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Costruivamo senza paura, sicuri che il nostro linguaggio veniva compreso da tutti. Correvamo fiduciosi verso il futuro. Poi, dopo pochi anni, tutto é diventato oscuro. Ognuno si faccia la domanda retorica: Che cosa ci é successo? e si dia, se può, una risposta che non può che non essere, a questo punto, altrettanto retorica.
Caro SM,
perdona il tono confidenziale da ‘lettera’ più che da ‘post’ ma è solo per chiederti la pazienza, a parziale risposta alla tua domanda «Cosa ci è successo?» di rivedere (lo conoscerai già di sicuro) questa piccola testimonianza profetica in due parti di pochi minuti cadauna su ‘La forma della città’ realizzata una quarantina di anni fa a Orte e a Sabaudia da un poeta che porto nel cuore.
Non si può non riconoscere come il tono di resa del finale sia anche il tuo, il mio… eppure occorre come architetti, come insegnanti di architettura, rialzare la testa, nonostante l’invincibile pessimismo, per difendere:
«qualcosa che appartiene a un’infinità di uomini senza nome… perchè chiunque è capace di difendere un’opera d’arte d’autore ma nessuno si rende conto che va difeso piuttosto un passato anonimo e popolare… una misura d’uomo che significa architettura fatta per famiglie normali… contro il nuovo fascismo della civiltà dei consumi» …
Un saluto,
gg
PS: quello che PPP dice su Sabaudia facendo anche autocritica di suoi precedenti pregiudizi politico-culturali credo dia il senso alla pubblicità della città e dell’edilizia del ventennio nero su questo sito (cfr le osservazioni su Cortoghiana di qualche post fa). Non certo perchè passi un’ideologia da «manipolo di criminali» attraverso il crivello dell’architettura.
Grazie GG,
quanti orrori andando a zonzo! Eppure ho l’impressione che la vergogna per una resa complice di tanta politica agli interessi di pochi, in anni che, per altri aspetti, parevano entusiasmanti e invece erano solo frutti velenosi, documentati lucidamente da Pasolini, stia mutando in positivo il senso di critica e attenta responsabilità di tante comunità. Vedo tante consolanti prove, non sempre nè dappertutto, ma che forse si cominci ad invertire la rotta?
Fior di pisello
Ho visto un capobuttero a cavallo
M’ha fatto innamorar, quant’era bello.
E. Metalli, 1924