Da Noto a Monterusciello … passando per Cumbernauld …

Sergio Marzetti a proposito di vecchie e nuove New Town … da Noto a Cumbernauld: …
“Anche Noto in provincia di Siracusa, dopo il terremoto del 1693, venne ricostruita come una “new-town” dal Duca di Camastra, rappresentante del Vicerè spagnolo. Forse anche a lui Andrea avrebbe, apoditticamente, rivolto l’accusa di dire e fare “stronzate” (non credo che il Duca fosse confortato in partenza dall’avere a disposizione il linguaggio barocco; era soltanto il linguaggio che veniva usato all’epoca, senza presumere di stare edificando l’opera d’arte che adesso ammiriamo e che abbiamo voluto ripristinare dopo il terremoto del 1996). Su per giù Berlusconi ed io siamo della stessa generazione, generazione che ha vissuto il dibattito sulla ricostruzione, non solo nazionale, post-bellica e, in ogni caso, anche alla necessità di nuove possibilità edilizie, dovute a baby-boom e inurbamenti (Roma, poi, nel corso del secolo scorso ha visto ben altro: le demolizioni mussoliniane, vissute come terremoti dalle popolazioni spostate in quartieri periferici, Garbatella, Primavalle, Quarticciolo, con i risultati più o meno positivi che conosciamo. Poi vennero il Tiburtino di Quaroni (la faccio breve e salto qualcosa), successivamente e più recentemente l’anello residenziale pensato a supporto dell’Asse Attrezzato del P.R.G. ‘62, Casilino 23-ora Villa De Santis, Arco di Travertino, Vigna Murata, Roma 70. Operazioni che si possono discutere, ma tutte “stronzate”?). Berlusconi forse anche sotto le suggestioni di quelle proposte, nuovi standard, città-giardino e altre categorie, ha costruito le sue Milano-due. Anche queste “stronzate” o non la realizzazione di sogni senza i quali é inutile fare la nostra professione? Per tornare alle “new-town” propriamente dette, il mio corso (erano gli anni ‘60) ricevette dall’Amministrazione Scozzese il piano generale di Cumbernauld, espansione unitaria di Glagow. Vedemmo per la prima volta piastre per servizi e piastre per le residenze, sviluppi lineari. Ci studiammo sopra e anche allora mi parve che questa soluzione non fosse la più adatta alle nostre abitudini. Altri invece vollero costruire (delirio di potenza, incapacità di conoscere l’uomo per quello che é e non per quello che l’ideologia pretenderebbe, “stronzate”?) Zen di Palermo, Vele di Scampia, Corviale di Roma, tanto accattivanti quando ne vedevamo i progetti su “Controspazio” da imitarli nei nostri Corsi di Progettazione e nelle nostre Tesi di Laurea (ammetto le mie colpe! anche io proposi nella Tesi su Fermo una nuova-città a fondovalle, tutta ben squadrata, bei planovolumetrici chiaroscurati ma, ora lo so, guai ad andarci ad abitare. Infatti anche adesso che ci vivo in uno di questi quartieri, così ben ponderati sulla carta, rimpiango il mio quartiere dove sono nato, San Giovanni, con tutti i suoi problemi di traffico e lo scarso rapporto verde-abitanti ma anche con la sua varia, dialettica, contrastante qualità architettonica). Questo per dire che quello che é successo in Abruzzo é troppo grave per buttarla in “politica” e, più ancora che le cosiddette “stronzate”, mi colpiscono ancor più gli “stronzi” che, invece di vedere la luna della necessaria ricostruzione, guardano il dito di una semplice citazione del Capo del Governo. Ho sentito con le mie orecchie il Sindaco dell’Aquila dire che già il nuovo Piano Regolatore allo studio prevedeva la riorganizzazione e ripensamento di buona parte delle costruzioni periferiche del capoluogo abruzzese. Forse tante morti non saranno state invano se i vivi, se Dio e soprattutto l’uomo vuole, potranno vivere in case più sicure. Questo é il discorso da fare per la città nuova! Diverso é il discorso da farsi per l’importante centro storico aquilano e per i più piccoli centri colpiti. Che cosa vuoi pensare in questi contesti così perfetti nella loro oganicità, l’organicità assoluta che la storia di generazioni ha costruito così sapientemente che neanche il Padreterno? Più che augurarci dobbiamo pretendere che la ricostruzione sia fatta soprattutto da chi, tecnici, residenti, maestranze, meglio conosce la propria terra, i propri materiali e le proprie esigenze. No more, Hiroschima! e No more, Monterusciello!”

Comunque, indimenticabile, il viaggio a Cumbernauld nei primi sessanta, …

in Cinquecento, …

coi primi infreddoliti emigranti-pionieri italiani a far pizze e friggere merluzzi …

e poi, naturalmente, … la casa sulla collina,

un Mackintosh d’annata, ineffabile, ancora intatto e vissuto, …

“prima” … dei restauri …

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1 Response to Da Noto a Monterusciello … passando per Cumbernauld …

  1. a.amelio ha detto:

    New town non e’ un sinonimo di 167.L’errore non e’ stato solo di natura Architettonica, anzi. Forse il Corviale,laurentino 38, con la loro identita’ ;hanno aiutato gli abitanti provenienti quasi completamente da situazioni socialmente ed economicamente difficili a creare una situazione minimamente vivibile.
    Grandi interventi vanno pianificati anche nella composizione socio economica dei suoi abitanti.
    Spero che le new town tengano conto degli errori del passato ma anche dei buoni esempi,
    la garbatella e’ piena di ottime architetture che parlano numerose lingue (barocchetto ,razionalismo ecc. ) .

    Cmq come ha detto Erri de Luca:”speriamo che le new town abbiano dei sindaci italiani”, o forse no……

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