Anche dopo 50 anni ti voglio bene lo stesso …

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 NOZZE D’ORO

“GIULIA QUARONI & SERGIO43”

Caro Giancarlo,

mi ricordavo di un mio accenno da qualche parte a Bruno Zevi e alla sua rivista di qualche tempo fa. Ho ritrovato le mie parole nel tuo “Architettura buona come il pane” del 24 scorso. Nonostante l’eccessiva lunghezza del mio intervento, chissà se hai letto il mio riconoscimento e la mia difesa dell’opera del mio Professore di Storia? Fu dura difenderlo in giorni di schieramenti radicali. O di qua o di là. Refrattario come sono al conformismo e al pensiero unico, mi iscrissi successivamente al corso di Saverio Muratori. Pensi che Bruno avrebbe apprezzato che le ragioni del mio passaggio al Corso di Saverio nascevano anche dalla difesa del suo onore?

Forse non hai fatto caso a un particolare nella mia stanza. Sulla libreria, davanti le collezioni di riviste, e, in questo caso, proprio davanti la collezione dell’Architettura, c’è la foto della bambola della mia gioventù insieme ai suoi compagni nel grande movie di Billy Wilder. Stavo scrivendo su Archiwatch ma dopo la nostra telefonata ti giro il tutto. Sempre una cosa leggera, eh? Come diceva il “Gastone” di Petrolini, è una cosuccia. Però mi ha divertito l’accostamento fortuito tra la riviste e l’artista.

“Allora per me sono le Nozze d’Oro! Matricola nel 1963-1964 / Matricolato nel 2013 -2014! Mi vengono le lacrime agli occhi come ai reduci  quando, nei documentari storici su Sky, raccontano di lontani avvenimenti e di commilitoni caduti o dispersi. Allora la “Ritirata del Roxy”  dalla Facoltà, nel ricordo di quella folla di teste allineate, mi sembra la “Ritirata di Nikolajewka” da Stalingrado nei filmati d’epoca. Rivedo Bruno Zevi, dritto dietro il tavolo sul palcoscenico, che guarda impettito le sue truppe , ignaro che, qualche anno dopo, quelle stesse truppe lo avrebbero costretto alle dimissioni. Ma, più di ogni altra cosa, ricordo con tenerezza i miei compagni di allora,  quanto eravamo giovani, scatenati, pieni di capelli; anche Massimiliano aveva una bella cresta scura. Allora, siccome il ricordo come il jazz a me piace caldo, non posso che inviare, con un certo e sicuro rimpianto, questa semplice cartolina: “Arrivederci, ragazzi!”  

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