La scossa scassa 3 … LPP … “Avanzi” …

Di ritorno dal ponte, …

la sorpresa, …

un Eldorado pasquale … fuori formato, …

addirittura, un “avanzo” d’annata … di LPP …

un vero scoop …

“Cari muratorini,
buona Pasqua e buona Resurrezione dal peccato architettonico comune &
comunale.
Per santificare le feste, ho letto golosamente lo scritto dell’implacabile
mia conterranea Isolabella, irpina doc dell’Assise di Ariano su questo blog.
Ella riflette meritoriamente sul tema odierno della ricostruzione del
post/sisma d’Abruzzo. La terra trema! E’ ‘o terramuoto!! Cadono soldi: levateve
‘a sotto!!! Già intravediamoì corvi e uccelli del malaurio architettonico/bis
che volteggiano in cielo. Nonché, in terra-terremontata, sciacalli edilizi/bis
dell’area romana e romanesca. Con relative imprese, università, ministeri e
compagnia bella terremotabile/bis. Che Pasqua eterna si prospetta (e progetta)
per l’Oro.
Avendone l’età la mia mente -come del resto quella di Isolabella – è andata
al terremoto irpino del ’62 (ero appena tornato da Ariano Irpino, ove mia madre
ci portava “a pigliare l’aria buona”, da immagazzinare per l’inverno a Napoli);
nonché, anzi in primis, a quello disastroso del 23 novembre 1980, ore 19.30,
indimenticabile!!! Fu quella l’ora del “Fate presto” lanciato esemplarmente
dalle colonne de “Il Mattino” di Napoli. Appello subito raccolto dal furbesco
Andy Warhol, che –tramite il global-gallerista neapolitano Lucio Amelio-
elaborò una gag ormai classica nel suo genere. Ma anche gli architetti(specie
dell’Accademia)  “fecero presto”. Anzi prestissimo, per un terremoto bis, ben
più calamitoso di quello naturale. Ne paghiamo (e ne pagano) ancora le
conseguenze.
All’uopo voglio (vorrei) farVi un innocente dono pasquale, se gradito al Gran
Muratore. Altrimenti cestinare senza pietà.
Per la mia rubrichetta “Intermezzo” che appare puntuale come una cambiale
ogni giovedì sulla PresS/Tletter di Lpp da (oltre) tre anni, condussi nella
primavera del 2007 una piccola inchiesta in Irpinia, auspice e complice il mio
buon amico Verderosa doc. Ne “la scossa scassa” scrissi su tre casi emblematici
di ricostruzione post/sismica assistita: Lioni (presS/Tletter n.20/2007), Teora
(n. 21/2007) e Bisaccia (cfr. in archivio della PresST/letter, ndr). Per una
serie di sfortunati motivi quest’ultimo contributo rimase però inedito. E’ un
po’ lunghetto e forse non proprio da blog fulminante. Ma chi non ha nulla di
meglio da fare, potrà farsi una scampagnata nella Bisaccia/bis di Aldo Loris
Rossi. Gratis su questo blog d’architettura. Che la pietra ieri scartata ‘e
PresS/T sia oggi pietra d’angolo riflessiva per i Muratorini! Senza nulla a
pretendere, Eldorado Pasquale

La scossa scassa / 3 (Un architetto per due Bisaccia)
Nuovo intermezzo sismico. Terza scossa d’assestamento d’architettura panica
campana. Quella partorita dalla post/Irpinia terremotata il 23 novembre ‘80. Ed
una conferma: la “legge dell’ex” colpisce ancora! Mai affidarsi al genio del
luogo che si è emancipato. All’architetto che ha fatto fortuna nella metropoli.
Che ha studiato in città ed è diventato famoso (e talvolta fumoso) a Napule.
Che ha indossato gli abiti dell’intellettuale acuto e solitario, vendicativo.
Infatti, come i tori di Teora non amano l’intervento urbano post/terremoto del
loro famoso compaesano, il quondam Agostino Renna, i pitt-bull irpini di
Bisaccia non sono molto teneri verso Aldo Loris Rossi, il (loro) assoluto
amatore & rott/amatore d’architettura.
ALR è l’indiscusso (ed indiscutibile) autore della Bisaccia/due, la
dissonante e autocentrata Bisaccia/bis. Sovradimensionata e “palestrata” a
vista d’occhio, a norma di legge post/sisma. La Bis-acta, come da antica
etimologia, fatta due (e più) volte. O, secondo altri, la Bis-arx, il presidio
bis, rifatto dai romani sui rottami dell’antica Rotulea dei sanniti. E il
presidio odierno di ALR, la Vis-acta, assolutamente d’architettura dopata dell’
ultima (o penultima) modernità, lo battezzerei Lorissilea (o Lorissopoli), dal
nome stesso dell’autore dell’impresa.
Presidio, vedetta sannitica non fortunata, non popolare, per la verità. Non
condivisa, non partecipata, non vissuta e ri-vissuta oggi in loco, mi pare di
capire subito dai commenti tutt’intorno. Tanti dischi volanti abbandonati qui
da alieni venuti col terremoto: l’Irpinia è sempre una discarica di Napoli!, mi
dicono infatti sarcastici paesani–paesologi.
Al viandante come me, come noi, Lorissopolis appare poggiata sul un alto
colle (800 metri). Un fuori scala engagé caratterizzato da forme e
interrogativi pensieri architettonici/sociali. Arditi spazi-azioni (anche senza
trattino) che però, come dicevo, non hanno riscosso la simpatia  dei normali
“paesani”. Troppo avanti o troppo laterale alla loro vita, questa proposta.
Certamente non centrato l’obiettivo comunitario di opera-ambiente. Diventare
community vuol dire infatti fare un passo indietro ideologico e condividere
un’azione che non si può nemmeno definire politica. Piuttosto di relazione
sociale pre-politica. E tutto questo qui, a Vis-acta, non è stato fatto. Perché
il tetragono ALR appare lontano da una direzione architettonica includente ed
estroversa, nonostante le roboanti sue dichiarazioni di principio.
Forse per questo motivo antipatizzante, l’inedita Lorissilea irpina non ha
nemmeno un nome umano, normale. Si chiama burocraticamente: zona “Piano
regolatore”. Una frattura dolorosa, anche nominalistica, tra architettura
moderna sperimentale e Popolo ordinario (e orinante). Tra loro e Loris. Per
questo motivo i lorissati di Bisaccia, quando possono, lasciano “Piano
Regolatore” (“Piano”, nome; “Regolatore”, cognome, o viceversa?) e gravitano
verso l’antica Rotulea storica, il vecchio centro storico. Una sconfitta bella
e buona, la nostra, perché vivo questa come una sconfitta comune,
disciplinare.
“Piano regolatore” è infatti solo un dormitorio e/o un centro-servizi
amministrativi, nei casi migliori. E’ un capitolo significativo del corposo
libro dell’architettura rifiutata, calata dall’alto, molto costosa, e –
soprattutto- non consumata. Matrimoni a forza (e sforzati) tra Architettura e
Popolo. Forse i bisacciati, così come a Teora, (vedi puntata precedente, nda)
non hanno saputo leggere, per loro limiti intrinseci, le “istruzione per l’uso”
del nuovo insediamento urbano. Non hanno capito la potenza della macchina
fuoriserie che gli era stata data in dote, nel matrimonio d’interessi
reciproci. Macchina che a loro, paesani incolti, è apparsa ‘nu chiuovo.
Costruita e benedetta dall’alto dei cieli politici del lontano Stato di Roma.
Con troppa-grazia ricevuta (e forse non richiesta!)
“Piano regolatore” è rimasto così, forse anche per mancanza di efficaci e
pazienti mediatori culturali, solo un locale monumento all’architettura d’
autore. Per pochi acculturati, per visitatori quasi-eccellenti (certo non per
noi dell’Intermezzo, senza-mezzo e senso kriptico). Un Monumento al Sisma e
alla Modernità, con tutte le sue immancabili astrazioni e scolastiche utopie
sociali. Mal applicate e digerite in loco.
Ciò non mi meraviglia affatto. E’ storia antica, proverbiale. ‘A vita è ‘nu
muorzo!!, si sa. E quel morso, l’architetto-autore, parcelle a parte, anzi
incluse, lo deve saper dare. Se vuol rimanere nel ricordo dei posteri (e nei
poster giusti). Nei libri di Storia, anche locale, dell’Architettura. Quindi
attende “La grande occasione”. Ed il ministro giusto. Che, nel caso di Bisaccia
post/terremoto ‘80, si chiama Salverino De Vito, detto “Iddu”, il Lui per
Eccellenza. Ministro del Mezzogiorno e, al contempo, sindaco del paese irpino.
Bingo per Bisaccia. Nasce così “Piano regolatore”, coi fondi della 219/81 e
altre provvidenze legislative!!! E un commissario ad (Vis e Bis) acta, atti
grandi urbani … (per inciso, all’epoca della Prima Repubblica, l’Irpinia è
stata una fabbrica di ministri: ogni colle aveva una poltrona con un ministro
seduto sopra: Sullo e De Mita su tutti gli altri).
Ma Bisaccia, avverto a pelle, è un luogo mordente, intrigante, curioso, anche
morfologicamente. Strano, magico, inquietante: non mi pare uno dei tanti
paesini dell’osso senza polpa e cervello dell’Appennino nostro. No, si sente
una capitale, nonostante i suoi (pochini) cinquemila abitanti. Che infatti si
vivono diversi dagli altri irpini. Hanno, dicono ironicamente, “una marcetta –o
marchetta?– in più”. Sono protagonisti, determinati, aggressivi pitt-bull
irpini (rossi e rosseto a parte). Forse ancora antichi-sanniti dentro. Indomiti
guerrieri del Nulla d’oggi. Infatti affermano: Noi non abbiano Nulla a che fare
con Torella dei Lombardi, Guardia dei Lombardi, e tutti gli altri Lombardi,
Longobardi e uomini del Nord dell’Irpinia: noi siamo ponte, Sud, bizantini,
guardiamo la Puglia, il mare e l’oltre-mare … siamo la capitale dell’Irpinia d’
Oriente! (valla a governare l’Italia, questo mosaico di genti!, nda).
Idea: questo mix sannitico/bizantino di Bis-acta è forse la chiave giusta,
antropologica, per aprire (futuristiche dichiarazione di poetica a parte) l’
interrogativa architettura di ALR in loco? A ben guardare dalla radice medio-
orientale, esotica, fiabesca, da Sogno di mille e una notte d’architettura
organica & orgonica-espressionista (se ha una radice la Bisaccia Bis).
Altrimenti è un vero miracolo, un santuario portato qui da un angelo-marziano
del Gravina.
Stop. Ora sono dentro l’Architettura. Sono ora con Voi, amici miei dell’
Intermezzo, al centro di Lorissopoli. Nella chiesa del “Sacro Cuore”, che i
locali chiamano comunemente (ed efficacemente), “l’Astronave”. Al suo lato
sinistro sorge un altissimo e fantastico campanile. O meglio un faro di
luminosa fede architettonica. Forse un minareto, dal quale chiamare alla
preghiera i fedeli dell’arte dello choc urbano permanente. Si favoleggia, ma
sono leggende locali, che l’alto campanile-minareto sia punto di contatto con
gli extraterrestri, e/o gli extrarchitetti. Meglio, architetti-extra,
superdotati e palestrati.
Il parroco che guida autorevolmente questa chiesa-astronave, la nave spaziale
di Cristo, si chiama don Antonio. Me lo presentano. E’ arguto e coraggioso, il
contrario esatto di don Abbondio. Distinto, alto, colto, un bell’uomo maturo,
nativo del luogo. Uomo “di potere”, mi sussurrano. E’ stato preside nelle
scuole di Stato, al liceo classico (“vincitore di concorso”, precisa lui). Ora
fa il parroco. “La progettazione va bene, benissimo”, mi rassicura. “Risponde
alle esigenze dei fedeli”, (di don Antonio, mi dicono sottovoce i malevoli. Che
aggiungono: quando Lui se ne andrà, l’Astronave volerà via in Cielo con lui.
Amen. Già adesso è scarsamente frequentata. Specie d’inverno, perché sta in un
punto infelice, sferzato dai venti, impossibile ad avvicinarsi!). Continua
invece don Antonio: “Tutto ha funzionato perfettamente, ho solo decentrato l’
altare, previsto inizialmente esattamente al centro dell’impianto circolare. “
E’ vero! Planimetricamente “l’Astronave”, il disco volante di ALR, è come un
sasso gettato nello stagno locale. Un audace sasso gettato nella fede
architettonicamente conformista del luogo. Che genera riverberi, freschi cerchi
concentrici, all’infinito forse, come stessimo a San Leucio. Utopia ri-
formatrice borbonica senza Borbone. Solo barboni, barbini e mediocri barbette
come me. C’è molta micro-simbologia in questo impianto, interna ad una marziana
“armatura spaziale” (il linguaggio delle avanguardie è sempre rigorosamente
militaresco): al centro (era previsto) l’altare del sacrificio (il sasso nello
stagno di Loris); poi, per riverbero, la gradinata del Popolo di Dio in
cammino, anzi seduto; quindi i dodici pilastroni-guerrieri, “cioè i dodici
apostoli”, mi spiega ancora l’ottimo don Antonio; i pilastri apostolici
sorreggono poi dodici giunti di copertura (i santi, gli angeli e gli arcangeli
prefabbricati). Fino alla cupola, al lanternino dov’è seduto Dio. E, vicino al
Padreterno, il suo braccio destro esecutore. L’architetto stesso che ha
disegnato il tutto. ALR Santo Subito. Ora pro nobis. Ora pro Loris.
Un minuto di raccoglimento. Oriamo per tutti gli abitanti di “Piano
regolatore”, veramente sfortunati! Metropolitani a forza! Metropolitani senza
metropoli. Vittime di un capriccio, di una fissazione: che l’assenza della
grande dimensione urbana abbia costretto gli architetti italiani, napoletani, a
fare oggetti troppo-caricati, dopati, palestrati, inquieti. Angoscianti,
angosciati. Ma qui a Bis-acta, la grande dimensione (sognata e segnata) urbana
c’è. Permane tuttavia anche l’oggetto inquieto ed inquietante. Ed in più ci
sono anche gli abitanti incazzati e bisacciati. Solo don Antonio pare felice,
al comando della sua astronave santa. Verso Gesù, versus un futuro condiviso.
Ciao don Antonio!!! Statte-bbuono!!!
Lo salutiamo. Andiamo via, per le strade e le abitazioni tutt’intorno. Che
seguono il rigido schema circolare di base. Le facciate delle case hanno
qualche grado di libertà compositiva in più. Non so se ciò sia dovuto a gentile
concessione dell’autore o se la “concessione edilizia” (ed edelizia) a fare in
pubblica libertà se la siano presa loro, gli abitanti, gli abitatori locali.
Andiamo, … non c’è più tempo. Saliamo in macchina col il Verderosa irpino che
mi (e ci) porta a Rotulea, nella vecchia Bisaccia. Per la via vedo tanti altri
edifici stile centrifuga-Loris, esplosioni di Lorissignori, altri pezzi
schizzati da (e di) Lorissopolis. Opere formalmente egregie, dal dna che mi
pare, a volo, a rapido sguardo di intermezzatore, tipicamente sannita-
introverso doc. O-stile e ostico. ALR come legittimo erede delle formidabili
architetture guerriere/pastorali di quelle antiche popolazioni italiche. Non
posso approfondire questo punto decisivo. Vaco ‘e PresS/T (da Muratore)!
Siamo ora nel vecchio centro di Rotulea, caratterizzato da un castello
dominante, veramente notevole, federiciano, restaurato da poco, … poi la
consueta cattedrale, .. l’esteso corpo del vecchio centro abitato ferito a
morte, .. terremotato senza terremoto, … diroccato, con ampi spazi vuoti, …
voragini sociali, … linea di faglia umana Nord-Sud, Europa – Africa ..… mi
vengono in testa tante idee d’arte performativa …. le caccio via subito, siamo
seri, siamo architetti!!  …. basta, s’è fatto tardi, andiamo, sono ormai
stanco, sono disgustato, dis-guastato …, poi il Gran capo taglia …già mi sono
allargato troppo ….
No, perdonatemi muratorini: una visita lampo al cimitero, … ancora un
troneggiante fortilizio/ossario circolare di ALR. Questa volta ingentilito
però, all’esterno, tutt’intorno, da una sorprendente fascia di tesserine di
mosaico oro secessione-viennese. Anche questo baluardo cimiteriale sannitico è
in disuso. Neanche le ossa dei morti vogliono essere deposte nei loculi fatti
dai marziani dell’architettura napoletana. Si rivoltano i defunti, si scopron
le tombe! E’ veramente la morte dell’Arte irpina! Non c’è più religione in
loco, non c’è più speranza per noi! Una prece. Ora pro Loris!”
E.A.

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11 Responses to La scossa scassa 3 … LPP … “Avanzi” …

  1. isabella guarini ha detto:

    Grazie a Eduardo Almaro che ha riproposto il dramma della ricostruzione in Irpinia. Un dramma grosso e irreparabile per la nostra cultura di antichi Irpini. E pensare che Aldo Loris Rossi viene intervistato dalla televisione di Stato perché va dicendo in giro che ci sono millioni di abitazioni, o popoli, da rottamare. Fermiamolo!

  2. emanuele arteniesi ha detto:

    Mi stavo godendo questo pezzo dell’ottimo Eldorado, pensando con sollievo a quante belle alternative ci siano ai racconti dopati massmediati… che mi telefona la mamma perchè sul terzo c’è Purini a Ballarò!… E dai viandanti nostri tocca tornare alle cattedre televisive…che si parlano in fretta e non ripetono. Non so resistere al Purini vs Maroni… anzi no! Purini siede tra i destri Belpietro e Maroni!!?… Nooo! Smorzo e torno all’Irpinia di Iddu. Forza Eldorado!

  3. filippo de dominicis ha detto:

    C’è un Loris di troppo che fa la differenza…

  4. Matteo Seraceni ha detto:

    Beh…ci sarebbero tanti architetti (e professionisti di vario genere) da rottamare piuttosto!
    :)
    Non capisco perchè, dopo il terremoto, tanti sono letteralmente usciti fuori di testa (in fondo A. L. Rossi non è mai stato pessimo, così come Purini) ed abbiano tirato fuori dal cilindro magico formule e progetti per “La città nuova” (o New Town come si voglia dire), quando da anni (forse lustri) in Italia a nessuno importava più niente dell’urbanistica.
    A presto
    Matteo Seraceni

  5. alberto becchettini ha detto:

    Purini ( bene ha fatto la tua mamma ad avvertirti) anche se seduto tra Belpietro e Maroni, per me ha detto cose condivisibili soprattutto ricordando, molto civilmente,che, anche difronte all’emergenza, l’abitare deve venire prima del costruire. Non so cosa dica e cosa insegni a Valle Giulia,ma a Ballarò senza polemiche,ha trovato le parole per dire della necessità dell’architettura nella ri-costruzione della città. Io il televisore non l’ho spento. a.b.

  6. alberto becchettini ha detto:

    Quanto scritto sopra è una risposta a emanuele .che non ha visto ballarò.

  7. emanuele arteniesi ha detto:

    Alberto quanto “al sedere tra i destri”… mi diverto a spararle col tromboncino… ma sono innocuo…e che Purini sarebbe stato condivisibile non lo dubitavo

  8. isabella guarini ha detto:

    A Napoli , e credo anche in tutta Italia, gli architetti che forniscono il materiale d’appoggio ai politici, sono sempre gli stessi. È una generazione di architetti-accademici, tra i settanta e ottanta anni, venuti fuori dal sessantotto, in sostituzione dei famosi magnifici di allora, Cocchia, Filo Speziale, Iossa, Pane, De Luca, Chiaromonte, che costituivano il Consiglio di Facoltà di Architettura. Certo, hanno avuto un periodo di oscuramento a causa del brillare delle archistar internazionali, ma ora che anche quelle perdono lucentezza a causa della crisi economica mondiale e grazie al terremoto, potrebbero riprendere vigore sfoderando vecchie sciabolate di architettura moderna. Uno esempio? L’immarcescente Aldo Loris Rossi, che sta alla rottamazione dell’architettura come il Partito radicale alla rottamazione del corppo umano. Che accoppiata!

  9. eduardo alamaro ha detto:

    Amici muratori,
    l’ho già scritto, ma mi ripeto: ‘A vita è ‘nu muorzo!! E quel morso, l’architetto-autore, parcelle a parte, anzi incluse, lo deve saper dare….. Quindi attende “La grande occasione”. E l’occasione, si sa, fa l’uomo-architetto ladro. Gian Antonio Stella dalla prima pagina di oggi, domenica 18 aprile (vi ricordate di quel 18 aprile?), mette in guardia gli aquilani dagli aquilotti e avvoltoi architettonici et edilizi dell’Italia. Tutta affratellata nella scossa che scassa. “Gli aquilani terremotati”, scrive Stella, “dovranno difendersi da un nemico più infido della peste: l’Occasionismo!!!” Leggete l’articolo che è utile.
    A supporto et esempio pratico di Stella cometa nostra, ricordo una mia piccola esperienza post 23 novembre 1980 a Napoli. Quartiere San Pietro a Patierno, nei pressi dell’aeroporto. Edilizia rustica e modesta per qualità e mole. Pochi o nulla i danni. Spesso non curati e risalenti al terremoto del 1930. (Non per niente siamo da secoli terroni. Parola che deriva, si sa, da terr-emoto e meridi-one).
    Con Peppe Zollo e altri volenterosi compagnucci sociali dell’Università, facemmo una simpatica e onesta squadretta per valutare i danni del terremuoto. Che non c’erano e quindi dichiaravamo la casa agibile (quando i relativi abitanti avevano però già occupato le scuole del quartiere. Che non servono a nulla e sono le prime cose da occupare per dare loro una funzione, evidentemente). Con quel nostro agognato “certificato di inagibilità” della casa si metteva però in moto un meccanismo infernale. Ma noi onesti compagnucci di primo pelo non lo sapevamo. Ricordo ancora il Presidente della Circoscrizione in questione che ci chiamò ufficialmente in sede comunale e ci disse incazzato: “Architè, ma che state facendo? Date tutte agibilità? Ma Noi l’Emergenza la dobbiamo creare, se non ci sta!!! Se no, a questi quando li sistemiamo???” E già? quando li sistemiamo? quando ci sistemiamo? Fummo sostituito da una squadretta di tecnici più comprensiva e a tutto tondo. Era scattata la Grande Occasione, per tutti!!! E fu anche Grande consenso sociale. Fino al prossimo terremoto, al successivo Grande Evento. Ha ragione Stella: l’Occasionismo è peggio della peste. Peggio del terremuoto!!!! Provare per credere!!!!
    Povero Abruzzo! Dopo il danno, la beffa. Anzi l’abboffa, l’abboffata edilizia!! Sarà sempre la solita Magna Magna Grecia. Scommettiamo???

    .

  10. Giorgio Nocerino ha detto:

    In riferimento ai recenti tragici eventi sismici che hanno gravemente colpito l’Abruzzo, vorrei fare qualche cionsiderazione. Nell’ attuale momento sarebbe più rispettoso e opportuno non lanciare ricette esatte e soluzioni per la ricostruzione dei luoghi, ma aspettare con pazienza i risultati delle indagini scientifiche, lasciando che siano gli stessi abitanti del posto a decidere sulle modalità della ricostruzione, che dovrebbe basarsi principalmente sul rispetto dei luoghi feriti. Certamente intorno alla ricostruzione dell’Abruzzo ci saranno notevoli interessi economici da parte di imprese e tecnici, ma è auspicabile che non siano solo questi ultimi a determinare le varie scelte, come invece è avvenuto in altre situazioni simili.
    GIORGIO NOCERINO architetto, Napoli
    nocerino.giorgio@virgilio.it

  11. gerardo mazziotti ha detto:

    Caro Eduardo, non avevo letto il tuo pezzo su ARL perché ignoravo, fino ad oggi, l’esistenza di Archiwatch. Spiritoso, ironico, divertente ( ridentem dicere verum ). Ma avresti dovuto scriverlo quando il Nostro pubblicò questa new town su l’Architettura/cronache e storia come paradigmatica della moderna urbatettura ( il neologismo di Zevi). Non mi è mai venuto in mente di andare a vedere la Bisaccia rossiana ma, dopo il tuo pezzo, ci andrò. Il tuo modo di scrivere mi piace anche se preferisco la sciabola dei giudizi sferzanti al fioretto dell’ ironia. Ho combattuto con Aldo ( e tanti altri amici ) le battaglie in difesa delle Vele di Scampia ( proponevano di riutilizzarle con destinazioni terziarie, culturali, sanitarie e commerciali in grado di riscattare la periferia nord dalle condizioni di degrado ), in difesa di via Caracciolo ( Bassolino avrebbe voluto estendere la villa fino al mare), della piscina olimpionica della Mostra ( Massimo Pica Ciamarra avrebbe voluto violentare con una assurda copertura), della Palestra del Duce realizzata a Roma da Luigi Moretti nel ’40 ( un’opera di sublime bellezza abbandonata e destinata alla scomparsa). Abbiamo scritto insieme con altri 24 studiosi il libro “ Progetto per Napoli, metropoli europea” e poi il Manifesto Alternativo ai piani urbanistici comunali per Bagnoli. E Aldo ha scritto la prefazione al mio libro “ Dalle case collettive alle Unità Urbane”, nel quale ho dovuto pubblicare quella oscena speculazione edilizia ai Ponti Rossi, denominata “Piazza Grande”. Il sodalizio ha cominciato a incrinarsi quando ho scritto sulla stampa cittadina che “ la rottamazione dell’edilizia spazzatura senza qualità per renderla antisismica” è una sesquipedale puttanata. E si è rotto definitivamente quando ho pubblicato su AgenziaRadicale una lettera aperta al Presidente Napolitano per invitarlo a cestinare la folle proposta di Marco Pannella di nominare ARL senatore a vita. Il suo egotismo sarebbe diventato irrefrenabile. E il laticlavio lo avrebbe reso insopportabile. Ciò detto, mi dispiace che un’amicizia risalente agli anni ’50 si sia rotta. Un abbraccio e un augurio sincero per le tue filippiche Gerardo PS/ Non mi hai spiegato perché mi hai definito “ una pera cotta e un architetto d’Epoca”.

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