sesta ? che palle! … però trovo L’XFILE e mi ci attacco!
    Tanto è che per QUARKe motivo alla fine di una rilettura in blocco m’è tornato in mente Morpheus che chiede (più o meno) a Neo: “È la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre.
    Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello.
    Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio.
    Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più.”
    Chiaro no?
    Neo so io….
    Me lo so visto davanti con le due mani aperte …’na pillola a destra … ‘na pillola a sinistra …
    – QUALE VOI??!! M’ha strillato…

    – BOH!!! NU LO SOOOOOOO!!!!
    FAMME PENSA’ …
    UN MINUTO GIANCA’…TE PREGO … UN MINUTO…
    FAMME CAPI’ … MA QUANT’E’ PROFONDA ‘STA TANA DER BIANCONIGLIO? … CI HA TANE LATERALI ?
    CE SE NASCONNE QUARCUN’ARTRO?

    A GIANCA’ … ME SA CHE ME SPARO ‘NA PILLOLA ROSSA!!!!

    Però …
    Vabbè …
    di G.G. me piace ‘sta predisposizione a lanciasse verso er foco avverso come ‘n’eroe der Risorgimento, co’ n’ideale, su le baricate … contro ‘sto nemico vorgare (co’ li baffi unti de grasso) che mentre è tutto intento a ritrovare la libertà smarrita spara capsule de cacca de gatto …
    Attendo con ansia la settima uscita …
    SDS

  6. Alla settima preferisci l’istruzione (ma quale istruzione?!) o lo sturbo?

    Uno sturbo anche mio, che ti credi. Sta faccenda di Kiko che mette in crisi i pubblicisti – prelati e critici – di un libro sulle chiese moderne a Roma [nonostante la tua noia sull’argomento (ti consiglio di saltarlo, tanto nel titolo è scritto)], mi ha sconvolto e preoccupato e riempito di dubbi.

    Questo pittore di icone e liturgista ebraico bizantino e architetto di cartone (mica come il neoarmeno amico di Ettore che costruisce in pietra) ha trascinato e trascina alcune decine di milioni (DECINE DI MILIONI) di persone e si costruisce le sue chiese in barba agli architetti accademici (agli architetti neocat pare abbia tenuto un workshop di specializzazione su come deve essere fatta una chiesa come l’intende lui a Firenze) – quindi l’argomento come cronaca mi interessa. Non solo. La fa in barba anche ai liturgisti accademici, quelli che di norma come supervisori a lavoro dei progettisti dalle curie che se la danno con la coda tra le gambe appena una comunità parrocchiale neocat chiede al vescovo una chiesa.

    Credo che la prossima pagnottella sarà uno sturbo, per me, per te, ancora kikico.
    Almeno me ne libero e poi la curiosità di Muratore, cui ho già accennato la cosa, sta arrivando a limiti che se non racconto questa storia quanto prima o se non gli faccio vedere le foto, la prima volta che mi incontra mi mena.

    Ciao,

    giancarlo

    ps. per la cronaca la costruzione e la demolizione del Colosseo è stato il panino che più mi ha divertito. Prima di scriverne non l’avevo mai capito, né nessuno si era degnato di spiegarmelo per capirlo. Una volta Purini a lezione ne diede una versione suggestiva (mi è rimasta impressa dopo venti anni!) tipo cubo di Rubik con gli strati degli ordini che giravano scorrendo uno sull’altro. Ora lo vedo con meno aura mitica, con diminuita reverenza architettonica e con più consistenza edile, come era l’architettura romana. Loos docet.

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